“Storia con Gusto”: il passato e il presente a tavola al Pompeo Magno

"Storia con Gusto": il passato e il presente a tavola

Piatti antichi rivisitati per andare incontro al gusto contemporaneo: è l’idea di fondo da cui ha avuto origine l’evento gastronomico “Storia con Gusto”, organizzato al Ristorante Pompeo Magno di Pompei (Na)

Il cibo visto nella sua evoluzione, attraverso un excursus temporale che va dalla Pompei antica fino ad oggi, un’ampia panoramica che arriva fino alle conservazioni degli alimenti, un viaggio nella storia dal punto di vista gastronomico: la serata “Storia con Gusto” dello scorso 1° febbraio, al Ristorante Pompeo Magno, ha rappresentato un’occasione molto interessante per discutere e confrontarsi su un argomento oggi così gettonato come è il cibo. La scelta del luogo non poteva essere stata più oculata: non va dimenticata, infatti l’importanza di Pompei sotto il profilo archeologico, e che proprio qui sono state create tecniche di conservazione e sviluppati sapori che ancora oggi fanno parte della nostra cucina tradizionale e di cui inevitabilmente risentono gli stili culinari dei grandi chef.

Con questo evento – spiegano Gerardo Esposito e Michela Del Sorbo, proprietari e fondatori del ventennale localevogliamo porre i riflettori sulla storia del nostro cibo viaggiando in varie epoche e attraverso le tradizioni di diversi popoli che hanno contaminato la nostra cucina“.

A condurre l’incontro, la nota giornalista Santa Di Salvo che ha intervistato il gastronomo storico e autore tv Martino Ragusa: “Condivisibile o no, questa ‘moda’ del cibo, che ormai coinvolge sempre più persone anche con le sue continue incursioni in tv, il vantaggio è che si sta prendendo sempre più coscienza dell’importanza dell’alimentazione. Stasera vogliamo affrontare il tema del cibo dal punto di vista culturale: esso ha un valore identitario, attraverso di esso si ricostruiscono i valori e l’evoluzione della società. Tutti possono parlare di cibo, e questo lo rende condivisibile, anche se non è stato sempre così: fino all’Ottocento, e fino alla Seconda Guerra mondiale, c’era un’alimentazione di sopravvivenza e di sussistenza nelle classi contadine; con la Rivoluzione Industriale e quindi con il boom economico, con la comunicazione amplificata dalla televisione, la cultura gastronomica si è diffusa, diventando sempre più democratica e popolare”, spiega Ragusa.

“Storia con Gusto”: la cucina dell’antica Roma in chiave moderna al Pompeo Magno

Da più parti si sostiene che la sobrietà della tavola greca fosse legata maggiormente alla conoscenza di sé stessi e al rapporto con l’altro, mentre la tavola romana fosse soprattutto una rappresentazione in sé del cibo stesso, una descrizione addirittura letteraria di ciò che riempiva la tavola. Eppure, come osservato da Santa Di Salvo, è proprio dal connubio di queste due forme diverse di convivialità che è poi nata quella che chiamiamo cucina mediterranea, un perfetto mix tra le due culture gastronomiche che unisce tra loro tutti questi elementi: la descrizione del cibo, la competenza del piatto, la convivialità e, quindi, la conoscenza dell’altro.

Quello che sappiamo sulla cucina dell’antica Roma deriva dalle numerose fonti archeologiche e letterarie (Catone, Marco Terenzio Varrone, Lucio Giunio Moderato Columella, Rutilio Tauro Emiliano Palladio, Plinio il Vecchio, Marziale, Seneca) grazie alle quali possiamo anche individuare interessanti punti in comune con la cucina odierna. Inoltre, tali documenti sono utili per sfatare molti dei luoghi comuni a cui siamo abituati, come quello del romano sdraiato sul triclinio che banchetta con pietanze elaborate e spettacolari. Questa immagine radicata in tutti noi corrisponde indubbiamente alla verità, ma una verità circoscritta ad un’élite molto ristretta. A tal proposito, Seneca si scaglia contro la cucina aristocratica talmente elaborata da rendere irriconoscibili gli ingredienti originali. Nelle sue Epistulae morales ad Lucilium, il filosofo romano scrive: “Oggi mangiare i cibi uno a uno non piace. I sapori vengono riuniti tutti insieme. Dovrebbero imbandirsi separatamente e invece sono mescolati in un’unica salsa. Un cibo vomitato non potrebbe essere più confuso”. Sorprendente, la sua antesignana critica al danneggiamento ambientale di cui accusava i cuochi imperiali con i loro eccessi: “Sperpero che devasta terra e mare”.

Nessun luogo più idoneo di Pompei per un’esperienza gastronomica del genere, che grazie al menù preparato dallo chef Vincenzo Del Sorbo, ha offerto la possibilità di confrontare la cucina di oggi con il suo passato e il suo futuro. Non un menù pedissequamente rievocativo della cucina romana, che sarebbe risultato poco appetibile, piuttosto un menù evocativo, che ha regalato il fascino del passato senza doverlo imitare.

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