Domenica 26 gennaio a Salerno, nella chiesa sconsacrata: I Morticelli, si dará inizio ad un’esposizione più che unica. Il collettivo nato da una piccola galleria d’arte, Groove Art Gallery, il quale si occupa di organizzare mostre ed e eventi artistici pop up, questa volta ci si é focalizzati sul tema della Consunzione, capace di far avvertire allo spettatore il disfacimento di un mondo che stenta a mantenere la propria integrità. L’esposizione coinvolge 6 artisti emergenti e non, accompagnati da un live di musica elettronica che si fonde perfettamente con l’atmosfera della quale é in parte artefice.
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare il collettivo, con l’obiettivo di catturare l’essenza della mostra.
Intervista a Grooves Art Gallery
Il termine ‘Consunzione’ evoca immediatamente un senso di degradazione. In che modo questo concetto si riflette nelle opere in mostra e nell’intero progetto?
Il termine ‘Consunzione’ è stato scelto per evocare non solo un senso di perdita e decadimento, l’erosione che distruggendo fome e strutture apre lo spazio per la creazione di nuove estetiche. Le opere in mostra esplorano questo tema attraverso una molteplicità di linguaggi artistici, dalla fotografia alla pittura, dalle installazioni alle performance live. Ogni artista coinvolto traduce la consunzione in un dialogo intimo tra materia e tempo, svelando il fascino della dissoluzione. La consunzione, intesa come progressivo deterioramento, diventa una metafora potente della possibilità: un ciclo in cui il degrado si trasforma in nuova estetica e significato. La mostra offre una riflessione sull’impermanenza e sulle tracce che il tempo lascia dietro di sé, rivelando il sublime che si cela nella rovina. L’azione distruttiva del tempo diventa creatrice di nuove prospettive visive, invitando lo spettatore a confrontarsi con la bellezza effimera della dissoluzione che lascia spazio alla rinascita.
La mostra si distingue per l’integrazione di arti visive e sonore. In che modo la dimensione sonora di “Sincro(noi)se!” di Alessandro Capasso, ad esempio, contribuisce a raccontare il tema del decadimento della materia?
L’installazione sonora “Sincro(noi)se!” di Alessandro Capasso rappresenta una riflessione poetica e profonda sul passare del tempo e sugli effetti del decadimento, in cui il suono stesso diventa protagonista di un viaggio tra materia e impermanenza. Le dinamiche meccaniche e sonore si fondono per creare un’esperienza immersiva e in continua evoluzione, che trasforma lo spazio della chiesa dei Morticelli in un ecosistema acustico vivo. Il cuore dell’opera risiede nelle sue strutture circolari, dotate di motori e lancette che, entrando in contatto con elementi meccanici, producono suoni percussivi trasformati in una tessitura sonora stratificata. Questo processo genera una colonna sonora che diventa il metronomo dell’impermanenza, scandendo il ritmo del decadimento e offrendo allo spettatore un battito che accompagna simbolicamente la dissoluzione delle forme. Ogni suono, originato dai cicli delle strutture, evolve continuamente, sottolineando il tema centrale della mostra: il fascino dell’erosione e della trasformazione. In Consunzione, questa installazione assume un ruolo simbolico cruciale, fungendo da ponte tra il tangibile e l’intangibile. Il tempo, rappresentato dal movimento ciclico delle lancette, non è più solo un’astrazione ma diventa un elemento percepibile, che guida i visitatori in un’esperienza sensoriale profonda.
Ogni artista sembra affrontare il tema del decadimento in modo unico. Come si sviluppano questi differenti approcci e come si intrecciano tra di loro, pur mantenendo una coerenza nel progetto complessivo?
In Consunzione, il tema del decadimento viene affrontato attraverso prospettive e media eterogenei, che si intrecciano per formare un percorso narrativo coerente. Ogni artista contribuisce con una visione personale, offrendo al pubblico un’interpretazione unica e complementare del rapporto tra materia che decade, tempo e trasformazione.
Alessandro Capasso, con la sua installazione sonora “Sincro(noi)se!”, utilizza il movimento meccanico e la sintesi sonora per scandire il ritmo del decadimento. La sua opera, che trasforma lo spazio della chiesa dei Morticelli in un ambiente sonoro evolutivo, diventa il metronomo dell’impermanenza, un battito costante che accompagna lo spettatore attraverso il processo di disfacimento.
Benedetto Costa, attraverso tonalità scure e texture segnate, crea superfici pittoriche stratificate che sembrano cristallizzare il passaggio del tempo. La sua pittura invita lo spettatore a esplorare la bellezza nei segni della decadenza, instaurando un dialogo intimo tra arte e osservatore.
Carlo Argentero, con le sue geometrie nette e i vuoti spaziali, rappresenta il contrasto tra presenza e assenza. Le sue opere congelano momenti di transizione, richiamando la fragilità delle strutture e suggerendo una riflessione sull’equilibrio precario tra realtà e percezione.
Massimiliano De Fusco si concentra sui processi di trasformazione naturale, come corrosione e ossidazione, evocati attraverso tonalità terrose e dinamiche astratte. Le sue opere esplorano il conflitto e il dialogo tra l’essere umano e la natura, trasformando il caos in opportunità di mutazione estetica.
Saverio Forte racconta la tensione tra monumentalità e fragilità nei suoi paesaggi urbani surreali. Attraverso texture stratificate e frammenti corrosi, le sue opere riflettono sulla caducità degli spazi e sulla bellezza che emerge dal deterioramento.
Roberto Rosati, con il suo progetto grafico e fotografico “DECAY (formsofdecay)”, esplora il fascino del decadimento urbano e post-antropico. Le sue fotografie analogiche subiscono mutazioni che amplificano i segni del tempo, trasformandosi in superfici segnate, stratificate e corrose.
Questi approcci, pur distinti, si intrecciano grazie a una sensibilità condivisa verso il tempo e la trasformazione, che trova eco nella cornice simbolica dell’ex chiesa dei Morticelli. Questo luogo, intriso di storia e memoria, amplifica il senso di transitorietà che pervade le opere, creando un dialogo armonico tra arte, spazio e spettatore. La mostra offre così un’esperienza multisensoriale che indaga il decadimento come un processo non solo di perdita, ma anche di rigenerazione e scoperta.
Il contrasto tra il vecchio e il nuovo è un tema centrale della mostra, anche attraverso la scelta della location. Come pensate che l’ex chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti influenzi la percezione del pubblico riguardo al tema della trasformazione e della decadenza?
La scelta della chiesa di San Sebastiano del Monte dei Morti come location per la mostra “Consunzione” amplifica il tema del decadimento attraverso i riferimenti visivi e simbolici già presenti nell’architettura del luogo. La facciata adornata con scheletri, le pietre tombali sul pavimento, clessidre e teschi sulle cupolette, evocano il concetto del “memento mori” e invitano alla riflessione sull’a morte, quindi dissoluzione e sul passaggio del tempo. L’atmosfera sospesa e fuori dal tempo di questa chiesa sconsacrata del 1500, unita alla contrastante caducità delle opere esposte, crea una suggestione unica. Qui, il processo di erosione e degrado, pur essendo distruttivo, dà vita a nuove estetiche, trasformando l’esperienza del visitatore in una riflessione profonda sulla persistenza e la fragilità della materia.
Il lavoro di Massimiliano De Fusco si concentra su processi naturali come la corrosione e l’ossidazione. Come queste dinamiche naturali vengono utilizzate per esplorare il rapporto tra l’essere umano e la natura, e quale messaggio volete trasmettere attraverso il loro utilizzo in un contesto artistico?
Nel lavoro di Massimiliano De Fusco l’essere umano non si distingue dal paesaggio. Tutto nasce dall’acqua: corrode, fluisce, stagna, così come l’umanità penetra, solca, sottrae e contamina. Le opere emergono da un’introspezione profonda, dove la coscienza si confronta con domande incessanti e cerca una tregua nel flusso del dubbio.
Attraverso queste superfici corrose e segnate dal tempo, l’artista invita alla contemplazione dell’incertezza, rivelando una tensione tra il decadimento e la trasformazione. Una contemplazione dell’incertezza, amore nomade per l’irraggiungibile.
Un aspetto interessante è il coinvolgimento di artisti emergenti. Come si inseriscono questi giovani creativi in un contesto così profondo e riflessivo, e qual è la loro interpretazione del tema del decadimento?
Il coinvolgimento di artisti emergenti nasce spontaneamente all’interno del network che “Grooves Art Gallery” ha sviluppato nel tempo. Non si è trattato di una selezione basata sulla notorietà degli artisti, ma piuttosto sulla loro capacità di affrontare in maniera originale e profonda il concetto di forme di decadimento, in linea con la coerenza tematica della mostra. Abbiamo puntato a un abbinamento delle opere che fosse omogeneo visivamente e concettualmente, privilegiando l’integrità della visione artistica e il pensiero condiviso sul tema del decadimento. La mostra sembra voler attrarre anche chi non è esperto di arte contemporanea.
Quali elementi dell’esposizione credete possano attrarre anche il pubblico non abituato a frequentare gallerie o mostre d’arte?
La mostra è pensata per attrarre anche chi non ha familiarità con l’arte contemporanea, grazie a vari elementi che la rendono accessibile e interessante. L’atmosfera unica della chiesa sconsacrata crea un ambiente coinvolgente che arricchisce l’esperienza visiva e sensoriale. Grooves ha già esperienza nell’organizzare eventi immersivi e originali che hanno attratto e fidelizzato il pubblico, avvicinandolo a successive iniziative. La tematica del decadimento, fresca e stimolante, propone una riflessione che risulta affascinante anche per chi non è esperto. Infine, la cura nella comunicazione sui social, unita alla passione del collettivo, favorisce il coinvolgimento di un pubblico più ampio e variegato.
fonte immagine: ufficio stampa