14 marzo: nasce il Premio Nobel Albert Einstein

14 marzo

Il 14 marzo 1879 è nato Alberto Einstein ad Ulm, in Germania. È forse un caso che uno degli scienziati più famosi del mondo, insieme ad altrettanti due premi Nobel per la scienza, Otto Hahn e Max Von Laue, siano nati proprio il giorno del Pi greco? È interessante notare, infatti, che il 14 marzo sia una giornata dedicata proprio a tale numero: 3,14 o π nei libri di geometria. Data la sua frequente ricorrenza in tutte le funzioni periodiche che definiscono i fenomeni fisici, è stato scelto questa giornata – indicata con 3.14 nei calendari americani – per celebrarlo. 

Vita e formazione di Einstein dal 14 marzo 1879

Albert Einstein, proveniente da una famiglia di origine ebraica, in particolare da padre proprietario di una fabbrica di macchinari elettrici e madre di nome Pauline Koch, trascorse gli anni giovanili a Monaco, periodo nel quale subì un tipo di istruzione estremamente autoritaria, che infatti non approverà, e anzi criticherà per il resto della sua vita.  Paradossalmente, il genio che era in lui non spiccò fin da subito: Albert Einstein fu un buon studente, ma con difficoltà oratorie e soprattutto di riflessi. La motivazione si ritrova nelle sue stesse parole, durante un’intervista molti anni dopo: «le parole mi erano alcune volte di impedimento al pensiero e le mie intuizioni erano talvolta piuttosto lente, in quanto spesso cominciavano a prendere forma con delle immagini prelevate da alcuni esperimenti mentali», automaticamente difficili da spiegare e che per motivi pratici non rimandano immediatamente ad una spiegazione che non sia puramente ideale. 
 
A causa di problemi economici la sua famiglia si trasferì periodicamente in Italia e in Svizzera, dove si diplomò nel 1896. Successivamente, al superamento della prova di ammissione al Politecnico di Zurigo, egli concluse i suoi studi in matematica e fisica nel 1900. Il conseguimento della laurea lo portò ad iniziare un impiego presso l’Ufficio Brevetti di Berna, necessario al sostentamento di sé e dei suoi familiari. Pochi anni dopo, nel 1903, egli conobbe la sua futura moglie, Mileva Marić, da cui tuttavia divorziò 16 anni dopo, quando sposò la cugina, a cui restò legato fino alla morte. Una curiosità che è possibile raccontare, relativa alla prima moglie, è che secondo un accordo scritto lei avrebbe dovuto lasciare la camera o rimanere in silenzio ogni qualvolta che Einstein lo richiedesse, e soprattutto sarebbe divenuta la destinataria della somma di denaro corrispettiva al premio Nobel, che lo scienziato, infatti, vinse nel 1921. 

Inoltre, la vasta conoscenza della branca scientifica ha portato Albert Einstein ad essere frequentemente richiesto all’interno di numerose università: egli assunse, difatti, la cattedra prima a Zurigo e poi a Praga, per poi trasferirsi a Berlino, dove fino al 1932 diresse l’istituto Kaiser Wilhelm.

I primi lavori dello scienziato

Non fu il completamento degli studi ad allontanare Albert Einstein dal mondo accademico, anzi, fu proprio in età giovanile che sviluppò le sue prime teorie rivoluzionarie. Nel 1905 pubblicò, sugli Annalen der Physik, tre lavori storici che segnarono, a partire dalla sua nascita il 14 marzo 1879, gli inizi della sua carriera, avviata a Zurigo e proseguita negli Stati Uniti a causa delle persecuzioni antisemite naziste, a seguito dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. 
 
Nel primo lavoro egli ipotizzava che la luce avesse una duplica natura, sia corpuscolare che ondulatoria, e che in alcuni casi vedeva prevalere il primo aspetto, basato su un insieme di quanti. È così che egli si munì dello strumento per spiegare l’effetto fotoelettrico, riprendendo la teoria dei quanti di Max Planck. A differenza di quest’ultimo, che quantizzò solo l’energia associata alle radiazioni uscenti dal corpo nero, Einstein ne estese il concetto ad ogni tipo di radiazione, portando il quanto ad essere riconosciuto ufficialmente come entità a sé, fisica e reale. Di conseguenza, egli teorizzò che anche la luce è quantizzata, perché costituita da particelle di energie a quanti, che nel 1923 egli definì fotoni. 
 
Il secondo articolo riguardava il moto browniano di particelle sospese in un liquido e soggette agli urti dovuti all’agitazione termica delle molecole del primo. Questa teoria confermò in modo definitivo l’atomicità della materia. 
 
Il terzo lavoro, invece, formulò il concetto di relatività ristretta, grazie al quale crollava completamente l’incongruenza tra leggi di trasformazioni valide per la meccanica e altrettante valevoli per i fenomeni elettromagnetici. Einstein utilizzò tale teoria per elaborare la formula E = mc2 come conseguenza della relatività.  

Dal 14 marzo 1789 alla teoria della relatività nel 1905

La teoria della relatività elaborata da Albert Einstein a soli 26 anni, si divide in due parti: la prima, chiamata ristretta o speciale, venne formulata nel 1905, quella generale nel 1915. La prima si applica a tutti i fenomeni fisici, eccetto la gravitazione, inclusa nella seconda. Tale teoria ha completamente ribaltato i concetti di spazio e tempo, perché mentre la fisica classica li considerava come entità assolute, e quindi uguali all’occhio dell’osservatore, adesso tali grandezze assumono un carattere relativo. Per Einstein, il tempo, ad intendere l’unità di misura durante la quale si evolvono i fenomeni reali, scorre in modo diverso se si considerano sistemi di riferimento differenti, e quindi anche il concetto di simultaneità cambia radicalmente, diventa anch’essa relativa. 

Albert Einstein è riuscito a spiegare fenomeni che vanno al di là della legge di gravitazione universale di Isaac Newton formulata nel 1687, e contemporaneamente a predire il valore dell’incurvamento dei raggi luminosi che passano sul bordo di una massa, ad esempio quella del Sole. Questa teoria non rimase tale, ma anzi fu confermata dall’astrofisico britannico Arthur Eddington, in occasione delle due spedizioni avvenute in vista dell’eclisse totale di Sole prevista il 29 maggio 1919, durante le quali egli scattò una serie di foto che provavano come inequivocabilmente la luce venisse deviata dalla presenza del Sole, esattamente come, appunto, previsto da Einstein. Questo lavoro, elaborato in dieci anni, fu considerato dallo stesso autore il suo maggior contributo scientifico, fondamentale per spiegare gli effetti prodotti dai campi gravitazionali, quali le deviazioni dell’orbita del pianeta Mercurio, la curvatura dei raggi luminosi e lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali della luce del Sole. 

Il Premio Nobel di Albert Einstein 

Nonostante la teoria della relatività abbia completamente rivoluzionato la scienza, non fu per quest’ultima che Einstein vinse il Premio Nobel nel 1921, e per questo motivo il dibattito nel mondo accademico fu molto acceso. Il primo rifiuto arrivò nel 1910, quando il chimico Wilhelm Ostwald candidò Albert Einstein, ma la sua innovazione non fu propriamente accolta dalla comunità scientifica, non solo per mancanza di prove sperimentali, ma perché venne ritenuta più attinente al campo della filosofia che della fisica, e contemporaneamente venne criticata l’assenza di benefici per l’umanità. Le candidature vennero così presentate continuamente nel corso degli anni, ma senza vittoria, finché non avvenne la sopramenzionata spedizione guidata da Arthur Eddington, che dimostrò concretamente la teoria da Einstein elaborata. Fu proprio quest’avvenimento a rivelarsi cruciale per quest’ultimo; il titolo del Times di Londra, precisamente il 7 novembre del 1919, recitò così: «Rivoluzione della scienza, nuova teoria sull’universo. La concezione newtoniana demolita.» 

Il 14 marzo è, quindi, doveroso ricordare tale genio della fisica, che solo dopo tanti anni di dibattiti in seno ai membri dell’accademia scientifica così come del Comitato del Nobel, si vide assegnato siffatto Premio, anche se non per la teoria della relatività, bensì per i contributi alla fisica teorica, in particolare per la scoperta della legge dell’effetto fotoelettrico. 

Gli ultimi anni dello studioso

A causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Einstein, naturalizzato cittadino americano, si stabilì a Princeton, dove insegnò presso l’Institute for Advanced Studies fino al 1945, anno del suo ritiro dall’attività accademica. Al termine del conflitto egli si impegnò attivamente per promuovere una vasta campagna contro la guerra e le persecuzioni; difatti decise di compilare, insieme ad altri sette Premi Nobel, una dichiarazione pacifista contro le armi nucleari, in nome di un «appello come essere umani a esseri umani 
 
È possibile notare come Albert Einstein, nato il 14 marzo di 145 anni fa, per tutta la vita sfruttò la fama di cui godeva per prendere posizione su temi politici e sociali, anche se ciò determinava scandali a causa dei suoi espliciti pronunciamenti pacifisti e a sostegno della disobbedienza civile. Un esempio risale all’11 aprile 1955, quando quest’ultimo firmò una lettera con cui acconsentiva ad apporre il suo nome in un manifesto nato allo scopo di far rinunciare tutte le nazioni alle armi nucleari. 
 
Un suo costante impegno, inoltre, fu quello di rendere i concetti scientifici il più possibile comprensibili per il largo pubblico. Egli affermava che le basi della fisica non sono necessariamente esprimibili solo con concetti di difficile elaborazione, ma anzi, se si utilizza un linguaggio chiaro e semplice è possibile comprenderne il meccanismo anche intuitivamente, al fine di incidere sul costume e sul modo di pensare delle persone. Nella prefazione di una sua monografia a carattere divulgativo «Relatività: la teoria speciale e generale», egli afferma: «Il libro è scritto per coloro che non hanno conoscenza del formalismo matematico, per raggiungere la massima chiarezza mi è parso inevitabile qualche volta ripetermi; senza avere la minima cura per l’eleganza dell’esposizione ho scrupolosamente seguito il precetto del geniale fisico L. Boltzmann, secondo cui i problemi dell’eleganza vanno lasciati al sarto e al calzolaio.» 

Albert Einstein, nato il 14 marzo 1879, morì il 17 aprile 1955 a causa di un aneurisma dell’aorta addominale, precedentemente operato. Per sua volontà il corpo venne cremato, e le ceneri vennero disperse in una ignota località. Solo il cervello fu conservato in formalina per 30 anni, fin quando i parenti del suddetto scienziato acconsentirono alla sua dissezione in 240 parti al fine di consegnarle ad altrettanti ricercatori. Da tali analisi risultò come esso non fosse più grande della media, ma anzi, più leggero. Tuttavia, i suoi lobi parietali, in cui risiedono le facoltà matematiche, musicali e del linguaggio, erano del 15% più ampi del normale. La parte più grande del cervello, comunque, rimase all’ospedale di Princeton, dove egli morì. 

Fonte immagine in evidenza per l’articolo 14 marzo: nasce il Premio Nobel Albert Einstein: Wikipedia Commons

A proposito di Marianna Piroddi

Classe 1998, nata e cresciuta a Napoli. Da sempre amante della scrittura, sento di aver vissuto in più mondi: dalla musica, all’arte, fino ad arrivare al cinema, alle serie tv e ai libri. Tutti estremamente importanti per la realizzazione della mia persona, senza la quale non avrei potuto viaggiare e vivere più vite simultaneamente. Da poco laureata magistrale in Relazioni Internazionali presso l’Università la Sapienza di Roma.

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