Era il 30 aprile 1975 quando le forze del Vietnam del nord riuscirono ad abbattere il cancello presidenziale di Saigon, mettendo la parola fine a un conflitto durato vent’anni. Conquistando la capitale del Sud, i nordvietnamiti si avviarono verso la riunificazione del paese (2 luglio 1976), dopo gli eventi della Guerra d’Indocina e la Conferenza di Ginevra del 1954. Durante l’incontro diplomatico venne, infatti, decisa la divisione temporanea del territorio asiatico in due sfere di influenza: il Vietnam del Nord, a guida comunista, e il Vietnam del Sud, affidato al leader cattolico anticomunista Ngô Đình Diệm, fino alle elezioni che si sarebbero dovute svolgere da lì a qualche mese. Queste non avverranno mai, visto che il presidente del Vietnam del Sud, Ngo Dinh Diemsi, si rifiutò di concederle, alimentando il sogno di un paese riunito sotto il proprio controllo e caratterizzato dalla repressione della presenza comunista del Nord, capeggiata da Ho Chi Minh. Scoppiò, dunque, il conflitto civile all’interno di un contesto più ampio, quello della guerra fredda, dove le alleanze non tardarono a scattare, con la Cina e l’Unione Sovietica che si schierarono a favore del Nord mentre gli Stati Uniti appoggiarono il Sud. Un evento fondamentale per la fine del conflitto fu la ritirata statunitense (1973) in seguito agli accordi di pace di Parigi, che segnarono il primo grande fallimento militare nella storia di Washington, nonostante il dispiegamento di centinaia di migliaia di soldati.
30 aprile: la fine del conflitto
La guerra del Vietnam ha rappresentato uno dei conflitti più violenti e sanguinosi della storia, che ha costato la vita a milioni di persone, tra civili e militari. Dal 1964, anno dell’intervento statunitense nel conflitto, si registrò una lunga serie di bombardamenti sui territori del Vietnam, accompagnati dall’utilizzo di armi chimiche quali napalm e Agente Arancio. Durante l’offensiva militare USA persero la vita centinaia di migliaia di persone, o colpite direttamente dai bombardamenti o a seguito dell’alta tossicità delle armi impiegate. Si pensi alla foto-simbolo del conflitto, Napalm Girl, scattata da Nick Ut nel 1972 che vede ritratta una bambina correre con le braccia aperte verso l’obiettivo, quasi imitando il volo degli aerei, gli stessi che da mesi stavano disseminando distruzione e morte. La bambina ha nove anni e si chiama Kim Phúc: non sta imitando il volo degli aerei ma sta agitando le braccia perché bruciano. Le bombe al napalm hanno appena colpito il tempio Cao Dai, dove con la famiglia si stava rifugiando da tre giorni.
Di fronte a quanto stava accadendo in Vietnam, parte dell’opinione pubblica occidentale (soprattutto statunitense) si levò, organizzando diversi movimenti e manifestazioni per la pace. Negli anni, la fetta di popolazione che credeva fermamente nella necessità di fermare il conflitto crebbe, passando dall’essere una cerchia ristretta di critici all’inizio degli anni ’60 a centinaia di migliaia di persone alla fine del decennio. Ancora oggi la guerra, e soprattutto la sua fine, vengono ricordati, affinché un conflitto così sanguinoso non si ripeta. In Vietnam il 30 aprile è festa nazionale (Giorno della Riunificazione), celebrata con esibizioni dal vivo ed eventi online mentre la popolazione si astiene dal lavoro. Per l’occasione, i vietnamiti espongono la bandiera nazionale all’ingresso di ogni abitazione, mentre le strade si riempiono di eventi: dagli spettacoli pirotecnici alle performance artistiche, passando per le proiezioni cinematografiche e le parate militari (generalmente a Hanoi e a Ho Chi Minh City).
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