Il 30 gennaio 1948 Mahatma Gandhi viene assassinato presso la sua dimora da un estremista indù, ritenuto responsabile di assumere posizioni troppo morbide e permissive verso i musulmani e il Pakistan.
Chi era Mahatma Gandhi
Gandhi è notoriamente conosciuto con l’appellativo di Mahatma, che in sanscrito vuol dire grande anima, correlabile al termine occidentale santo. Mahatma Gandhi è stato un politico, filosofo e avvocato indiano, considerato nella sua terra il padre del Paese (anche noto, infatti, come Bapu, “padre”), imponendosi nel panorama sociale, politico e religioso come simbolo della lotta all’indipendenza indiana dai colonizzatori britannici, teorizzando un’arma inedita: la disobbedienza civile non violenta. Gandhi passa alla storia quale pioniere del satyagraha, indicante appunto la resistenza all’oppressione, attraverso la disobbedienza civile di massa, per conquistare l’indipendenza indiana. Il satyagraha si fonda sulla satya (verità) e sull’ahimsa (non violenza). Pertanto, con le sue teorie e azioni, Gandhi ispira nel tempo movimenti e personalità quali Martin Luther King e Nelson Mandela.
Prima dell’attentato del 30 gennaio 1948 che ha posto fine alla sua vita, Mahatma Gandhi è stato colui che ha infuso coscienza nazionale in milioni di indiani, con l’obiettivo di una riforma morale dell’India. Gandhi ha combattuto le oppressioni praticando la non violenza e l’ascetismo: simbolico il tempo passato al filatoio a lavorare il cotone, quale invito al recupero dei valori tradizionali popolari. Ulteriore simbolo e arma della sua lotta è lo sciopero della fame, puntando a far pressione sul governo indiano per giungere a realizzare una convivenza pacifica tra induisti e musulmani. La condizione per interrompere lo sciopero è la concessione della libertà di culto e di circolazione dei musulmani sul territorio indiano.
Effettivamente e finalmente i leader delle comunità induiste, musulmane e sikh indiane firmano un accordo, impegnandosi a rispettare e consentire una coesistenza pacifica dei gruppi in India. Mahatma Gandhi subisce due arresti: nel 1906, per i suoi atti inediti di protesta, e nel 1930 per proteste simboliche contro il monopolio dell’allora madrepatria. Persino durante il secondo conflitto mondiale nel 1942, Gandhi predica la non resistenza contro i giapponesi.
30 gennaio 1948. Mahatma Gandhi viene ucciso
Settantasei anni fa, il 30 gennaio 1948, un estremista fanatico indù di nome Vinayak Nathuram Godse uccide Mahatma Gandhi a New Delhi, in India. Sono circa le 17:00. Gandhi è in procinto di salire la scalinata che conduce al giardino, sul retro della Birla House, in cui dimora (oggi adibita a museo). Ad attenderlo quel pomeriggio un gruppo di fedeli riuniti per la preghiera. Tra questi, Godse si fa avanti, prima inchinandosi a Gandhi in segno di riverenza, poi tre colpi partono dalla sua pistola Beretta M34, freddando il leader pacifista del movimento indipendentista indiano. Gandhi viene ferito al petto e all’addome, portato all’interno della casa, da cui poco dopo un fedele esce ad annunciarne la morte.
Godse dichiara di essere stato mosso all’omicidio esasperato per l’estremo permissivismo di Gandhi, troppo conciliante nei confronti dei musulmani, dunque considerato da lui e dal gruppo nazionalista induista (RSS) un traditore dell’induismo. Godse viene subito consegnato alla polizia dai fedeli lì riuniti. Viene arrestato, processato nel novembre 1949 e condannato a morte per impiccagione, nonostante l’opposizione dei sostenitori di Gandhi, contrari, come il loro leader spirituale, alla violenza. Probabilmente il piano per l’omicidio di Gandhi comincia ad essere elaborato da Godse quando il Bapu inizia quello che sarebbe stato il suo ultimo sciopero della fame, e dopo la divisione dell’India britannica, che sancisce la nascita di India e Pakistan. Dopo il primo attentato fallito pochi giorni prima, il secondo del 30 gennaio 1948 diviene quello decisivo e definitivo.
30 gennaio 1948. Memoria
Nel febbraio 1948 milioni di indiani partecipano ai funerali di Mahatma Gandhi. Rispettando la sua volontà, le sue ceneri vengono liberate nei maggiori fiumi del mondo, tra i quali Gange, Nilo, Volga e Tamigi. Il 30 gennaio 2008, in occasione del sessantesimo anniversario della sua morte, vengono riversate nel mare a Mumbai le ceneri contenute nell’unica urna non ancora vuotata.
Il 2 ottobre, giorno del compleanno di Gandhi, viene commemorato come giornata internazionale della non violenza, un’iniziativa promossa dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2007. Il 30 gennaio 1948, giorno dell’omicidio, il premier Jawaharlal Nehru asserisce: «La luce se n’è andata dalle nostre vite, il buio ha prevalso ovunque».
La figura di Gandhi, il suo operato, dopo la sua morte, diviene autentico simbolo mondiale di pace e resistenza non violenta. Eppure l’indipendenza e la libertà indiane, faticosamente conquistate, trascinano ancora conflitti tra indù e musulmani, non accennando mai ad esaurirsi. Alcuni tra i più violenti si consumano tra gli anni Ottanta e Novanta, col movimento Ram Janmabhoomi (luogo natio di Rama, una delle principali divinità induiste), che chiede la costruzione di un tempio in onore di Rama, sostituendolo alla moschea di Babri. I conflitti tra induisti e musulmani, così come l’inimicizia tra India e Pakistan, restano due questioni purtroppo radicate e irrisolte. Tuttavia, è indubbio l’eco di pace che Gandhi ha saputo radicare nei cuori e nelle menti di milioni di persone in tutto il mondo, tatuando indelebilmente un mantra che ancora risuona forte nelle coscienze:
«Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre».
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