Il 2 settembre 1666 un incendio, passato alla storia come il Secondo Grande incendio di Londra, si propagò nella capitale inglese per diversi giorni radendola al suolo quasi completamente. Il fuoco fu domato il 6 settembre, in seguito alla distruzione di migliaia di abitazioni, circa un centinaio di chiese tra cui la maestosa cattedrale di Saint Paul, il Bridewell Palace, le prigioni cittadine, i quattro ponti sul Tamigi, oltre alle numerose vite perse, il cui numero non è stato possibile stabilire con precisione.
2 settembre 1666: le cause del Grande incendio di Londra
Innanzitutto, la definizione di Grande incendio fu utilizzata anche per un’altra catastrofe di grandi dimensioni, verificatasi secoli addietro, più o meno intorno al 1212. La dinamica dell’incendio è stata ricostruita mediante alcune testimonianze divenute fondamentali dal punto di vista storico. Nonostante la propria drammaticità, tale evento ha avuto anche un risvolto positivo. Infatti, l’incendio sterminò tutti i topi portatori dell’epidemia della peste che stava affliggendo Londra da molto tempo, causando notevoli problemi sanitari, con la conseguente perdita di molte vite umane.
L’incendio scoppiò il mattino del 2 settembre 1666, di domenica, presso l’abitazione del fornaio Thomas Farrinor, precisamente nei pressi di Pudding Lane. Probabilmente la combustione avvenne perchè il fornaio aveva dimenticato di spegnere la fornace la sera precedente. Intorno alla mezzanotte, si propagò l’incendio e la famiglia Farrinor riuscì a fuggire dall’abitazione, scappando attraverso una piccola finestra. Poco dopo, il sindaco di Londra, sir Thomas Bloodworth fu messo al corrente della situazione, ma nonostante l’entità della catastrofe non parve particolarmente preoccupato per le sorti degli abitanti.
In realtà, all’epoca a Londra gli edifici erano costruiti con materiali altamente infiammabili: banalmente le strutture delle case erano composte da legno e paglia, dunque, una volta innescato l’incendio, tutti gli edifici adiacenti alla dimora del fornaio furono coinvolti nel disastro.
La procedura attuata dalle autorità a partire dal 2 settembre 1666 per riuscire a domare il Grande incendio di Londra consisteva nell’abbattere le case che di lì a poco sarebbero state interessate dalle fiamme, eliminando quindi ulteriore materiale combustibile che avrebbe contribuito ad alimentare a dismisura l’incendio. Tuttavia, l’azione risolutiva fu rallentata dalla titubanza del sindaco, il quale temeva i costi di ricostruzione, ostacolando l’abbattimento delle abitazioni. Dunque, il sindaco Bloodworth aveva richiesto ad alcuni nobili della città di domare l’incendio, ma molti di questi, essendo in competizione gli uni con gli altri, erano disposti a far bruciare i magazzini altrui al fine di danneggiarli. Una simile situazione contribuì alla diffusione dell’incendio che ebbe la meglio sulla capitale inglese per ben tre giorni, finché nella giornata del 6 settembre il meccanismo di circoscrizione delle fiamme ne bloccò la propagazione.
Il Grande incendio di Londra ebbe un impatto significativo sulla città, infatti, Robert Hooke si occupò di progettare e costruire il Monumento al Grande incendio di Londra, noto come The Monument e collocato a nord di London Bridge.
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