«Na femmena buciarda m’ha lassato…» Il famosissimo ritornello compie oggi 67 anni. Totò, Peppino e… la Malafemmina ha ricevuto non poche critiche dal 1956: il film venne definito all’epoca «una farsa grossolana urlata in dialetto napoletano dalla prima all’ultima scena», ma in realtà divenne molto facilmente parte della cultura pop e uno dei film comici meglio riusciti di sempre, raggiungendo 4 milioni di spettatori.
Il titolo di Totò, Peppino e… la Malafemmina è basato sulla canzone scritta e musicata da Totò, Malafemmena, interpretata nel film da Teddy Reno.
I fratelli Caponi
La teatralità della grande coppia di Totò e Peppino – i fratelli Caponi – fa ridere tutti sin dalla prima scena, che in apertura ci mostra i due che per dispetto rompono la finestra del rivale vicino Mezzacapa. I fratelli Caponi sono la parodia dei “provinciali”, intesi come gli abitanti dei paesi di provincia che negli anni ’50 erano totalmente estranei al mondo urbano, non esistendo ancora un contatto forte e veloce tra centro e periferie, tema che infatti traspare fortemente in Totò, Peppino e… la Malafemmina.
«Bitte, scien noio volevon savuar l’indiriss ja! Parla italiano? Molto bene! Dunque: noi vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione».
La visita a Milano in Totò, Peppino e… la Malafemmina è rimasta una scena iconica, presente nell’immaginario comune: i Caponi arrivano con la sorella nella città meneghina per cercare il proprio nipote Gianni (Teddy Reno), il quale si dice che, invece di studiare, si lasci andare con “donne di malaffare”. I tre mettono piede a Milano come due forestieri, con pelliccia e colbacco, perché a Milano «non può fare caldo!», generando le risate dei passanti, ma anche una delle sarcastiche esagerazioni che fanno divertire di più lo spettatore.
Ad oggi, a quasi 70 anni dalla prima di Totò, Peppino e… la Malafemmina, i fratelli Caponi rimangono lo stereotipo dei fratelli mattacchioni combinaguai.
La lettera
La scena che rappresenta l’apice della comicità e costituisce un cult per i comici di tutti i tempi è sicuramente quella della lettera alla malafemmina. Marisa Florian (Dorian Gray) è la “signorina” a cui si dirige la famosa lettera di Totò, Peppino e… la Malafemmina. Nella visione tradizionalista della famiglia Caponi, l’attrice è la poco di buono che distrae il giovane Gianni dagli studi di medicina.
«Signorina (intestazione autonoma) veniamo noi con questa mia a dirvi, adirvi una parola, che scusate se sono poche ma 700 mila lire; a noi ci fanno specie che quest’anno, una parola, c’è stata una grande moria delle vacche come voi ben sapete . : questa moneta servono a che voi vi consolate dei dispiacere che avreta perchè dovete lasciare nostro nipote che gli zii che siamo noi medesimi di persona vi mandano questo perchè il giovanotto è uno studente che studia che si deve prendere una laura che deve tenere la testa al solito posto cioè sul collo . ; . ; salutandovi indistintamente.. i fratelli Caponi (che siamo noi)».
Alla regia c’era Camillo Mastrocinque, ma c’era soprattutto un giovane aiuto-regista che fece la differenza: fu Ettore Scola a proporre la scena iconica di Totò, Peppino e… la Malafemmina. La lettera sarà, però, resa indimenticabile soprattutto dalla capacità di improvvisazione e la chimica fra Totò e Peppino. Verso la conclusione della scena, si può ben notare che Peppino scrive più volte sull’ultima riga del foglio, segno che, molto probabilmente, nessuno avesse chiaro quanto sarebbe durata la scena, e che quest’ultima fu un pieno capolavoro di improvvisazione.
La lettera di Totò, Peppino e… la Malafemmina è stata ripresa nel tempo da tanti altri attori comici, come Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande, Ficarra e Picone. Ma la citazione più importante rimane quella del 1984, nella scena di Non ci resta che piangere, in cui Massimo Troisi e Roberto Benigni scrivono a Girolamo Savonarola per un atto di clemenza.
Il 14 agosto, fra un bagno al mare e una macedonia, celebriamo la prima di Totò, Peppino e… la Malafemmina, un’eccellenza della comicità napoletana, nata come una parodia con i personaggi-stereotipi della bomba sexy e dei buffoni, ma divenuta un cult movie.
Fonte Immagine di copertina: Wikipedia