Beni confiscati alle mafie: verso una società migliore

Beni confiscati alle mafie: verso una società migliore

35.000, è questo il numero dei beni confiscati alle mafie sul territorio italiano. Questi fanno parte del patrimonio di ricchezze accumulato dalle organizzazioni mafiose.
Il passaggio da bene confiscato a attività economica e utile socialmente non è semplice, anzi. Ma trasformare questi beni in qualcosa che possa avere impatto economico e sociale significa far vincere la legalità, significa dare speranza a luoghi e territori che sembrano non avere altra scelta che essere dominati dalle organizzazioni criminali.

Ma quali sono le risorse fondamentali per il successo di questa operazione?
In primis, le organizzazioni sociali, le quali devono inevitabilmente dotarsi di forza e capitali per resistere ad eventuali “disturbi”, pensiamo a organizzazioni quali Libera o Nuova Cucina Organizzata.
È fondamentale, inoltre, la sensibilizzazione dei cittadini verso il valore sociale dei beni confiscati. Valorizzare beni confiscati è nell’interesse di tutti: da questi si possono realizzare attività redditizie che attraggono anche un atto essenziale, un atto di giustizia, un atto di riscatto per i cittadini e una nuova aria di legalità da respirare.

Il concetto di bene confiscato è nato con Pio la Torre con lo scopo di indebolire il controllo delle mafie sul territorio e di rafforzare il ruolo delle istituzioni. Tutto ciò è diventato possibile proprio grazie all’intervento di Libera con la legge 109 del 1996. Ma non sono mancati, poco dopo, i problemi riguardanti l’effettivo impiego del riutilizzo sociale in seguito alla confisca.

Bisogna, di fatti, aspettare il 2017 per l’istituzione di tavoli provinciali permanenti presso le Prefetture così da avere dei luoghi di scambio di informazioni che interessassero i diversi territori e avere un effettivo sostegno delle attività di gestione dei beni.
L’iter che segue il sequestro coinvolge la confisca di primo grado con la durata di circa 90 giorni e la confisca definitiva. Dal momento in cui il bene viene destinato allo Stato, inizia il processo che porta all’assegnazione dello stesso: il bene può essere devoluto alla pubblica sicurezza, alla protezione civile qualora sia considerato idoneo ad uso governativo e pubblico, o in alternativa a un ente locale.
Come già affermato, i beni confiscati incidono fortemente sulla comunità locale, questo perché l’investimento si basa sulla creazione di una relazione tra crescita del bene e sviluppo del territorio. L’attività di confisca risulta fondamentale ed efficace per abbattere la cultura mafiosa.

L’esempio de La Casa degli Scout:
Nata come Villa del mafioso Roberto Prudentino, boss del contrabbando pugliese, è stata confiscata definitivamente dopo un lungo periodo di abbandono durante la fine degli anni ’90 e dopo un lungo periodo di boicottaggio e occupazione della stessa dai familiari del boss. Ad oggi, la Villa viene utilizzata come base scout e promuove l’integrazione di ragazzi con disagi socio-economici o disabili.

I beni confiscati alle mafie si prospettano come segno di cambiamento verso una comunità migliore, verso una comunità libera.

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