Chi sono i pirati oggi? Il fenomeno della pirateria continua ancora nel XXI secolo in aree come il Corno d’Africa e le Filippine
Chi sono i pirati oggi? Il fenomeno della pirateria era già attestato in età classica dai Greci e dai Romani in alcune aree del Mediterraneo come la Cilicia (odierna Turchia meridionale). Divenne noto nella cultura popolare durante il XVI-XVIII secolo con i famosi filibustieri dei Caraibi e con i corsari barbareschi nel Mediterraneo tra il 1500 e il 1600. Nonostante sembri un fenomeno superato, la pirateria è ancora presente in alcune aree del nostro pianeta e provoca problemi al traffico marittimo e al commercio.
La saggista Loretta Napoleoni ha descritto la pirateria del Nuovo Millennio in un suo articolo sul Libro dell’Anno- 2009, disponibile sul sito Treccani:
I pirati del 21° secolo sono prevalentemente asiatici e africani, ma navigano in tutto il mondo. Fino al 2007 lo Stretto di Malacca, un corridoio di 800 km che separa l’Indonesia dalla Malaysia, era teatro del 42% degli attacchi globali di pirateria, un primato strappatogli nel 2008 dal Golfo di Aden, al largo del Corno d’Africa. Ma anche le acque della Cina meridionale e dell’Africa occidentale sono infestate dalle navi pirata. Secondo il rapporto Piracy and armed robbery against ships dell’ICC International Maritime Bureau nella prima metà del 2006 in tutto il mondo sono stati registrati 127 attacchi, 88 dei quali concentrati nelle aree di Indonesia (33), Malaysia (9), Bangladesh (22), Golfo di Aden/Mar Rosso (9), Somalia (8), Nigeria (7). I pirati moderni dispongono della tecnologia più avanzata, che usano per far perdere le loro tracce.
(L. Napoleoni, Pirateria in Il Libro dell’anno, Treccani, 2009)
I “pirati di oggi” agiscono in zone dove il pattugliamento costiero è inadeguato (Filippine, Indocina, Golfo del Bengala e Antille), oppure dove non viene eseguito alcun controllo (Golfo di Guinea), o in acque marittime di stati falliti (come la Somalia nel Corno d’Africa).
Chi sono i pirati di oggi? Il caso della Somalia e del Mar Arabico dopo il regime di Barre
La pirateria somala è un fenomeno originario degli anni Novanta ed è quello più famoso nel contesto dei “pirati di oggi”. Dal 1969 al 1991, la Somalia era governata dal “presidente” (in realtà dittatore) Siad Barre ed era una “repubblica popolare”. Tra il 1977 e il 1978, questo stato si scontrò con l’Etiopia per il controllo dell’Ogaden, un territorio etiope, abitato da persone di etnia somala ma ricchissimo di materie prime. Le truppe somale furono sconfitte da quelle del Derg, aiutate dall’URSS e da alcuni volontari cubani. La disfatta della Somalia spinse il dittatore a stringere alleanze con i paesi occidentali e gli USA. Come riportato dall’enciclopedia Treccani, nel 1991, il governo di Barre fu rovesciato da un golpe organizzato dal Congresso Somalo Unito (CSU), dopo che il governo dittatoriale aveva affrontare le guerriglia di clan ribelli. Purtroppo, la natura clanica della società somala prevalse: il Somaliland si autoproclamò indipendente, mentre i signori della guerra con le proprie milizie controllavano il paese.
La Somalia venne definita dai media occidentali “uno stato fallito”, questo contribuì alla nascita della pirateria nelle acque costiere. I pirati somali hanno un’influenza su un’area che parte dalle acque costiere del Corno d’Africa e del Kenya fino ad arrivare alle spiagge del Kerala (India meridionale).
I traffici illegali dei pirati e delle piratesse del Nuovo Millennio: pesca illegale e spazzatura
Napoleoni ha indagato anche sui traffici illeciti che aiutano i pirati a rifornirsi di munizioni e pescherecci per assaltare le navi cargo nel Mar Arabico o nel Golfo di Guinea. In primis, c’è il fenomeno della pesca di contrabbando. Las Palmas nelle Isole Canarie (Spagna) è il più grande approdo di prodotti ittici contraffatti: 400.000 tonnellate annuali. Gran parte del pesce, dei molluschi e dei crostacei proviene dalle acque atlantiche dell’Africa occidentale, la merce cambia più volte peschereccio e arriva a Las Palmas; qui inizierebbe il viaggio in Europa oppure in volo per l’Asia.
L’altro traffico illegale è rappresentato dalla spazzatura:
Secondo l’UNEP, il programma ambientale delle Nazioni Unite, la produzione annua dei rifiuti elettronici, dai computer ai cellulari, va dai 20 ai 50 milioni di tonnellate. Questo materiale altamente tossico viene separato in rifiuti riciclabili e non riciclabili. I primi partono per l’India e la Cina, i secondi finiscono in Africa. [..] L’ONG Basel Action Network rivela che il 75% del materiale elettronico che arriva in Nigeria non può essere riciclato e diventa agente inquinante. La Somalia riceve regolarmente tonnellate di rifiuti elettronici e radioattivi. Spesso, approfittando dell’assenza di un governo centrale, i pirati della spazzatura riversano in mare i loro carichi letali. Alcuni sono riaffiorati dopo lo tsunami del dicembre 2005. Da un’indagine di The Times di Londra è emerso che tra quei rifiuti c’erano scorie di uranio radioattivo, cadmio, mercurio e piombo e anche materiale chimico, industriale e ospedaliero altamente tossico proveniente dall’Europa. La spedizione risale al 1992, quando un gruppo di imprese europee assoldò la società svizzera Archair Partners e l’italiana Progresso, ambedue specializzate nell’esportazione di spazzatura scomoda.
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(Ivi)
La stessa dell’articolo ha raccontato di due episodi gravi che vedevano i paesi africani impossessarsi di rifiuti tossici. Il presidente somalo Ali Mahdi Mohamed (in carica dal 1991 al 1997) accettò 10 milioni di tonnellate di tali rifiuti per avere 80milioni di dollari. Stessa cosa successe in Zambia, il paese dell’Africa meridionale acquisto e seppellì della carne radioattiva proveniente dall’ex-URSS; ma dopo che «la popolazione ne aveva mangiata una parte» e la disseppellirono per mangiarla.
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