Vi proponiamo di seguito la nostra intervista alla psicologa e psicoterapeuta Gaetana Polo, impegnata da anni in ambito clinico, forense e delle cooperative sociali, per affrontare con più serenità questo periodo di isolamento.
È un momento difficile. L’essere umano è per natura un essere sociale. La frenesia della vita quotidiana ci risucchia in una spirale di impegni e faccende che spesso ci allontanano dal nostro io più profondo, ed è per questo che in situazioni di emergenza, come quella che ci troviamo a vivere oggi a causa del Coronavirus, siamo spesso disorientati e la paura prende il sopravvento. L’isolamento forzato a cui siamo costretti, per quando sia per il nostro bene, ci mette di fronte al confronto con noi stessi, quello che spesso ci spaventa più di tutti.
Ma non tutti i mali vengono per nuocere, e spesso cercare aiuto in persone competenti come psicologi e psicoterapeuti può essere una vera e propria salvezza. In un momento come questo, più che mai, l’aiuto di un esperto può essere fondamentale come lo è la dottoressa Gaetana Polo, la quale ci ha concesso la seguente intervista.
Come affrontare la quarantena, l’intervista alla psicologa Gaetana Polo
-L’essere umano è per natura spinto alla socialità; la mancanza di contatto sociale in che modo influisce sul benessere del singolo?
L’essere umano è di per sé un individuo che, durante la sua evoluzione, ha sviluppato un comportamento collettivo che lo induce a intrattenere delle relazioni interpersonali e a sentirsi pienamente realizzato se è in relazione. Sicuramente esse sono fonte di appagamento e senso di sicurezza. La “mancanza di contatto sociale” a cui ci sta costringendo la presenza del COVID-19 incide sul benessere del singolo creando un innalzamento dei livelli di stress emotivo. In questo momento è normale sentirsi spaventati, soli e confusi, quindi bisogna trovare un nuovo adattamento a questo cambiamento spazio-temporale. Fortunatamente dentro ognuno di noi si attivano delle modalità di reazione che ci permettono di tollerare lo stress. Basti pensare alle persone che in questo momento si dedicano di più ai propri hobby, a cucinare o alle tante iniziative che si stanno diffondendo (flash mob), all’utilizzo dei social che in qualche modo mantengono il “senso di collettività” e di “contatto” in un modo diverso.
-Cosa possiamo fare per non essere sopraffatti dalla negatività delle informazioni che ci arrivano?
Sicuramente la capacità di adattarsi a questo cambiamento di vita dipende da vari fattori, tra cui anche l’agente stressante. Se quest’ultimo viene amplificato notevolmente con numerosi stimoli informativi, tendiamo a essere sovraccaricati e a sentirci sopraffatti, in quanto stiamo ancora costruendo il nostro nuovo adattamento essendo una situazione ancora in fase di emergenza. Pertanto bisognerebbe attenersi solo alle notizie divulgate dalle testate giornalistiche nazionali e rifarsi solo a fonti scientifiche per comprendere al meglio la problematica e il rischio in modo da poter poi prendere precauzioni ragionevoli. Bisognerebbe, in ogni modo, ridurre il tempo che si trascorre a guardare o ascoltare informazioni che possiamo percepire come spaventosi, al fine di limitare anche la preoccupazione e l’agitazione.
-Qualche consiglio su come investire al meglio questo tempo in solitudine, magari come opportunità per sviluppare le nostre più profonde attitudini?
Beh sicuramente il primo passo è quello di strutturare la nostra “nuova quotidianità” e di organizzare lo spazio e il tempo, ponendoci degli obbiettivi a breve e medio termine.
Inserire all’interno di tale organizzazione oltre a momenti di riordino di casa, lavoro agile e studio, anche quelle passioni che abbiamo accantonato come dipingere, ascoltare la musica, guardare dei film, cercando di pensare a questo momento anche come un’”occasione” per reinventarsi e ritrovarsi. Importanti sono anche i momenti di contatto emotivo all’interno della famiglia attraverso momenti di conversazione, giochi di società, o per rispolverare le vecchie fotografie che ci permettono di “stare” vicini in questo momento e percepirsi meno soli. L’organizzare e lo “stare in famiglia” permette di prenderci cura e di gestire sia i livelli di ansia che quelli di tristezza.
Sicuramente uno sguardo particolare andrebbe alle fasce più a rischio (disabili, anziani e bambini) che possono risentire maggiormente di questo momento difficile, in quanto hanno già di per sé delle modalità di reazione complesse e maggiore difficoltà di adattamento. Esse devono essere aiutate maggiormente a dare nome al loro vissuto e a riorganizzarsi in questi cambiamenti.
-Una volta compreso ciò che ci fa stare bene, come possiamo fare per non ricadere nello sconforto e, soprattutto nella noia?
Potrebbe aiutarci, a fine giornata, prendersi anche un momento per scrivere le proprie riflessioni sulla giornata trascorsa, su come si è stati, e sugli obbiettivi da voler raggiungere, al fine di dare anche continuità alle giornate, una sorta di promemoria e di ancora, per non perdersi.
Nei momenti in cui sembra che ci stia venendo meno quell’armonia creata con fatica, potrebbe essere utile parlare con le persone di cui ci fidiamo e che ci sostengono, e mantenere i contatti con la famiglia attraverso videochiamate, magari anche condividendo le preoccupazioni a patto che non si scivoli in un sconforto condiviso.
Nel caso lo sconforto prenda il sopravvento e ciò non risultasse risolutivo si potrebbe pensare di rivolgersi a un operatore sanitario o un consulente.
Ringraziamo ancora una volta la dottoressa Gaetana Polo per la sua gentilezza e la sua disponibilità
Fonte immagine: https://pixabay.com/it/illustrations/domande-domanda-dubbi-psicologia-1922477/