Confine e oltre: il mondo è volontà di sapere

Confine e oltre: il mondo è volontà di sapere

Sfogliando un qualsiasi dizionario si trova che il termine confine’ indica una «linea che circoscrive una proprietà immobiliare o il territorio di uno Stato o di una regione». Ridurre una parola del genere a un unico campo semantico è però estremamente riduttivo dato che, scorrendo nella medesima pagina di vocabolario, ci si accorge facilmente che i significati attribuiti a questo termine sono molteplici. Confine naturale, confine politico, passare i confini, azione di regolamento di confini non sono che la punta dell’iceberg della varietà incredibile di sfumature che questa parola può assumere. Il confine indica un limite comune, una separazione tra spazi contigui, ma è anche un modo per stabilire in via pacifica il diritto di proprietà di ognuno in un territorio conteso. Esso è generalmente associato all’idea di frontiera, che, interpretata in chiave più allegorica, una volta varcata consente di andare oltre il giusto, il consentito e il conoscibile.

‘Confine’ e ‘frontiera’ sono nozioni poste alla base della cultura occidentale, basti pensare ai Greci, primi indagatori dei meandri della metafisica, e ai loro miti. Icaro e Prometeo sono in tal senso emblematici poiché curiosi a tal punto da sfidare il volere degli dei e puniti proprio per la loro eccessiva indiscrezione. È stato però Ulisse ad aver esercitato la maggiore influenza nell’immaginario collettivo per il suo celeberrimo passaggio delle colonne d’Ercole, tanto da venire citato, oltre mille anni dopo la stesura dell’Odissea, da Dante nel ventiseiesimo canto dell’Inferno. Il poeta fiorentino, ponendo l’eroe omerico tra i consiglieri di frode, rispecchia quel pensiero medievale che, influenzato dalla dottrina cristiana, era restio a celebrare un’eccessiva curiositas dell’uomo, costretto a vivere entro i limiti imposti da Dio.

Il confine per dividere: l’Europa contemporanea

È così che arriviamo ai giorni nostri, agli anni venti del XXI secolo, che vedono la fine del sogno di un’Europa priva di confini e barriere. L’abbattimento del muro di Berlino e il Trattato di Maastricht, che sancirono rispettivamente la fine del mondo bipolare e la nascita dell’Unione Europea, non sono stati che un’illusione: siamo di fronte al ritorno dei nazionalismi e dei populismi in tutto il Vecchio Continente, partiti xenofobi come la Lega salviniana o Vox in Spagna sono quelli più in ascesa negli ultimi anni o arrivano fino al ballottaggio nelle elezioni politiche, alla destra lepenista nelle ultime elezioni francesi.

Il fenomeno è dilagante in tutta Europa, e quel che più colpisce non è solo l’ascesa di ideologie che si erano credute scomparse dopo la fine dei totalitarismi del Novecento, ma la diffusione di queste in Paesi generalmente considerati paladini della democrazia o addirittura fondatori dell’UE come la Germania, la Svezia, l’Italia e la Danimarca. Gli stessi governi promotori di queste credenze investono poi milioni di euro nella ricerca, sostenendo l’abbattimento dei limiti umani verso un’ipotetica cura a tutti i mali o una colonizzazione dello spazio, ma allo stesso tempo incentivano la guerra e chiudono le frontiere, rispedendo al mittente quei migranti che fuggono dai conflitti provocati da loro stessi. Vi è dunque una concezione estremamente ambigua del confine al giorno d’oggi in Europa, di linea separatrice tra uomini da un lato e di limite oltre il quale l’uomo deve avventurarsi dall’altro.

Il confine non è solo relativo alla sfera umana, ma è aspetto caratterizzante della natura, dalla quale l’uomo ha probabilmente ricavato l’idea. Omero, per tracciare la figura di Ulisse, avrà forse gettato lo sguardo all’orizzonte e alle navi che, una volta passatolo, scomparivano, segnando la fine del mondo conosciuto. L’orizzonte è il confine naturale per eccellenza, segna il limite tra il mare e il cielo, tra il mondo terreno e il mondo divino, che non ci è dato conoscere ma che l’uomo con la sua volontà di sapere ha da sempre cercato di svelare. Il suo fascino è rimasto immutato, nonostante in questi millenni abbiamo oltrepassato le soglie non solo delle Colonne d’Ercole, ma della Terra stessa, avventurandoci negli abissi del cosmo più profondo. Allo stesso modo le montagne, disegnando il limite della terra con il cielo, descrivono una frontiera da varcare e non a caso gli alpinisti votano la scalata delle vette più irte come le sfide maggiori non solo della loro carriera sportiva, ma anche dalla propria vita.

L’umanità, nel corso della storia, ha poi riversato nei confini tutta la propria brutalità, tutto le proprie barbarie: guardando di sfuggita il mappamondo, spesso incuriosiscono quelle linee che delineano le frontiere tra gli Stati africani, così perfette, così dritte, dimenticando che siano frutto del lavoro di colonizzatori avidi che, costretti a lasciare quelle terre, non tennero conto che a vivere in quelle forme geometriche erano persone in carne e ossa come loro. Gli Stati africani sembrano così essere disegnati con un righello o una squadra ed è quantomai assurdo che il continente culla della vita si trovi in una condizione che è negazione della vita stessa e della convivenza civile tra etnie diverse.

Il trasformismo e l’adattabilità a più contesti sono dunque caratteristiche proprie del confine, oltre il quale si celano misteri e terre aspre e difficili, popolate da mostri che dobbiamo combattere. Il confine non ha un carattere divisorio, come molti leader nazionalisti vorrebbero far credere, ma unitario: al di là di una frontiera si diventa forestieri, migranti, diversi non solo per gli altri ma anche per noi stessi. Usciamo dal regno delle sicurezze per entrare in quello dell’incertezza; siamo in sostanza sempre stranieri di qualcun altro. L’abbattimento dei limiti deve rappresentare una sfida continua attraverso la quale l’uomo può crescere e migliorare se stesso, e se siamo diventati consci di essere creature diverse dagli altri animali è perché abbiamo scoperto di essere animati dalla curiositas e dalla volontà di sapere cosa nasconde l’ignoto.

 

Fonte dell’immagine: Pixabay

A proposito di Matteo Pelliccia

Cinefilo, musicofilo, mendicante di bellezza, venero Roger Federer come esperienza religiosa.

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