Cos’è l’Autonomia differenziata: l’unità tradita

Autonomia differenziata: l'unità tradita

La legge 26 giugno 2024 n.86, che definisce le norme per l’espansione dell’autonomia differenziata nelle regioni a statuto ordinario, è stata da poco più di un mese siglata dal presidente Mattarella. Proposta a più riprese negli anni dalla Lega, era già oggetto di un dibattito infuocato ben prima della sua approvazione: si tratta infatti di una legge antidemocratica che non rispecchia la vera volontà del popolo italiano e, soprattutto, degli abitanti del Mezzogiorno, vittime di soprusi e ingiustizie socioeconomiche sin dal 1861. Con l’approvazione della suddetta legge, la distanza con il Nord non farà che acuirsi ancor di più. 

1. Premessa importante: riforma del 2001 e introduzione dei Lep

Partiamo con ordine. La mastodontica riforma del 2001 prevede l’implementazione dei Lep (livelli essenziali di prestazione), ovvero degli standard minimi e adeguati, determinati in modo esclusivo dallo Stato, per l’erogazione dei servizi di alcune materie specifiche, e che devono essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, in modo da tutelare i diritti civili e sociali dei cittadini.  Tra le materie in questione, che sono di varia natura, rientrano per esempio l’istruzione, la tutela dell’ambiente e dei beni culturali, la ricerca scientifica e la salute. 
Quello che lo Stato dovrebbe fare sarebbe stabilire dei Lep per ogni regione a statuto ordinario sulla base delle risorse a disposizione di ciascuna, e, laddove manchino tali risorse, aggiungerne di nuove: si tratta di un’operazione delicata e che appesantisce la spesa pubblica, perciò sono molti i settori (soprattutto sociali e socio-educativi) in cui i Lep devono ancora essere definiti a distanza di 23 anni. In particolare, non si è minimamente tenuto conto dell’enorme disomogeneità tra nord e sud: nel 2020 l’89,6% dei comuni dell’Emilia Romagna offriva servizi di prima infanzia, contro il 19,3% della Calabria nello stesso anno. 

2. In cosa consiste la legge sull’autonomia differenziata?

L’autonomia differenziata, ovvero la possibilità delle regioni a statuto ordinario di ottenere un livello di autonomia maggiore rispetto a quello previsto, “sulla base d’intesa fra lo Stato e la Regione interessata”, è già sancita dall’articolo 116 della Costituzione. Il ddl Calderoli prevede un’estensione di questa autonomia ad altre 23 materie, tra le quali rientrano sanità e welfare, istruzione, ambiente, trasporti, gestione delle risorse idriche e dei rifiuti: concede altresì la possibilità di trasferire le funzioni ai comuni e alle province, e di stipulare intese anche senza l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio.
Per quanto concerne i finanziamenti, le singole regioni dovrebbero comunque attenersi ai Lep imposti dallo Stato, e la perplessità del ddl ruota principalmente attorno a questo punto: lo Stato non ha mai fissato il Lep di innumerevoli servizi di natura sociale, che sono quelli che maggiormente incidono sulla qualità della vita dei cittadini. In assenza di Lep, il ddl rende evidente che si ricorrerebbe al criterio della spesa storica: in parole povere, le regioni che hanno speso di più negli anni e col maggior residuo fiscale, ovvero quelle in cui si pagano più tasse e in cui c’è un livello superiore di benessere economico, godrebbero di maggiori finanziamenti.

3. L’unità tradita

È ovvio che le regioni che spendono di più sono quelle dotate di maggiori risorse. Se da un lato abbiamo un centro-nord territorialmente più avvantaggiato, dall’altro abbiamo un sud caratterizzato da gravi carenze infrastrutturali, asili nido che si contano sulle dita di una mano, scarse opportunità per i giovani e una sanità al collasso: in Calabria i reparti chiudono uno dopo l’altro, le strutture ospedaliere sono fatiscenti e il settore è fortemente impoverito da una tremenda fuga di cervelli e il costante invecchiamento della popolazione. Evitiamo inoltre di affrontare la questione trasporti e i patti da stringere con il diavolo per spostarsi da una costa all’altra.
A rigor di logica, l’economia calabrese, la più povera di Italia, per viaggiare alla stessa velocità di quella delle regioni del centro-nord dovrebbe dotarsi di maggiori risorse: seguendo, però, il paradossale criterio del ddl e della spesa storica, le sarebbero destinati ancor meno fondi di quanti già ne riceva. La situazione è ulteriormente aggravata dall’incompetenza con cui lo Stato ha gestito la politica dei Lep per servizi sociali basilari, pigramente avviata e lasciata a metà nel timore di aggravare la spesa pubblica, procrastinando la soluzione di un problema, quello del divario tra nord e sud, complesso e stratificato nel tempo. Questa grave negligenza non fa che dimostrare ulteriormente che per lo Stato italiano l’economia conta più del benessere dei cittadini.
Oltre a ciò, la legge renderebbe ancor più intricata e rognosa la burocrazia: soffermiamoci a immaginare 20 regioni autonome con 20 ordinamenti giuridici diversi su 23 materie riguardanti i diritti fondamentali dei cittadini e 500 funzioni amministrative differenziate. 

L’approvazione di questa legge è l’ennesima prova che la strafottenza del governo per il sud è storica: dall’unità non sono stati fatti miglioramenti significativi nel riempire la distanza tra le “due Italie”. Tuttavia, il 25 luglio è stata attivata, per la prima volta, la piattaforma online adibita alla raccolta delle firme digitali, con la presentazione di un referendum abrogativo per l’autonomia differenziata. Il sistema ha funzionato molto bene e il popolo ha espresso la sua contrarietà al ddl: nell’arco di una sola settimana sono state raccolte le 500.000 firme previste. Forse rimane qualche speranza non dico di colmare il divario, ma quantomeno di non sprofondare nel baratro.

Fonte immagine: rawpixel.com

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A proposito di Dario Muraca

Studente di Relazioni e istituzioni dell'Asia presso l'università L'Orientale di Napoli. Appassionato di scrittura e Asia orientale fin dall'infanzia, ho da qualche tempo maturato un forte interesse per le relazioni internazionali, che mi ha spinto a cimentarmi in un percorso di formazione capace di far convergere tutte e tre queste dimensioni.

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