Il Festival di Sanremo si avvia alle battute – o, meglio – alle note finali. Dopo tre serate particolarmente atipiche, ma oscillanti – come ogni anno – tra malriusciti sketch, i “si poteva evitare”, qualche gaffe, musica ascoltabile, brani da scartare e pure ottime performance, va in scena il penultimo atto della kermesse.
E così, un po’ appesantiti dalle luuuunghe “puntate precedenti”, un po’ smaniosi di “vedere come va a finire”, ci prepariamo alla quarta serata Sanremese, quella che – solo un anno fa – aveva visto Bugo lasciare il palco durante la sua esibizione con Morgan, seguito dall’ormai celebre “Che succede?”, “Dov’è Bugo?”, e immediatamente dopo la dichiarazione dell’OMS sulla pandemia globale, il lockdown, i lanciafiamme eccetera, eccetera, eccetera.
Festival delle Nuove Proposte, vince Gaudiano
La serata comincia con la finalissima della gara tra le “Nuove proposte”. A contendersi la Palma, Davide Shorty (in “Regina”, una dedica melodica con tratti rappati), Folcast (con “Scopriti”, una riuscitissima ballata d’amore), Gaudiano e Wrongonyou.
Alla fine dei giochi, il Premio della Critica “Mia Martini” va a “Lezioni di volo” di Wrongonyou. Contemporaneo, “romantico” e non banale, con ritornello super “orecchiabile”. Il Premio “Lucio Dalla” della Sala Stampa va, invece, a “Regina” di Davide Shorty.
Vince la competizione Gaudiano con “Polvere da sparo”. Tragica e melodica, dedicata – come la sua vittoria – al padre scomparso.
Il momento dei “Big” alla terza esibizione: un commento flash
Se è vero, come è vero, che le canzoni del Festival vanno valutate dal giorno dopo il primo ascolto, arriviamo alla terza esibizione delle voci “Big” in gara.
Annalisa, “Dieci”. Voce pulita, testo scorrevole, complessivamente pop – Sanremese – doc.
Aiello, “Ora”. Una storia di sesso e analgesici. Dalle troppe urla sul finale c’è da chiedersi se abbiano fatto effetto.
Maneskin, “Zitti e buoni”. Finalmente (un po’) di rock. Energia pura. Ormoni in subbuglio.
Noemi, “Glicine”. Sorella – con la voce graffiante – di Annalisa. Pop – Sanremese – doc. Niente di nuovo nel repertorio dell’ex cantante di X Factor.
Orietta Berti, “Quando ti sei innamorato”. Classica, ma intramontabile. In rosa confetto.
Colapesce/Di Martino, “Musica leggerissima”. Testo particolarmente depressivo, patinato da un’orecchiabile musica leggera, “anzi leggerissima”. E meravigliosa.
Max Gazzè, “Il farmacista”. Decisamente inquietante la storia del farmacista che risolve chimicamente alcuni “problemi femminili”. Ironico? Senza far ridere. Si salva in calcio d’angolo da un brevissimo passaggio sulla follia del protagonista.
Willie Peyote, “Mai dire mai (La Locura)”. Willie critica il mercato musicale e la società dello spettacolo sul palco dell’Ariston. Con nonchalance, ritmo e supponenza, fedele al suo personaggio.
Malika Ayane, “Ti piaci così”. La terza sorella del “Pop – Sanremese – doc”. Con una forte personalizzazione alla “Malika”.
La Rappresentante di Lista, “Amare”. “Qualcosa di diverso”. Con una voce straordinaria.
Madame, “Voce”. Bel testo, bel ritmo, bel personaggio, bella performance. Complessivamente 10, a diciannove anni.
Arisa, “Potevi fare di più”. La fine di un amore cantato da una donna, ma dal punto di vista di un uomo. E si vede, nella sua interezza.
Coma_Cose, “Fiamme negli occhi”. Le voci di Fausto e Francesca si mischiano alla perfezione. In realtà cantano per loro stessi, ma il loro amore arriva dritto nel petto del pubblico che ascolta. E la loro canzone pure.
Fasma, “Parlami”. Adeguato.
Lo Stato Sociale, “Combat Pop”. Il merito di aver portato al Festival la difficile condizione dei lavoratori dello spettacolo. Da ringraziare.
Francesca Michielin/Fedez, bel testo, bella melodia. Francesca compensa le scarse capacità canore di Federico, terrorizzato dal palco, abituato allo studio. Predestinati a scalare le classifiche.
Irama, “La genesi del tuo colore”. Penalizzato dalla performance registrata e dalla voce metallica inserita nel pezzo.
Extraliscio feat. Davide Toffolo, “Bianca luce nera”. Una musica che rimanda alle feste di piazza. Un testo che rimanda a un amore sbiadito.
Ghemon, “Momento perfetto”. Un mix tra sonorità rap, swing, soul. Delicato ed efficace.
Francesco Renga, “Quando trovo te”. Qualcosa di cui avremmo potuto comunque fare a meno.
Gio Evan, “Arnica”. Un po’ poeta, un po’ filosofo, un po’ cantante. Un po’ tutto, un po’ niente.
Ermal Meta, “Un milione di cose da dirti”. Ma nessuna ascoltabile all’1 e mezza di notte. “Cuore a sonagli, occhi a fanale”. Inspiegabilmente tra i favoriti.
Bugo, “E invece sì”. Detto a Morgan che sperava di vederlo escluso dal Festival. Buon testo, buona melodia, un passo indietro l’interpretazione. La rivincita dei bullizzati.
Fulminacci, “Santa Marinella”. Tutto al posto giusto, tranne l’intonazione.
Gaia, “Cuore amaro”. Rivelazione nella “serata Cover” con “Mi sono innamorato di te” di Luigi Tenco, perde con l’interpretazione del suo pezzo. Troppa gestualità. Estiva.
Random, “Torno a te”. Tenero.
In classifica generale: 1) Ermal Meta 2) Willie Peyote 3) Arisa
Arrivederci alla finalissima!