Il 1 febbraio il neoeletto presidente Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per imporre dazi su prodotti provenienti da Messico, Canada e Cina. Si tratta di dazi del 25% sulle merci provenienti da Canada e Messico e del 10% su quelle cinesi. I dazi di Trump imposti alla Cina e al Messico avrebbero come scopo quello di bloccare i migranti illegali e il traffico di droga, tra cui il fentanyl. Il fentanyl è un farmaco che appartiene alla categoria degli oppioidi, stessa famiglia dell’eroina e cocaina, ma più potente e per questo conosciuta anche come la droga degli zombie). Nel mirino Trump non ha solo i suddetti paesi ma anche l’Unione Europea. Infatti, rispondendo a una domanda di una giornalista nello Studio Ovale (studio ufficiale del presidente degli Stati Uniti) afferma: “Ho intenzione di imporre tariffe all’Unione Europea? Volete una risposta sincera o una risposta politica? Assolutamente sì, l’Unione Europea ci ha trattati in modo così terribile. Siamo trattati così male che non prendono le nostre auto, non prendono i nostri prodotti agricoli, avendo così un deficit enorme con l’Unione Europea”.
Il significato di dazio e le sue possibili conseguenze
Prima di tutto con il termine dazio si intende un’imposta applicata alle merci importate da altri paesi che ne aumenta il costo, permettendo in questo modo di proteggere i produttori locali dalla concorrenza estera. Il dazio, oltre alla possibilità di proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza straniera, consente anche un aumento delle entrate fiscali per il governo. Tuttavia, secondo un gruppo di economisti delle università americane, i dazi vengono considerati un “freno per l’economia” perché la domanda si orienta verso le imprese nazionali a prescindere dalla convenienza e dalla loro efficienza, sprecando così risorse in una produzione più costosa. Tale incertezza economica che deriva da politiche commerciali aggressive può accentuare ulteriormente la crescita dei prezzi. Qualora tutti questi aumenti di prezzo diventassero generalizzati, l’inflazione complessiva potrebbe creare un impatto negativo sul potere d’acquisto dei consumatori.
Trump e la guerra dei dazi: conseguenze economiche per i Paesi colpiti e misure di contrasto
I dazi imposti a Canada, Cina e Messico comporterebbero una riduzione delle esportazioni. I danni diretti a causa della perdita di competitività potrebbero mettere in difficoltà le imprese locali. Inoltre, tale guerra commerciale potrebbe disincentivare il flusso di capitali esteri e una possibile svalutazione della moneta. Nello specifico, il primo ministro canadese, Justin Trudeau, ha dichiarato che il Paese ha intenzione di imporre dazi del 25% sulle merci statunitensi per un valore di 155 miliardi di dollari. Fra di esse ritroviamo: gli alcolici, i prodotti agricoli e i beni di uso quotidiano. Nonostante ciò, gli economisti prevedono che il Canada possa entrare in recessione a causa delle mosse statunitensi mettendo in luce la prima contrazione economica dopo la pandemia.
Secondo il ministero delle Finanze cinese: “L’imposizione unilaterale di tariffe da parte degli Stati Uniti viola gravemente le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio” e “non solo non aiuta a risolvere i problemi interni americani, ma danneggia anche la normale cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti”. L’obiettivo delle istituzioni asiatiche appare chiaro: far sì che Trump possa tornare sui propri passi. In risposta all’entrata in vigore dell’aumento dei dazi sui prodotti cinesi, la Cina ha annunciato dei dazi doganali sulle importazioni di idrocarburi, carbone e alcuni veicoli dagli Stati Uniti. Il 10 febbraio la Cina imporrà ulteriori dazi, in particolare del 15%, sulle importazioni dagli Stati Uniti di carbone e gas naturale liquefatto. Dazi del 10% saranno invece applicati alle importazioni di petrolio e altri prodotti, tra cui macchinari agricoli, suv di grandi dimensioni e furgoni.
I dazi di Trump: a rischio anche gli USA
I dazi di Trump sono anche dazi suoi; dietro questa sottile ironia si denota come i dazi siano controproducenti per gli Stati Uniti perché sono una tassa sui consumatori e sulle imprese americane che acquistano input intermedi e materie prime dall’estero. Inoltre, lampanti sono alcune conseguenze simboliche come: l’impennata dei prezzi dello sciroppo d’acero canadese, del guacamole, ma anche della tequila e del mezcal provenienti dal Messico, che negli ultimi anni hanno rimpiazzato rum e cognac. “Farà male? Sì, forse. Ma renderemo di nuovo grandi gli Stati Uniti, e vi assicuro che varrà il prezzo da pagare. Finalmente il nostro paese è gestito con buon senso, e i risultati saranno eccellenti”. Queste sono le parole di Donald Trump postate il 2 febbraio sul suo social network ammettendo che i dazi del 25% imposti il giorno precedente a Messico e Canada avrebbero portato come conseguenza un aumento dei prezzi per i contribuenti statunitensi.
Una guerra finanziaria contro i produttori americani
Le vere preoccupazioni, però, riguardano l’industria automobilistica e l’interruzione delle catene del valore dell’intero comparto, intensamente integrato in tutto il Nordamerica. È bene evidenziare che i pezzi di ricambio viaggiano avanti e indietro attraverso il confine, prima di essere venduti come veicoli assemblati negli Stati Uniti. Dunque, il presidente statunitense sta lanciando una guerra finanziaria contro i produttori americani che dice di voler proteggere. Secondo il Wall Street Journal, il Messico offre circa il 42% dei pezzi di ricambio per le auto degli Stati Uniti, mentre il Canada circa il 13%. “Dato che questi componenti circolano ripetutamente tra i tre paesi, è probabile che i costi dei dazi doganali aumentino ben oltre il 25%”, spiega il quotidiano economico statunitense. Secondo le stime degli analisti di Rolfe Research, il prezzo delle auto, che a dicembre 2024 era in media di 46.200 dollari (45.060 euro), potrebbe aumentare di circa tremila dollari.
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