La diffusione del fenomeno del caporalato: come può un semplice pomodoro influire su questo?
Uno fra gli ortaggi più importanti e consumati è il pomodoro. Il pomodoro è originario del Messico e del Perù, ed era assai apprezzato in patria, dove gli Inca e gli Aztechi lo chiamavano “xitomatl”, cioè “polpa succosa”; lo consumavano quasi ogni giorno, anche sotto forma di salsa.
Il pomodoro giunse in Europa nel 1540, quando il conquistador Hernan Cortés, ritornato in patria, ne presentò alcuni esemplari. Originariamente, però, il pomodoro non era come lo conosciamo oggi; infatti, i frutti delle prime piante giunte in Europa, rimanevano di piccole dimensioni e giallognoli.
Successivamente, con il cambio di zona di coltivazione, acquisirono il colore che oggi tutti conosciamo.
Come si passa da un semplice pomodoro al fenomeno del caporalato?
Quando si acquista una passata di pomodoro al supermercato si paga più per l’imballaggio che per il pomodoro contenuto.
Questo è ciò che emerge da un’analisi della Coldiretti pubblicata in occasione del Tavolo Interistituzionale di Contrasto al caporalato, presieduto dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali. In una bottiglia di passata di pomodoro da 0,700 litri in vendita circa al prezzo di 1 euro, quasi la metà del valore (45%), secondo la Coldiretti, è il margine della distribuzione commerciale con le promozioni; il 20% corrisponde ai costi di produzione industriali; un altro 20% è il costo della bottiglia con gli imballaggi; il 10% è il valore riconosciuto all’ortaggio; il 5% al trasporto.
Dunque, il fenomeno del caporalato è un fenomeno mafioso: la sua denominazione deriva dai caporali, ovvero i mediatori che trovano i braccianti agricoli alle aziende, per poi gestire illegalmente il loro rapporto di lavoro.
Tale problema è strettamente legato al mondo della gastronomia, e trova terreno fertile soprattutto nei grandi campi del Sud. In Italia, ci sono più di 400.000 vittime del fenomeno del caporalato, che è simile allo schiavismo: la maggior parte sono immigrati dall’Est Europa e dall’Africa, ma cresce sempre più anche la quota di italiani sfruttati.
La regione particolarmente interessata da questo fenomeno è la Puglia, che si segnala ogni anno per un numero significativo di morti nei campi. Ragazzi in condizioni insostenibili, quasi tutti immigrati, costretti ad accettare condizioni di lavoro assurde per cercare di sopravvivere. Non è detto che ci riescano: con temperature superiori ai 40 °C, ogni movimento per raccogliere un pomodoro potrebbe essere letale.
Il fenomeno del caporalato, per fortuna, ha ricevuto l’attenzione di qualcuno: «Vieni a ballare, compare, nei campi di pomodori dove la mafia schiavizza i lavoratori e se ti ribelli vai fuori. Rumeni ammassati nei bugigattoli come pelati in barattoli, costretti a subire i ricatti di uomini grandi ma come coriandoli». Il brano è Vieni a ballare in Puglia di Caparezza.
Dopo la legge del 2016, il primo passo contro il fenomeno del caporalato è stato fatto nel 2019 con un piano triennale scaduto da poco. La seconda c’è stata nel 2020 con una “liberalizzazione” dei contratti di lavoro: il Decreto immigrati entrato in vigore dopo il lockdown per far fronte al terrore del collasso dell’agricoltura.
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