L’omosessualità nel cinema ha una storia molto dibattuta ed un percorso assai difficile. Fino agli anni Venti l’omosessualità era sufficientemente tollerata ed anche rappresentata dai registi, sempre in maniera ovviamente del tutto soggettiva; e cioè in base alla provenienza geografica, culturale e legislativa del paese di riferimento di produzione. Dopo questa breve fase di espansione, tuttavia, la rappresentazione omosessuale nel cinema ha subito un insabbiamento perdurato per svariati decenni; od almeno fino al 1933, anno in cui si registra l’uscita di Lot in Sodom.
Sfortunatamente, tale film definì gli omosessuali come individui pericolosi, sessuomani e depravati, per poi arrivare ai 3 Oscar di I segreti di Brokeback Mountain (2005) di Ang Lee, in cui sono messe in luce -e descritte accettabilmente- due persone dello stesso sesso che si amano.
E’ da precisare inoltre, che l’occultamento dell’omosessualità nel cinema è un fenomeno assai recente; specialmente se si pensa che sia sugli schermi del cinema muto che sia in quello degli anni sessanta – momento questo dei movimenti gay-lesbici americani ed europei-in cui si respirava il clima libero portato da Nouvelle Vague, Free Inglese, New American Cinema e dai giovani autori italiani e tedeschi: in commedie di largo pubblico e nel cinema sperimentale si rividero storie d’amore non solo etero.
Anche le bobine degli anni Trenta favorirono le apparizioni omosessuali: In Charlot macchinista, Chaplin bacia una donna vestita da uomo, pur sapendone il vero sesso: un uomo effeminato s’avvicina per attrarre la loro attenzione finché viene preso a (comici) calci nel sedere per punirne l’invadenza.
Ma negli anni Trenta il pubblico inizia pure ad ascoltare ‘rumors’ sui divi e registi gay; ed il pubblico quindi inizia già sostanzialmente ad abituarsi a distinzioni meno nette di generi e comportamenti, a scelte diverse da quelle tradizionali. ; di fatti l’attrice Greta Garbo interpreta la regina Cristina di Svezia, la quale era realmente lesbica; oppure c’è Marlene Dietrich che diviene protagonista nel 1930 del primo bacio omosessuale in Marocco di Josef Von Sternberg, travestita completamente da uomo.
In Sangue ribelle (1932) c’è ugualmente la rappresentazione di due ballerini travestiti che cantano e ballano all’interno di un bar gay.
È pertanto palese che Il cinema non dirà addio maiPoesia gay oggi: tra esperienze e performance il travestimento, anzi: esso ne diviene il mezzo col quale ci si accosta e si accetta il mondo gay.
Tuttavia gli anni Trenta apportano dei cambiamenti viste le persecuzioni naziste e fasciste messe in atto dai suddetti totalitarismi nel confronti degli omosessuali: viene varato ad Hollywood il Codice Hays, che esige la nuova etica che prevede il cambiamento dei dialoghi, delle scene, dei personaggi o dei copioni .
O almeno fino agli anni Cinquanta, in cui si verifica la rappresentazione della bisessualità; ed esattamente in Chimere, in cui Lauren Bacall è una donna bisessuale e autodistruttiva. Ma potremmo dire che esso è solo un re-inizio della rappresentazione omosessuale, poiché è proprio negli anni Settanta che si registra l’uscita di film a tematica LGBT ed esattamente in seguito ai moti newyorkesi di Stonewall, i quali sono stati ben documentati da parte dei militanti gay in questione.
Nel suddetto periodo v’è anche da annoverare il thriller sociale di Sidney Lumet, ovvero Quel pomeriggio di un giorno da cani, che vede un Al Pacino avere una amante transessuale.
Ciò nonostante, però, i vecchi cliché non sono completamente spariti. Infatti, in ‘Cruising’ (pellicola degli anni Ottanta) un assassino spietato cerca le sue vittime nei locali leather.
Da non tralasciare neppure che in questo infausto periodo v’è come sottofondo un tragico scenario epidemiologico, ovvero quello dell’AIDS la cui esplosione ha contribuito pure a far cadere ogni tabù sulle presunte scelte sessuali;
smascherando del tutto finti latin lover e svelando così molti retroscena di attori omosessuali (come ad esempio la vita di Rock Hudson morto successivamente proprio a causa dell’Aids). E sempre in merito all’avvento dell’AIDS , Hollywood ha propriamente realizzato il celeberrimo film ‘a tema’ Philadelphia, interpretato da Tom Hanks; nelle vesti di un avvocato ammalato che combatte contro il pregiudizio ‘epidemiologico’.
Più recentemente – ed anche quindi nel nuovo millennio – l’AIDS torna in scena con The Hours, che è interamente costruito su tre infelici personaggi femminili dalle connotazioni gay o bisessuali correlati alla scrittrice Virginia Woolf.
Nel nuovo millennio ritroviamo di forte ‘eco’ mainstream le pellicola di Dallas Buyers Club (film del 2013, in cui si racconta la storia di un sieropositivo che si batte per recuperare le medicine, aiutando sostanzialmente i malati di Aids); The Imitation Game (pellicola del 2014, che narra dell’incriminazione come gay del grande matematico Turing) e infine The Danish Girl (pellicola del 2015 che narra la storia della prima persona transgender ad aver effettuato un intervento chirurgico per la rimozione del sesso).
Inoltre, con approccio più contemporaneo dei precedenti, va segnalato Bohemian Rhapsody (film del 2018 che narra la storia di Freddy Mercury, vocalist dei Queen e omosessuale).
Dal 2000 si assiste anche ad una crescente produzione di telefilm che affrontano questioni riguardanti il coming out, l’omosessualità adolescenziale e la piaga dell’AIDS.
Tra i vari film che trattano di omosessualità troviamo Queer as Folk (2000-2005), Tales of the city (remake, del 2019, della versione originaria del 1993) ,
The L World (2004-2009) e il sequel The L World: Generation Q; ed infine Pose (2018).
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