«Presumibilmente, / sembro un poeta di elevata rappresentanza / sebbene la mia insufficienza cardiaca / ha per virtù medica il libro “cuore”.»
Così si definisce in una delle sue poesie di avviamento lo scrittore Valentino Zeichen, che la Fazi Editore ha voluto ricordare a un anno dalla sua scomparsa con la raccolta antologica Le poesie più belle. Vincitore del premio Il Fiore e del Premio alla carriera nel 2015, è stato poeta quanto autore di romanzi.
La raccolta offre al lettore quasi un autore satirico. La satira, nel suo senso etimologico, si rispecchia nell’opera di Zeichen nella sua capacità di spaziare tra le singole venature del suo percorso di vita. Un percorso che tocca le sfaccettature dell’animo, l’amore, l’autoritratto, i luoghi che lo hanno forgiato. La raccolta così si presenta come divisa a fette, fette di poesie o brevi citazioni.
Ma chi è il poeta? Valentino Zeichen risponde: un uomo che abita «appena sopra il livello del mare / mentre la salute, la purezza, la ricchezza / e gli sport invernali / stazionano oltre i mille metri».
L’unica soluzione è cercare di carpire un po’ di quell’aria pura d’alta quota, di quei luoghi che può vedere solo in fotografia. Il poeta è la prima poesia della raccolta della Fazi, la prima che vede la sua investitura poetica, il suo sentirsi così, immerso in una realtà diversa da quella nella quale vorrebbe essere. E in questa realtà lui si muove e il lettore lo segue, cammina con lui, pagina dopo pagina. Se non fosse per questa asfissiante realtà probabilmente non sarebbe poeta.
E non sarebbe poeta se non fosse per le donne! Le figure femminili hanno un ruolo preponderante all’interno delle sue composizioni, figure che si mostrano in modo sempre nuovo. Come quelle che potrebbero essere definite pessime nel senso catulliano del termine, come la Lesbia decantata dal famoso poeta latino. Sono donne dispettose, che lui canzona in modo bonario. Ma questo poeta satirico vive anche amori struggenti. «Ho volutamente confuso le tue iniziali / nell’impasto di molti nomi / ma il lievito della memoria / le evidenzia in una sigla / che ancora mi abbaglia». La sua irriverenza si mesce così alla malinconia, e da questo scaturisce un sorriso affettuso, non amaro, per quanto le sue poesie tocchino talvolta i caratteri cupi dell’esistenza.
Il multiforme Zeichen si interessa poi dell’altra faccia dell’amore, l’amicizia. In realtà, è proprio nel nome dell’amicizia che si apre la raccolta, con la poesia che l’editore Fazi vuole ricordare in quanto a lui dedicata. Opera risalente al 2010, celebra le nozze di Elido Fazi e Alice, quest’ultima paragonata all’Alice famosa di Lewis Carroll. E ancora, il tema dell’arte nella sezione della Pinacoteca, il suo personale museo di artisti, che a mano a mano si muta in un museo interiore, con riflessioni al limite con il meta letterario.
Il ripiegamento interiore è solo un momento della vita di Valentino Zeichen. Lui vive il suo tempo, e per quanto non vissuto in piena coscienza, non può fare a meno di parlare di un evento di estrema importanza per i suoi familiari, e del quale visse inconsciamente una fetta. Ed ecco che prorompe nella sua poesia la Seconda Guerra Mondiale. Alla fine della guerra aveva solo cinque anni, ma nella sua raccolta c’è posto per tutto, anche per commenti sagaci nei confronti delle nazioni protagoniste.
Nel cammino in cui lo seguiamo, si arriva al rapporto con una donna speciale, di cui parla con estrema attenzione descrittiva: la donna Roma, la città dell’anima. Mai come in questa sezione la poesia riesce a immortalare, non solo i luoghi della storia, ma anche gli angoli finemente decorati dell’esistenza dello stesso Zeichen. Delicatissima la descrizione di Villa Adriana: «uno sguardo di congedo / sorprende un rampicante / che avvolge una colonna, / e giunto alla sommità / del capitello corinzio / ne soffoca l’ornato / di foglie d’acanto.». Di Roma, anche i grandi personaggi, come Gian Lorenzo Bernini, il cui nome nella poesia a lui dedicata riempie un verso intero, insieme alle sue date di nascita e morte, in modo inusuale collocate tra parentesi nel verso.
Inusuale è infatti il modo in cui Valentino Zeichen legge la poesia. Una poesia di grande stampo narrativo, quello che il poeta e saggista Valerio Magrelli ha definito «carattere anti-lirico e argomentativo». Una narrazione insaporita dalla sua audacia, come quando paragona il labor limae poetico al tagliarsi le unghie dei piedi: «È bene tenere le unghie corte / lo stesso vale anche per i versi; / la poesia ne guadagna in igiene / e il poeta trova una nuova Calliope / a cui ispirarsi: la musa podologa.» Il collegamento estremamente anticonvenziale rispecchia il suo sentirsi stretto nella vita in società, tanto da ribaltare i costumi in modo giocoso, e a suo vantaggio. Infatti, una figura che torna spesso nella sua poetica è quello dell’artista Marcel Duchamp, indimenticabile dadaista, che con il suo orinatoio ha stravolto il mondo dell’arte. L’io lirico di Valentino Zeichen è anche un po’ un personaggio archilocheo quando afferma «ai gradi militari / ho preferito quelli alcolici».
La poesia ha salvato Valentino Zeichen, e grazie a questa raccolta Valentino Zeichen può ancora salvare i suoi lettori.
Il poeta ci insegna: «Se la linea / della tua vita / nella mano / ti pare breve / tu allungala con la matita / e chissà? che l’innesto / non riesca».