Market Action: Intervista a Connie Dentice. Azioni contro lo sfruttamento degli animali negli allevamenti del territorio partenopeo.
Connie Dentice, attivista e fondatrice di “Animal Save Napoli“, gruppo antispecista che lotta contro la cultura carinsta, ci spiega in cosa consiste la sua nuova azione “Market Action” in un’intervista in cui scioglie molti dubbi per chi non conosce questo tipo di attivismo e che fa profondamente riflettere sulle condizioni che gli animali sono costretti a subire all’interno degli allevamenti intensivi, ma che mette alla luce tutti i problemi sociali legati ad esso.
Market Action. Intervista a Connie Dentice
Com’è nato il progetto “Napoli Animal Save” e l’attenzione verso l’attivismo?
Sono vegana e dal mio impegno contro l’antispecismo ho avuto la sensazione di dover fare di più, in un certo senso di agire, così ho trovato una manifestazione di attivisti fuori un macello a Roma e sono partita. Sul posto parlando con i fondatori di altre associazioni d’Italia ho notato che a Napoli non ne esisteva ancora una, così tornata a casa, dal nulla e indipendentemente ho fondato “Napoli Animal Save”, il quale si è ingrandito fino ad incorporare tante altre persone. Abbiamo manifestato sul territorio davanti a macelli, come quello di Agerola, a fiere, zoo e anche davanti a circhi. Voglio specificare che il nostro è un tipo di attivismo pacifico, si ispira ai principi della non violenza, non offendiamo e non usiamo parole come “vergogna” o “assassini”. Credo però che ci sarà un cambiamento verso una direzione più rivoluzionaria, poiché si tende a percepire le azioni non violente come inefficaci, quindi questo linguaggio pacifico dovrà trasformarsi in una voce più forte, arrabbiata… ci interroghiamo sul perché i toni arrabbiati vengono condivisi se si parla di sessismo, razzismo e omofobia e non quando si parla dei diritti degli animali. C’è un double standard, delle prime cause si può parlare con toni arrabbiati (come giusto che sia), con i diritti degli animali guai a porsi con toni più forti. Eppure lo specismo è alla base di tutte le altre discriminazioni.
Cos’è e in cosa consiste “Market Action”?
“Market Action” è una manifestazione di attivismo contro la cultura carnista, in cui chiunque può partecipare. Basta munirsi di bigliettini con frasi che esortino al veganismo e che facciano riflettere sulla sofferenza dell’animale, lasciarli nel banco della carne o del pesce, delle uova o del latte in un supermercato a vostra scelta. Ha avuto un riscontro inaspettato, hanno partecipato persone in tutta Italia, ma anche in tutta Europa, è stato un risultato molto importante per noi.
Perché parlare di cultura carnista? Spiegaci meglio questo concetto, in che cosa consiste e come avviene
La cultura carnista deriva da una struttura sociale che ci porta a dare per scontato un prodotto che non deve essere considerato come tale. Noi antispecisti vogliamo abolire la schiavitù animale e impedire che l’antropocentrismo umano si ponga al di sopra dell’animale, perché loro sono con noi. Ti leggo una parte di un libro di Melanie Joy– “Perché amiamo i cani, mangiamo i maiali e indossiamo le mucche. Un’introduzione al carnismo e un processo alla cultura della carne e alla sua industria”: “Molti di noi inorridiscono al solo pensiero che a tavola ci possano servire carne di cane o di gatto. Il sistema di credenze alla base delle nostre abitudini alimentari si fonda infatti su un paradosso: reagiamo ai diversi tipi di carne perché percepiamo diversamente gli animali da cui essa deriva. In modo inconsapevole abbiamo aderito al carnismo, l’ideologia violenta che ci permette di mangiare la carne solo “perché le cose stanno così”. L’autrice analizza le motivazioni psicologiche e culturali di questa “dittatura della consuetudine” e della sua pervasività; di come, attraverso la rimozione, la negazione e l’occultamento dell’assassinio di miliardi di animali, il sistema in cui siamo immersi mantiene le nostre coscienze oscurate, fino a persuaderci che mangiare carne più volte al giorno sia naturale, normale e quindi necessario. Noi ci battiamo affinché ci sia una totale abolizione del consumo di carne, è questo il nostro impegno sociale.
Cosa ne pensi delle Happy Farms o dei piccoli allevatori/contadini che cercano di rispettare l’animale al momento della sua morte?
Per quanto riguarda i piccoli allevatori o i contadini, anche loro seppure in piccola parte non riescono a rispettare in toto la dignità dell’animale. Ripeto che per me nessuno dovrebbe arrogarsi il diritto di uccidere un altro essere vivente e neppure pagarlo per fare questo, molti contadini o piccoli allevatori devono rispettare tempi, ovvero la richiesta del mercato facendo accoppiare l’animale più volte fino allo sfinimento. Ci sono tante piccole realtà in cui la macellazione non avviene all’interno degli allevamenti stessi ma all’interno del macello regionale che poi fornisce i vari allevatori. tutto questo non ha a che fare solo con gli animali ma racchiude problemi sociali di tutti i generi. Negli allevamenti intensivi c’è il più alto tasso di ricambio lavorativo poiché è estenuante lavorare in un ambiente in cui si vede la morte tutti i giorni, in cui si sentono le urla degli animali che soffrono. Solitamente la maggior parte dei lavoratori in questo ambiente sono immigrati o persone che non hanno possibilità lavorative e che molto spesso per sopperire alla tortura che vivono quotidianamente fanno uso di droga o alcol. Quindi vedi che alla base ci sono così tante questioni sociali da affrontare che il tema diventa più profondo e denso di quello che sembra. Considera che la lobby carnista è quella più potente al mondo, superiore a quella delle banche.
Perché esorti al veganismo come unica soluzione alla lobby della carne?
Il veganismo rappresenta la soluzione al problema perché apporta tanti benefici non solo a livello salutare ma anche a quello sociale. Ovviamente al momento c’è il problema della scelta tra lobby carnista e quella vegana, sono consapevole che alcuni prodotti vegani costano molto, ma anche un prodotto di origine animale definito biologico costa di più. Allo stesso tempo una famiglia di 4 persone può tranquillamente andare dal fruttivendolo per trovare i prodotti che gli servono senza dover spendere troppo. Io però sostengo che il veganismo non debba diventare una questione di ceto borghese ,non deve appartenere all’elite ma al popolo, al bene comune . Questo tipo di alimentazione offre anche delle soluzioni importanti nei confronti del pianeta e dell’ambiente; un allevamento intensivo ha bisogno di tante risorse idriche e di materie prime che andrebbero nel complesso a sfamare più di dieci regioni dell’Africa. Noi abbiamo svolto delle azioni concrete a questo proposito, ad esempio in un ristorante del quartiere sanità di Napoli abbiamo riscritto il menù veganizzando la pizza fritta. E’ tutto possibile se i cambiamenti vengono accolti e abbracciati, noi vogliamo l’abolizionismo della schiavitù animale e delle disparità sociali.
Immagini: pagina Facebook di Napoli Animal Save