Mondo del lavoro e innovazione, competenze informali e riconoscibilità

Mondo del lavoro e innovazione

Si potrebbe dire che le competenze informali e la riconoscibilità sono elementi fondamentali su cui si sta incentrando l’evoluzione e l’innovazione del mondo del lavoro negli ultimi anni. Ma cosa significa?

Quando si parla di innovazione bisogna tenere in considerazione anzi tutto un passaggio: c’è sempre un momento in cui avviene qualcosa di nuovo che, per un determinato arco di tempo, non riesce ad essere incanalato nei vecchi modelli e quindi viene considerato semplicemente diverso, spesso inadeguato.

Oggi il dibattito sul cambiamento del mondo del lavoro sembra avere al centro due macro temi che sono le competenze informali e la riconoscibilità.

Per competenze informali si intendono quelle competenze che non sono state apprese attraverso o grazie a metodi di formazione standard – che siano queste un vero e proprio saper programmare, editare, disegnare o progettare, siano queste invece competenze cosiddette relazionali, umane, o anche dette soft skills.

Quando si parla di riconoscibilità invece si intende il sempre maggiore bisogno delle nuove generazioni – e riconoscimento da parte del mercato del lavoro – di quella che è l’esigenza dell’individuo di identificarsi nelle proprie azioni, anche sul lavoro. La ricerca quindi è sempre rivolta verso qualcosa che possa apportare un miglioramento della propria qualità della vita in base ai propri valori – anagramma di lavori – e sempre meno in base a qualcosa a cui in qualche modo semplicemente ci si abitui.

Il mondo del lavoro sta andando sempre di più nella direzione di non etichettare le persone in base alle competenze formali e di riconoscerle invece sempre di più per le competenze informali e per il loro essere olistico. Al di là di quelle che possono essere delle resistenze di vario genere e nei diversi settori, questo trend è qualcosa che fa comprendere che valorizzare le proprie attitudini e caratteristiche può fare la differenza nel trovare la propria dimensione anche lavorativa, e che quindi, come spesso accade, non necessariamente la vita lavorativa debba intaccare ciò che accade nella vita privata, e viceversa.

Mondo del lavoro e innovazione: competenze informali e trasferibilità

Riccarda Zezza, nel suo ultimo libro – C(u)ore business – parla proprio della contaminazione tra vita privata e lavoro e di quanto invece tra le due dimensioni l’una possa essere di supporto all’altra. Lei fa riferimento in particolare a quelle abilità, quelle competenze informali, che si maturano svolgendo il ruolo di madre, figlia, moglie o caregiver, ad esempio, e di come queste possano essere utilizzate per migliorare il proprio lavoro – ma anche della capacità di gestire il conflitto, le relazioni tra gruppi e tra vari interessi (maturate nel mondo del lavoro) come abilità che possano avere un ruolo cruciale all’interno della famiglia e delle proprie relazioni personali.

Goleman, pur non essendo stato il primo a parlarne, pubblica nel 1995 Intelligenza emotiva, facendo scuola nel campo di quelle abilità meno tecniche ma più relazionali e supportate in qualche modo dalle emozioni, mettendo quindi sul dibattito internazionale il valore di un’intelligenza che vada al di là del QI e di tutto ciò che possa essere ad esso connesso. Si inizia a parlare di competenze emotive, quelle che riescono ad allineare sentimenti, volontà, comportamenti, e che sono quelle che alla fine dei conti portano una persona, una famiglia, un’azienda dove vuole arrivare.

Oggi si parla anche di intelligenza spirituale, ma – a proposito di innovazione nel mondo del lavoro e dei concetti che si accennava all’inizio di quest’articolo – prima ancora che si formalizzassero questo tipo di conoscenze l’umanità le metteva già in pratica.

Quello che sta avvenendo nel mondo del lavoro è sicuramente un momento di grande transizione in virtù di una sempre maggiore consapevolezza riguardo questi temi, anche se è innegabile che ci siano non solo delle resistenze – come per ogni trasformazione – ma anche delle vere e proprie incompatibilità: come tra chi ha deciso di vivere la propria vita nell’ottica del miglioramento della qualità della stessa, e grandi aree del sistema lavoro che in qualche modo di fatto limitano gli strumenti che possono essere messi a disposizione a tal fine.

Competenze informali: innovazione e resistenze

Anche Zezza sottolinea nel suo libro come spesso le competenze informali, quelle famose abilità “alternative”, vengano tagliate fuori dal mondo del lavoro poiché non risultano perfettamente allineate con gli schemi delle aziende, che il più delle volte perdono l’impatto maggiore che i lavoratori potrebbero apportare alle stesse. Si tratta, ad esempio, delle madri che spesso vengono tagliate fuori e non hanno la possibilità di portare in azienda le abilità maturate nel ruolo di mamma, o di chi per motivi personali ha un vuoto all’interno del CV, che magari viene mal visto, ma all’interno del quale siano state maturate delle competenze e delle consapevolezze fondamentali.

Ma ancora succede dove lavoratori con competenze trasversali e idee che vanno un po’ al di là delle politiche aziendali siano costretti a scegliere, dovendo rinunciare al lavoro o – almeno momentaneamente – a quelle idee un po’ diverse (che magari 1. risultano per lo stesso più entusiasmanti, 2. potrebbero potenzialmente avere ritorno positivo sull’azienda e 3. potrebbero migliorare il proprio percorso di crescita lavorativa e professionale).

Hanno il loro impatto poi chiaramente tutte quelle realtà che fanno fatica ad adeguarsi alla transizione ecologica, le tipologie di contratto e banalmente sistemi di educazione e formazione molto spesso fallimentari.

C’è da dire però che, provando ad allargare un po’ lo sguardo sull’andamento del mercato del lavoro e ponendo attenzione con cura su quelle che sono le proprie abilità e priorità, è possibile scorgere delle opportunità per creare la propria inversione di marcia.

A testimoniare quanto detto il fatto che, in maniera trasversale, dei cambiamenti in virtù di una sempre migliore relazione tra ciò che è innalzamento della qualità della vita e l’ottica lavorativa – e non solo – si stiano verificando.

Segnali di innovazione nel mondo del lavoro

È il caso del mondo della formazione – che fa innovazione – con l’introduzione all’interno del mercato di percorsi non formalizzati, ondata che inevitabilmente ha un impatto anche sull’adeguamento dei sistemi formativi in generale. In particolare, per quanto riguarda i sistemi di educazione e formazione questi sono sempre più contaminati da strumenti flessibili e progetti che prevedono il coinvolgimento dei ragazzi in esperienze che vanno al di là del percorso didattico – anche qui sul lungo periodo (sempre in un’ottica di innovazione) è possibile avere un riscontro positivo anche su quelli che sono i sistemi di formazione standard come li conosciamo, che attualmente hanno tanto su cui lavorare (…)

Un altro fattore di non poco interesse è la direzione politica presa anche nell’ambito dell’Unione Europea con quelli che sono i programmi di finanziamento che si pongono come obiettivo, oltre ad una serie di interventi coerenti con i macro obiettivi dell’agenda 2030 (con i quali comunque spesso ci si sovrappone), la creazione di opportunità di viaggio, di formazione, stage, scambi culturali – ad esempio – promuovendo proprio la costruzione delle famose competenze informali. Si consideri anche il fatto che l’Unione Europea spinga anche per una sempre maggiore contaminazione tra mondo delle competenze STEM e non STEM, cercando di non tagliare fuori dall’accesso al lavoro nei rispettivi ambiti chi è alla ricerca di nuove opportunità.

Si tratta di elementi che, insieme a tantissimi altri che stanno emergendo, si pongono come strumenti fondamentali per l’empowerment giovanile, e non solo, lasciando ad ognuno una vasta discrezionalità nella creazione di un personalissimo percorso di educazione, formazione, crescita, ma anche professionalizzazione – talvolta partendo proprio da quelle che sono le proprie abilità, caratteristiche ed attitudini – che possa essere funzionale alla creazione di un progetto di vita e lavorativo coerente con i propri valori personali.

Ecco perché probabilmente – e forse anche banalmente – la chiave per affrontare il dibattito sull’equilibrio tra lavoro e vita privata sia partire dalla propria idea di equilibrio e qualità della vita, per poi poterla incanalare all’interno di un sistema fatto di competenze e strumenti in grado di innescare un circolo virtuoso – cioè partire dalle proprie abilità, caratteristiche ed attitudini per costruire la propria idea di vita e lavoro… e smettere di combatterle!

Fonte immagine “Mondo del lavoro e innovazione, competenze informali e riconoscibilità”: Pexels

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