Progetto Happiness di Giuseppe D’Angelo: scoprire la felicità

Che cos’è la felicità?: è una domanda che almeno una volta nella vita tutti gli esseri umani si pongono.
Giuseppe Bertuccio D’Angelo se l’è chiesto ed ha deciso di rispondere non con un punto di vista unico, fisso ed immutabile, o con la sua visione personale e probabilmente eurocentrica, ma andando in giro per il mondo dando voce a culture e paesi inascoltati e alcune volte, sconosciuti. Progetto Happiness di Giuseppe d’Angelo nasce quindi come una sfida del giovane di dare forma al mistero della scoperta della felicità, per far luce su punti di vista che vanno oltre i confini geografici.

Progetto Happiness di Giuseppe D’Angelo sfida costrutti di lingua, confini e tradizioni, esplorando usanze e costumi sconosciuti e creando strade e ponti tra diversi popoli. Il giovane Giuseppe esce dalla sua zona di confort, già nel 2014, dopo aver terminato la sua carriera universitaria. Decide, quindi, di coronare il suo sogno: fare il giro del mondo.
Con lo zaino in spalla esce dalle sue barriere mentali e riesce a guardare quel panorama che aveva esplorato in lungo ed in largo con occhi nuovi, curiosi di sapere di più e soprattutto di vivere in un mondo all’altezza dei suoi sogni. Dopo aver affrontato il
Triathlon più duro al mondo, l’Ironman, documentando il tutto su social come YouTube ed Instagram, riesce a tagliare il traguardo, vedendo nella condivisione un modo per rendere partecipi ed ispirare altri.
Giuseppe però non è ancora
sazio: ha esplorato il mondo, ha conosciuto varie culture e ha arricchito sé stesso, però vuole di più, vuole conoscere e far conoscere la felicità dov’è questa non è mai scontata, soprattutto quando si vive in contesti difficili e poveri. Inizialmente, il suo viaggio prevede mete “mainstream”, visitando luoghi più ricchi e soprattutto intervistando personaggi, costellati dal successo, denaro e ammirazione, dov’è scontato ci sia la felicità.
Decide, in secondo luogo, di andare nei luoghi più oscuri e poveri per cercare quel tanto ambito sentimento senza la sicurezza di trovarla. Visita varie tribù,
dall’India al Kenya, all’Iraq e alla Mongolia, per scoprire che talvolta la felicità è più facile da raggiungere rispetto a quanto si pensi: la si può trovare negli ecosistemi naturali, negli animali, nella spiritualità e nella vita ultraterrena, scoprendo quella collettiva dell’Oriente che contrasta nettamente la felicità individualista occidentale.

Scopriamo insieme il Progetto Happiness di Giuseppe D’Angelo e i suoi video più significativi e interessanti per comprendere il costrutto di felicità

Vivere come un bambino adottato a distanza in Kenya
Giuseppe vola in Kenya con la collaborazione di Action Aid, nella contea di Embu, per trascorrere 48 ore con Alex, un bambino di 12 anni adottato a distanza. Tra i video di Progetto Happiness di Giuseppe D’Angelo questo ci fa comprendere quanto, in realtà, la felicità stia nelle cose semplici, sotto i nostri occhi, tanto abituati al lusso e al voler sempre di più che, molto spesso, neanche ci accorgiamo quanto essa sia presente in ogni aspetto della vita. Alex mostra la sua quotidianità a Giuseppe, la scuola, un pranzo frugale di una zuppa fagioli e mais che viene definito come “il più buono del mondo”, la sua casa, la sua famiglia ed i suoi giochi. Il bambino si sente grato per avere “due mamme”, una in Italia che lo aiuta economicamente permettendogli di andare a scuola, e quella biologica, che gli da amore e protezione. La felicità per Alex significa aiutare gli altri, il suo sogno è quello di diventare un leader, proteggere i diritti dei più piccoli e deboli e che tutti siano al sicuro.

La storia dei bambini operai nel Fast Fashion in Bangladesh     
Progetto Happiness di Giuseppe D’Angelo fa sì che la nostra prospettiva sul mondo cambi: un video d’esempio è sicuramente quello girato in Bangladesh, dove Giuseppe si interfaccia con realtà che in Occidente ci sembrano del tutto antitetiche: i bambini ed il lavoro. Dietro i capi super economici che acquistiamo online, si nascondono storie di bambini che sono costretti, a causa di mancanze economiche, a lavorare con un salario bassissimo nelle fabbriche in condizioni disumane e con turni estenuanti. L’industrializzazione ha portato ad un aumento della richiesta dei lavoratori: i proprietari delle grandi multinazionali iniziano ad assumere anche i più giovani che, nelle concerie, lavorano con piedi scalzi immersi in materiale tossico, costretti a respirare sostanze nocive come il mastice. Action Aid, con cui Giuseppe collabora, riesce a garantire a molti di questi bambini uno spazio sicuro, “l’Happy Home”, dove il giovane ha l’opportunità di incontrare tutti coloro che trovano la felicità nelle piccole cose: disegnare, giocare, cantare.

Fonte Immagine: Logo del progetto

 

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