Negli ultimi anni la marcia silenziosa delle Scarpe Rosse è divenuta il simbolo della lotta contro i femminicidi e la violenza sulle donne, in Italia e nel resto del mondo.
La storia delle Scarpe Rosse ha origine in Messico, più precisamente a Ciudad Juárez, soprannominata come “la città che uccide le donne” a causa del numero elevato di sparizioni e omicidi di giovani donne avvenuti nell’impunità più totale. Le vittime sono per lo più studentesse di scuole tecniche e lavoratrici, in fuga dalla miseria e accorse in massa per lavorare nelle Maquiladoras, stabilimenti industriali di proprietà di multinazionali statunitensi, situati in zone periferiche del territorio messicano e specializzati nell’assemblaggio di prodotti. Tali fabbriche sono nate in seguito all’entrata in vigore del NAFTA (1994), l’accordo nordamericano di libero scambio fra Stati Uniti, Canada e Messico. Le Maquiladoras sono note per lo sfruttamento della manodopera femminile, le scarse condizioni di sicurezza e la discriminazione di genere che avviene al loro interno. Essendo situate in zone periferiche desolate, le donne che vi si recano a lavorare sono divenute le vittime predilette della terrificante guerra tra bande di narcotrafficanti per il controllo del traffico di sostanze stupefacenti.
Il progetto delle Scarpe Rosse
In questo cupo contesto nasce l’installazione Zapatos Rojos, in italiano “scarpe rosse”, il progetto d’arte pubblica e relazionale dell’artista messicana Elina Chauvet, nato nel 2009 per denunciare i numerosi femminicidi e sparizioni avvenute a Ciudad Juárez dagli anni ’90 fino ad oggi. È in questa città che viene definito per la prima volta il termine “femminicidio“, col quale si indica l’uccisione di una donna in quanto tale, ovvero a causa del suo genere, e che sottintende un problema strutturale della nostra società che necessita di essere riconosciuto e affrontato al più presto.
L’idea del progetto delle Scarpe Rosse nasce a partire da un’esperienza dolorosa e personale dell’artista, ovvero il femminicidio della sorella Julia avvenuto per mano del compagno, nel 1992, proprio nella città di frontiera messicana. Il grido di denuncia per il tragico assassinio della sorella, grazie alla sua arte, si è però trasformato in una rivolta mondiale per un dramma che riguarda tutti noi. La prima installazione dell’artista Chauvet, avvenuta nel 2009, consisteva in 33 paia di scarpe rosse ordinate lungo una strada di Ciudad Juárez, in modo da tracciare il percorso di una silenziosa e dolorosa marcia di donne assenti, scomparse a causa di una brutale violenza sistemica e di un sistema giudiziario e politico fallimentare.
Il successo del progetto
L’installazione delle Scarpe Rosse ha avuto un’eco fortissima in tutto il Messico e successivamente anche nel resto del mondo, dove è stata più volte replicata, tanto da diventare un vero e proprio simbolo. Il progetto, infatti, pur essendo legato alla realtà locale di Ciudad Juárez, presenta anche una dimensione globale, in quanto tratta di un problema diffuso internazionalmente: la violenza di genere. Ogni 25 novembre, data della “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne”, sono centinaia le piazze italiane che si riempiono di Scarpe Rosse vuote, che con la loro immagine fortemente evocativa dirigono l’attenzione verso un fenomeno di fronte al quale non si può più essere indifferenti.
Basandosi esclusivamente sul supporto di comunità provvisorie che si generano in giro per il mondo, il progetto delle Scarpe Rosse è divenuto negli anni un motore di aggregazione e azione sociale, che utilizza l’arte per combattere il silenzio e denunciare.
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