Sinéad O’Connor, il cui nome di battesimo è stato cambiato all’anagrafe, nel 2017, in Magda Davitt e successivamente nel 2018 in Shuhada’ Davitt è stata una cantautrice irlandese, la cui voce delicata e soave è riuscita ad emozionare chiunque l’abbia ascoltata. Un’artista che nata dalle ceneri del dolore che ha passato e di cui ha a lungo sopportato le profonde cicatrici, il 26 Luglio 2023 è venuta a mancare all’età di cinquantasei anni; la sua musica ha cambiato i dettami dell’industria musicale, la sua ardente impavidità ha colpito nel segno i suoi ascoltatori.
Figura che racchiude tutte le caratteristiche del classico artista che scrive per se stesso e non per soddisfare il mercato musicale, non mira ad accontentare il pubblico, ma sarà esso stesso in grado di immedesimarsi davvero; questo è possibile solo se si è passati per lo stesso sentiero che ha dovuto affrontare lei stessa nei giorni bui della sua esistenza. In ogni brano, Sinéad O’Connor lascia un frammento di sé, come una firma vocale sulle parole e le note dei suoi brani, che siano essi scritti da lei o cover di autori a lei affini.
Il suo nome veniva spesso accostato alla celebre cover di Prince, Nothing compares 2 u; infatti, si può dire che il titolo del brano venga attribuito più alla sua figura che a quella di Prince stesso. La ragione risiede non soltanto nella sua magistrale interpretazione del pezzo, a cui viene data una connotazione più docile, un’armonia simile ad una ninna nanna, dove la batteria è presente ma accompagna lentamente la sua voce attraverso la melodia, creando un atmosfera quasi paradisiaca. Era proprio quello il suo scopo, la cantante ammette di aver reinterpretato la canzone in onore della madre, da cui da bambina fu segnata profondamente a causa di abusi e violenze fisiche, ma verso cui, nonostante ciò, ha sempre provato affetto; il suo desiderio era quello di riabbracciarsi in paradiso.
Un ulteriore riadattamento musicale degno di nota è All Apologies, brano scritto da Kurt Cobain per i Nirvana, che viene da lei interpretato in maniera sublime. La sua voce delicata, ma al contempo fiera, rende perfettamente il significato di questa canzone, ossia «porgere tutte le mie scuse per essere ciò che sono». Nel caso di Kurt Cobain, egli si riferisce alla moglie ed al matrimonio che è al tempo stesso il suo destino ma anche la sua condanna: «Married married married, buried» recita il verso di Kurt, che anela ad una libertà spirituale, contrariamente alla versione di Sinéad O’Connor, la quale pone l’accento più sulla seconda parola, «buried» (sepolta).
Drink Before the War, uscito nel 1987, è un brano scritto ed interpretato da Sinéad O’Connor e parla di una persona che in momento di guerra non agisce, non fa nulla per proteggere gli indifesi e calmare le acque. Della canzone ricordiamo in particolare: Nothing we can say will make you see (…) You say, Oh, I’m not afraid, it can’t happen to me. Qui, Sinéad O’Connor affronta il tema dell’inettitudine, caratteristica di coloro che, pur avendo tutto quello di cui hanno bisogno, si rifiutano di fare un passo avanti per migliorare se stessi.
Ah, somebody cut out your heart, you refuse to feel. And you live in a shell, You create your own hell. Nonostante le azioni autodistruttive che inesorabilmente compie il soggetto della canzone, lei crede ci sia sempre la possibilità di fare marcia indietro “you dig your own grave, yeah , but it’s a life you can save“
Mandinka è un brano di Sinéad O’Connor che si discosta da tutti gli altri; l’artista si ispirò infatti alla cultura tribale ed ai suoi caratteristici canti africani. Il nome della canzone deriva dalle “West African people“: il ritmo è allegro e ricorda quello delle loro canzoni culturali; inoltre, all’interno sono presenti riferimenti ad alcuni riti e celebrazioni di questo gruppo etnico, ma il significato della canzone è poco chiaro. Sicuramente, una prima lettura lascia intendere il significato di superficie, ossia che il testo faccia appello al raggiungimento dell’orgoglio personale mantenendo le proprie radici. I don’t know shame. I feel no pain, I can’t see the flame, But I do know Mandinka.
Ricorderemo per sempre i suoi testi e la profonda sensibilità con cui riusciva a raccontarsi ogni volta, quella stessa sensibilità che inizialmente la rendeva fragile, ma che si è dimostrata essere la sua arma potente, in grado di toccare il cuore dell’animo umano.
Fonte Immagine in evidenza: copertina dell’album I Do Not Want What I Haven’t Got, YouTube