Dolci di natale napoletani, quali sono quelli della tradizione? No, non c’è la pastiera!
Dolci di Natale napoletani, ovvero la tradizione: roccocò, susamielli, divino amore, strùffoli, cassatina napoletana e altri. Quante gustose leccornie! La loro fragranza si accompagna al suono delle zampogne e alle luci intermittenti dell’albero di Natale. Da sempre, dal primo Natale della propria fanciullezza che si ricordi, questi dolci rinnovano nei napoletani il sapore dell’eterno ritorno, di quelle piccole certezze gastronomiche che restano immutate nel tempo. E in casa devono assolutamente esserci, bisogna assaggiarli, almeno per devozione.
Proprio nel vederli da sempre sulla tavola, molti partenopei non hanno mai avuto la curiosità di conoscere l’origine di questi dolci, spesso confondendone anche i nomi. Ecco, allora, una presentazione dei principali dolci di Natale napoletani.
Dolci di Natale napoletani, i magnifici 7
Il più duro dei dolci di Natale napoletani, a base di mandorle, farina, zucchero, canditi e spezie varie. Per chi non ha buoni denti conviene spugnarlo con vino o spumante, o mettersi lì con santa pazienza a spuzzuliarlo, cercando di non rimetterci un dente. La preparazione più antica dei roccocò pare risalga al 1320, per mano delle monache del Real Convento della Maddalena, a Napoli. Il nome “roccocò” sembra sia un’alterazione della parola francese rocaille (conchiglia, guscio), per via della forma simile a una conchiglia arrotondata.
Sono i più amati tra i dolci di Natale napoletani. Si tratta di piccole palline a base di farina, uova e burro, fritte e poi ricoperte di miele, canditi e riavulilli (confettini colorati). Ogni casa napoletana custodisce il proprio segreto dello strùffolo: ricette tramandate da generazioni, ancor meglio se ereditate da una zia monaca, perchè pare che un tempo gli strùffoli venissero preparati nei conventi e portati in dono a Natale alle famiglie nobili che si erano distinte per atti di carità. Probabilmente sono stati portati a Napoli dai Greci, ai tempi dei primi insediamenti partenopei: il nome deriva per assonanza da strongulos (arrotondato) pristòs (tagliato), ovvero (palline) rotonde tagliate.
Italianizzati come “mustaccioli”, sono i dolci di Natale napoletani preferiti dai bambini, ricoperti di glassa di cioccolato e fatti di pasta morbida dal sapore di miele e frutta candita. Figli più di altri della cultura contadina – perchè semplici e nutrienti – i mustacciuoli si mantengono saporiti per molti giorni, per questo in epoche passate erano considerati i biscotti da viaggio per eccellenza. Il nome dei mustacciuoli è legato all’uso nelle antiche ricette contadine del mosto (dal latino mostacea), con il quale venivano preparati per essere più dolci. Già nel De Agricoltura di Catone si parla dei “mustacei”, dolci a base di farina, mosto, anice, cumino, grasso, alloro. E Bartolomeo Scappi, cuoco personale di Papa Pio V, nel suo ‘pranzo alli XVIII di ottobre’ riporta la ricetta dei mustacciuoli napoletani come Dolci per Natale.
Susamielli
Dalla caratteristica forma a S, si preparano con farina, zucchero, mandorle e miele, aromatizzati con cannella, pepe e noce moscata. L’origine dei susamielli potrebbe risalire alle focacce rituali confezionate nell’antichità in onore di Demetra e Core, le grandi divinità dei Misteri Eleusini. Erano dolci di sesamo e miele (sesamon e mel) portati in omaggio al grande santuario. Altra ipotesi vuole invece che il nome sia dovuto alla forma tipica di questi dolcetti: la S dell’antico Monastero della Sapienza dove venivano confezionati dalle monache. Infatti a Napoli i susamielli vengono chiamati anche “sapienze”. Che buoni questi dolci di Natale napoletani!
Curiosità. In un documento ufficiale del Regno di Napoli del 1509 è riportata la proibizione di fare taralli e susamielli: a causa della carestia, la farina doveva essere utilizzata solo per fare il pane. Un’altra curiosità ancora: utilizzare l’appellativo: “Sei un Susamiello”, non è affatto un complimento e, forse per la durezza e secchezza del biscotto, nel lessico tradizionale si indica una persona pesante e seccante.
Paste di mandorla di varie forme e dai delicati colori pastello (rosa, verde e giallino), trovano origine nei conventi napoletani, preparati con mucchietti di paste di mandorle sistemati su un’ostia tagliata e usata come base. L’origine del nome “pasta reale” pare risalga all’epoca di Re Ferdinando IV di Borbone. Si racconta che un giorno il Re si recò in visita al convento delle suore di San Gregorio Armeno (nel centro storico di Napoli). Dopo aver visitato la cappella e il convento fu accompagnato nel refettorio, dove su un grande tavolo era preparato un buffet in cui facevano bella mostra aragoste, pesci arrostiti, polli e fagiani, oltre a della splendida frutta. Il Re Ferdinando aveva già pranzato, ma le suore insistettero per fargli assaggiare qualcosa. Il sovrano fu piacevolmente sorpreso quando si accorse che tutto quel ben di Dio non erano altro che dolci efficientemente raffigurati con l’impiego non di creta ma di pasta di mandorle, e meticolosamente dipinti a mano.
Raffaioli
Italianizzati come “raffiòli”, anche questi sono tra i dolci natalizi più popolari a Napoli, a base di farina, zucchero, uova e confettura di albicocche, ricoperti di glassa bianca. Oltre al raffaiolo semplice esiste la variante del raffaiolo a cassata, più morbido e gustoso: contiene infatti ricotta, cedro candito e gocce di cioccolato fondente. Il termine “raffaiolo” è quasi certamente di origine spagnola. Che buoni sti dolci di Natale napoletani!
Questo dolce venne preparato per la prima volta dalle monache del convento del Divino Amore a Spaccanapoli, in onore della madre di Carlo II d’Angiò. A base di mandorle, zucchero, uova, canditi misti e confettura di albicocche, esternamente sembrano assomigliare ai raffaioli, ma non c’è da confondersi: i divino amore sono rigorosamente rosa!
Dolci per Natale nel resto d’Italia, quali sono i più famosi?
Dopo aver visto i dolci di Natale napoletani, passiamo a quelli più in auge nel resto d’Italia.
-
Panettone: il panettone è un dolce tipico di Milano, a base di farina, burro, uova, zucchero e lievito, con l’aggiunta di uvetta e canditi. È un dolce alto e rotondo, solitamente servito tagliato a fette e spolverato con zucchero a velo.
-
Pandoro: il pandoro è un dolce tipico di Verona, a base di farina, burro, uova, zucchero e vaniglia. Ha la forma di una stella a otto punte e viene solitamente servito tagliato a fette e spolverato con zucchero a velo.
-
Pangiallo: il pangiallo è un dolce tipico della tradizione romana, a base di farina, uova, miele, cioccolato e spezie. È solitamente servito a fette e accompagnato da vin santo o altro vino dolce.
-
Torrone: il torrone è un dolce a base di miele, zucchero e mandorle, solitamente preparato in diverse varianti a seconda delle regioni d’Italia. Esistono versioni dure e croccanti, come il torrone di Cremona, e versioni più morbide, come il torrone di Benevento.
-
Biscotti di Natale: durante le festività natalizie in Italia vengono preparati anche diversi tipi di biscotti, come i cantucci, i biscotti alle mandorle, i biscotti al vino cotto e i biscotti di Natale decorati con glassa e confettini.
- Pitta ‘nchiusa: la pitta ‘nchiusa è un dolce tradizionale calabrese, preparato durante le festività natalizie. È realizzato con una sfoglia sottile a base di farina, olio d’oliva e vino bianco, farcita con un ripieno ricco di noci, uvetta, miele e aromi come cannella e chiodi di garofano. Una volta farcito, l’impasto viene arrotolato e disposto a spirale o in altre forme decorative. Dopo la cottura, assume un colore dorato e un aroma inconfondibile. La pitta ‘nchiusa è un dolce simbolico, che celebra l’unione e il calore familiare tipico del Natale in Calabria.
Ebbene, dopo questa dolce carrellata, non resta che augurare Buon Natale e…favorite!
Fonte immagine sui dolci di Natale napoletani: Pixabay
Leggi anche: Cosa si mangia al Cenone di Natale?