Con la parola ortoressia si indica una patologia classificata come un vero e proprio disturbo alimentare in costante crescita.
L’attenzione a ciò che si mangia è importante ma in alcuni casi può tramutarsi in una vera e propria ossessione; in questi casi si parla di ortoressia.
Diventata una patologia a tutti gli effetti, essa può causare delle gravi conseguenze e complicazioni. In tal modo, scegliere alimenti che siano sani e salutari si discosta dalla semplice volontà di tenere sotto controllo la propria salute e si trasforma in un chiodo fiso nei confronti del cibo, o meglio, di alcuni alimenti.
Il termine ortoressia, inizialmente coniato da Bratman e Knight nel 1997, descrive una condizione caratterizzata da un comportamento alimentare che segue l’ossessione patologica per un’alimentazione biologicamente pura.
L’ortoressia indica, dunque, quel particolare disturbo del comportamento alimentare di chi, nell’intento di seguire una dieta equilibrata e sana, compie scelte di tipo ossessivo, ottenendo il risultato opposto.
Il disturbo di cui parliamo rientra nei cosiddetti disturbi alimentari e in Italia, secondo le stime del Ministero della Salute, sono oltre 3 milioni le persone che ne soffrono. In particolare modo l’ortoressia riguarda principalmente uomini e purtroppo la percentuale di chi ne è affetto è in netta crescita.
Ortoressia: caratteristiche e conseguenze
La persona con ortoressia elimina progressivamente una serie di alimenti considerati poco salutari, troppo calorici, grassi, ricchi in zuccheri; proprio tale atteggiamento conduce ad un ulteriore rischio; così facendo, infatti, si evitano anche i cibi “buoni”, quelli utili all’organismo.
Tra questi sicuramente la carne rossa ed i latticini, reputati talvolta eticamente scorretti e non in linea con i principi di salubrità.
Naturalmente, non mangiando cose potenzialmente cancerogene o dannose per il proprio organismo, chi è interessato da ortoressia tende ad evitare uscite in compagnia, per non mangiare cose che non rientrino nella propria sfera di “controllo”.
Anche fare la spesa diventa complicato, ogni cibo viene attentamente selezionato, gli ingredienti sono analiticamente controllati, come pure la verifica della lavorazione, dettagli relativi al confezionamento, le etichette e persino le modalità con le quali determinati alimenti vengono distribuiti in commercio.
È chiaro che l’ortoressia essendo una patologia ossessiva necessita di cure specifiche, ma ammettere di esserne affetti non è semplice.
Tale disturbo dell’alimentazione, infatti, crea un circolo vizioso secondo il quale il soggetto che ne soffre crede di stare bene vivendo come si suol dire in solitudine, in modo tale da poter controllare in modo maniacale tutto ciò che decide di mangiare. Una delle conseguenze dell’ortoressia, oltre a quelle di natura prettamente fisiologica, tra le quali una dieta sbilanciata, è quindi l’isolamento.
Scegliendo ossessivamente il cibo di cui nutrirsi, eliminando anche ciò che in realtà serve all’ organismo, si fa in modo che tali scelte prevalgano sui propri valori personali, morali, sulle relazioni sociali, lavorative e affettive, compromettendo talvolta gravemente il corretto funzionamento globale e il benessere dell’individuo.
Ricordiamo che l’ortoressia non rientra nei disturbi di tipo mentale, pur essendo di tipo ossessivo e comportamentale, ma condivide alcuni aspetti con un’altra grave patologia, l’anoressia. Tra questi la tendenza alla perfezione, la sensazione di frustrazione e rabbia quando si trasgredisce alle “regole” (autoimposte) e la rigidità nei comportamenti.
L’ortoressia, se non opportunamente trattata, può trasformarsi in un disturbo alimentare ancora più serio e sfociare in anoressia nervosa.
La persona che soffre di ortoressia è tormentata da pensieri continui nei confronti del cibo.
Il disturbo può essere curato ma ha bisogno di essere trattato con un lavoro congiunto tra psicoterapeuta e medico nutrizionista.
Un percorso lungo che si basa anzitutto sulla consapevolezza; come detto precedentemente, il soggetto ortoressico non accetterà facilmente di soffrirne e quindi bisogna che ne prenda atto per curarlo efficacemente. Lavorando sulle emozioni si otterrà un certo grado di flessibilità mentale che porterà a carpire il disturbo, elaborandoli e superandolo.
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