Pastiera napoletana originale, trucchi e ricetta
Come si riconosce un vero napoletano? Provate a sottoporre il soggetto ad una prova: bendatelo e fategli annusare una pastiera, se non la riconosce c’è qualcosa che non va, indagate e diffidate! Non si può equivocare quel profumo di fiori d’arancio, di vaniglia, di quel pizzico di cannella che insieme agli altri ingredienti fanno di sua maestà la pastiera napoletana, il dolce protagonista della Pasqua. Possiamo immaginare il senso di disagio e frustrazione dei coniugi che nel film di Paolo Genovese e Luca Miniero, Incantesimo napoletano, si trovano ad affrontare una situazione paradossale. Inspiegabilmente la loro figlia Assuntina fin dalla nascita si comporta come una milanese e quando la madre le propone come torta di compleanno la pastiera napoletana di Scaturchio, storica pasticceria di via San Domenico, la piccola “sacrilega” la rifiuta dichiarando, come affronto, di preferire il panettone!
Le origini di questo dolce sono antichissime e legate ai riti pagani per la celebrazione della primavera; le sacerdotesse di Cerere, divinità romane della terra e della nascita, portavano in processione l’uovo, simbolo di vita nascente ed ingrediente base della nostra pastiera. Il mito legato alla sirena Partenope narra che gli abitanti di Napoli le offrirono in omaggio i prodotti della loro fertile terra tra cui la ricotta, il grano cotto nel latte e l’acqua dei fiori d’arancio. La sirena a sua volta portò questi ingredienti in offerta agli dei, i quali li mescolarono con arte divina e vi nacque la pastiera. I riti pagani saranno reinterpretati in chiave cristiana in virtù della coincidenza dell’evento stagionale della primavera con quello della Pasqua e della resurrezione di Cristo. La tradizione della pastiera, nella forma in cui la conosciamo oggi, pare si debba alle sapienti mani delle monache di San Gregorio Armeno, la famosa via dei pastori del presepe.
Il cibo è cultura, la tradizione rientra sempre nei versi dei poeti. Possiamo leggere una testimonianza letteraria interessante in Profilo Linguistico della Campania, testo del professore Nicola De Blasi, edito da Laterza, in cui si riporta la prima parte di uno gliómmero (gomitolo), un componimento del letterato umanista Jacopo Sannazaro.
Alla fine del Quattrocento, quando i letterati vivevano intorno alla corte aragonese di Napoli, si sviluppò questa letteratura dialettale che prevedeva la ripresa della lingua del popolo negli gliómmeri, versi recitati a corte. In un componimento del Sannazaro un popolano rimpiange l’epoca angioina in cui si consumavano pietanze prelibate tra cui la pastiera napoletana, riconoscibile per il suo colorito biondo e la cui sola vista generava un senso di sazietà:
“Chillo colore biondo a le pastiere
te facea fiere fiere satturare!”
Nel Seicento, Giambattista Basile, autore della celebre raccolta di racconti in napoletano Lo cunto de li cunti ovvero lo trattenemiento de piccerille, annovera le pastiere tra i cibi presenti sulla tavola del banchetto finale, nella favola La gatta cenerentola.
Curiosità
Esistono anche delle varianti della pastiera classica: la pastiera con la crema è tipica della zona di Sorrento, la pastiera di riso (che è senza glutine) è un dolce pasquale caratteristico della zona del Sannio. Interessante è anche la versione ischitana.
Ricetta della pastiera napoletana originale
Ingredienti
Per la frolla:
400 gr di farina
200 gr di burro
200 gr di zucchero
4 uova
Per il ripieno:
Una confezione di grano cotto Chirico da 420 gr
400 ml di latte
Un cucchiaino di burro o strutto
La buccia di 1 arancia
500 gr di ricotta fresca
400 gr di zucchero
4 albumi
5 tuorli
1 fiala di essenza di fiori di arancio
1 fiala di essenza di vaniglia
1 pizzico di cannella
20 gr di canditi
Procedimento per la Pastiera napoletana originale
Preparare la frolla creando la classica fontana con la farina e lo zucchero, aggiungere al centro le uova, il burro freddo tagliato a pezzetti, creare un impasto omogeneo e farlo riposare in frigo per un’oretta. Versare il grano cotto in una pentola con il latte, la scorza d’arancia ed il burro, far bollire e mescolare finché non raggiunge una consistenza cremosa, togliere dal fuoco e far raffreddare. Aggiungervi la ricotta, lo zucchero, i tuorli, gli albumi montati a neve, la vaniglia, il pizzico di cannella, l’acqua di fiori d’arancio e i canditi. Stendere la frolla in uno stampo imburrato ed infarinato di 26 cm di diametro. Versarvi il ripieno e ritagliare delle strisce di pasta frolla per guarnire. Infornare in forno caldo a 180 gradi, cuocere per 1 ora finché la superficie apparirà dorata. La tradizione vuole che si prepari non oltre il giovedì santo e si faccia riposare per tre giorni per poterla consumare la domenica di Pasqua.
Fonte immagine: archivio personale
Bellissimo articolo,come sempre interessante la ricerca sulle origini.Per quanto riguarda i gusti della bimba del film,mi ricorda qualcuno…. anche in casa mia c’è un bimbo eretico!