La Cina è un Paese con una cultura millenaria fatta di usanze e tradizioni che fondano le radici in un passato molto lontano ma che spesso ritroviamo anche oggi. Una tra le più bizzarre e quasi spregevoli è la pratica cinese del Loto d’oro.
Chiamata anche Gigli d’oro, questa usanza era il biglietto da visita per una buona donna in cerca di marito. Infatti, queste donne, dimostrando di essere resilienti al dolore e alle sofferenze, costituivano le mogli perfette e vedremo perché.
Ma da dove ha origine la pratica cinese del Loto d’oro?
L’origine della pratica del Loto d’oro è incerta. Il folklore fa risalire l’origine del nome al 500 con l’imperatore Xiao Baojuan della dinastia dei Qin Meridionali e la sua bellissima concubina Pan Yunu. Nella storia, Pan Yunu, donna dai piedi piccoli, aggraziati e delicati eseguì una danza a piedi nudi su un pavimento decorato con il disegno di un loto dorato. Dopo di che l’imperatore, esprimendo ammirazione, disse: «Il loto nasce da lei ad ogni passo!». E da qui ecco i termini loto dorato o piedi di loto, usati entrambi per descrivere tale usanza, ma non c’è nessuna prova che la donna avesse i piedi legati.
Un’altra storia sull’origine della pratica del Loto d’Oro riguarda l’imperatore dei Tang Meridionali, Li Yu del X secolo. L’imperatore creò un enorme loto dorato di circa 1,8 metri decorato con pietre preziose e perle. Fece chiamare la sua graziosa concubina, Yao Niang; le chiese di fasciarsi i piedi con della seta bianca fino a formare una mezzaluna ed eseguire una danza sul loto. Tale danza fu così aggraziata e apprezzata dai presenti, che altri cercavano di imitarla e la fasciatura dei piedi si diffuse nell’impero poiché molte altre donne la replicarono.
Le prime testimonianze effettive, però, ci furono a partire dell’epoca Song, per diffondersi maggiormente durante le dinastie Ming e Qing e gradualmente scomparire durante la prima metà del XX secolo. Con la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, il termine loto d’oro era considerato discriminatorio, così la pratica prese il nome di 裹脚 gŭojiăo o 缠足 chánzú, entrambi significanti piedi fasciati.
In cosa consisteva e come si ottenevano i Gigli d’oro?
La pratica cinese del Loto d’oro richiedeva un periodo abbastanza doloroso e lungo, che andava dai 3 ai 10 anni. Tale pratica era riservata alle bimbe tra i 3 e 9 anni, le cui ossa ancora non sviluppate e malleabili permettevano di essere modificate come richiedeva tale usanza. Il trattamento iniziava con le madri e le altre donne della famiglia che, per ammorbidire i piedi delle figlie, li immergevano in una miscela di erbe e sangue d’animale, tagliavano le unghie e li spalmavano con degli unguenti con azione coagulante e antiemorragica. La deformazione consisteva nel piegare le 4 dita più piccole al di sotto della pianta del piede e avvicinare l’alluce al tallone inarcando il collo del piede, in modo da deformare le articolazioni del tarso e le ossa metatarsali. Poi si proseguiva con la fasciatura: si usava una benda larga 5 cm e lunga fino a 3 m. Almeno una volta a settimana tale pratica veniva ripetuta affinché si tagliassero le unghie, non si formassero ulcere e si stringessero maggiormente le bende per continuare la deformazione delle ossa. Infine, si indossavano delle scarpine apposite, a volte ricamate da loro stesse, che procuravano maggiore compressione e permettevano loro di camminare. In questo modo, però, i talloni diventavano l’unico punto di appoggio, causando l’andatura fluttuante della donna, immagine che ricordava il loto che si piega al vento. La stagione migliore era l’inverno, perché il freddo avrebbe reso i piedi in parte meno sensibili e lenito il dolore. Dopo anni di questa tortura, il piede doveva avere la forma di una mezzaluna e la misura perfetta era di massimo 10 cm, ma più il piede era piccolo, più la ragazza costituiva un buon partito e riceveva attenzioni maschili.
Nata inizialmente come vezzo estetico nella classe più benestante, la pratica del Loto d’oro man mano acquisì un valore sociale che invase tutte le classi sociali. Le donne provenienti dalle zone rurali videro in questa pratica la possibilità di un’ascesa sociale. Infatti, con il passare degli anni, le donne con il Loto d’oro sviluppavano problemi fisici, soprattutto nel deambulare e questo le rendeva totalmente dipendenti dal padre o dal marito. In più, non potendo lasciare le mura domestiche, non potevano partecipare alla vita sociale ed erano, perciò, considerate donne rispettabili e fedeli. Le classi più povere videro nella pratica del Loto d’oro un’occasione per riscattarsi: le primogenite erano sottoposte a tali torture e le famiglie spesso le utilizzavano per contrarre matrimonio con un uomo facoltoso che potesse migliorare le condizioni della donna e, di conseguenza, della famiglia.
La pratica cinese del Loto D’oro fu svolta per anni ma nel XVIII secolo iniziarono le rivolte per abolire tale tortura, come il movimento Tiān zú huì “La società del piede celeste”, che diede inizio alle società anti-loto d’oro. Con l’istituzione della Repubblica Popolare Cinese, tale pratica venne ritenuta simbolo di arretratezza e iniziò ad essere vietata, anche se, effettivamente, fu terminata negli anni 40.
Ad oggi, sono poche le donne ancora in vita che hanno subito la pratica del Loto D’oro e le loro testimonianze lasciano solo immaginare il lancinante dolore al quale sono state costrette, con un’ambizione di vita che non si è mai realizzata perché nel momento in cui i loro piedi avevano creato una mezzaluna, gli uomini avevano iniziato a preferire le donne con piedi normali.
Fonte immagine: Collage con foto prese da Wikipedia