Munch: il grido interiore in mostra a Roma

Munch: il grido interiore in mostra a Roma

Dopo vent’anni torna a Roma l’artista norvegese Edvard Munch, con l’esposizione Munch: il grido interiore. Fino al 2 giugno in mostra a Palazzo Bonaparte.

In occasione dei 25 anni dalla sua nascita, Arthemisia – azienda leader nell’organizzazione di mostre d’arte – porta a Roma Edvard Munch, vent’anni dopo l’ultima esposizione a Roma dedicata all’artista norvegese.

La mostra, inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e della Regina Sonja del Regno di Norvegia, è stata aperta al pubblico l’11 febbraio. Per l’occasione, nel corso della conferenza dedicata alla stampa, la presidente di Arthemisia. Iole Siena, ha illustrato il percorso espositivo a una sala gremita di rappresentanti della carta stampata e della radiotelevisione.Munch: il grido interiore in mostra a Roma

Più di 100 opere offerte eccezionalmente dal Museo Munch di Oslo, con il supporto di Generali, Atac, Freccia Rossa e del main partner Fondazione Terzo Pilastro.

Munch a Roma: la presentazione alla stampa

«Una mostra che vuole evitare di ridurre Munch all’icona – spiega Domenico Piraina, direttore di Palazzo Reale a Milano, dove i quadri sono stati esposti prima che arrivassero a Roma – Abbiamo cercato di inserire Munch nella storia dell’arte, sottolineando il suo contributo nella temperie culturale della sua epoca e le connessioni con la nostra società. Ogni mostra è una nuova pagina di storia dell’arte e speriamo di scriverne una in grado di fornire alle persone una conoscenza approfondita dell’artista norvegese e dei suoi aspetti meno noti.» 

Munch

 

«Sono molto entusiasta di questa mostra e del lavoro svolto dalla curatrice Patricia Berman, una delle maggiori studiose al mondo di Munch . È importante per Munch e per noi che le sue opere abbiano la possibilità di dialogare con il mondo e di viaggiare. In questo modo scopriremo sempre nuove connessioni con il presente e con ognuno di noi.» ha commentato Tone Hansen, direttrice del Museo Munch di Oslo.

 

«”Munch: il grido interiore” – ha aggiunto la Berman durante la conferenza stampa di presentazione – si concentra sull’indagine non solo pratica, ma soprattutto emotiva della produzione dell’artista. Lui definiva se stesso un anatomo e patologo dell’arte. Un artista, cineasta, fotografo che si avvalse, nella sua indagine, del confronto con studiosi ed esperti di ambiti differenti dal suo, dalla filosofia alla psicologia. Assorbì le novità culturali del suo tempo, come gli studi sulla percezione e sull’origine dell’esperienza. La sua ricerca psicologica è stata così accurata e costante che gli ha permesso di comprendere che, quando vediamo, noi vediamo sia attraverso i ricordi sia attraverso i sensi. In questo modo conosciamo la realtà e in questo modo lui l’ha rappresentata. Da qui il suo interesse per la rappresentazione del ricordo e della traccia emotiva che imprime nell’animo umano. Da qui la sua volontà di rendere visibile l’invisibile.»

Munch: il grido interiore a Palazzo Bonaparte

L’esposizione, distribuita su due piani, è divisa in sette sezioni che ripropongono sette temi chiave della sua produzione: dagli studi sulla percezione alla sperimentazione di nuove tecniche xilografiche, dall’amore alla morte, e persino il suo rapporto con l’Italia – attraverso la quale viaggiò con l’amata Tulla Larsen –, fino alla sua cosmologia e all’eredità che ci ha lasciato.

La mostra inizia con la sensibilità danneggiata di Laura Munch e con il suo volto sconvolto e febbricitante, lo sguardo fisso nel vuoto, immobile. Munch: il grido interiore in mostra a RomaGli esperimenti artistici che ritraggono l’amatissima sorella Laura morta prematuramente sono tra i primi, e anche tra i più riusciti, risultati dell’evoluzione artistica di Munch dal Naturalismo al Simbolismo. Dal visibile, che ancora si riconosce sui primi ritratti, all’invisibile dell’inconscio, man mano che Munch viene a contatto con le tecniche dell’Impressionismo, del Neoimpressionismo e del Sintetismo e impara, al principio del XX secolo, a caricare di suggestione emotiva le forme e i colori.

Sono gli stessi anni in cui inizia a disegnare persone in carne e ossa che soffrono e sentono invece di scene convenzionali di vita quotidiana. Nasce così il Fregio della vita, una serie di tele in cui l’artista rappresenta il ciclo della vita; il nucleo originario è costituito dalle opere del ciclo Amore, in cui rappresenta la grandiosità della sessualità, l’amore e la seduzione. Tra questi, Madonna – di cui dipinse varie versioni tra il 1894 e il 1902 – emblema della tendenza a trasformare in orrore epico il sentire personale. Madonna è la massima espressione del connubio tra dottrina cristiana, sensualità e biologia con cui Munch ritrae il momento estatico  dell’intimità tra uomo e donna.

Munch e l’amore

Un amore, quello di Munch, vissuto sempre in modo doloroso, esasperato, scandaloso, a partire da quello con Tulla Larsen. 

Munch: il grido interiore in mostra a Roma

L’intreccio indissolubile e morboso dei corpi – immagine chiave del Manifesto di Saint Cloud da lui pubblicato nel 1890 – è simbolo della dissoluzione cui ogni uomo è condannato.

Erotismo, ma anche dipendenza simbiotica e vitale. La donna è il vampiro dai capelli rosso inferno, ma anche il porto sicuro che difende l’artista dal mondo. Così è in Man’s head in woman’s hair, in cui il protagonista maschile si nasconde tra i capelli dell’amata. I due volti si confondono in Bacio vicino alla finestra. Intimo, disturbante, struggente. Un bacio per sfuggire al dolore del mondo.

In un’altra tela, Munch si ritrae con la forma di un violino, incastrato sulla spalla della musicista Eva Mudocci.

Munch: il grido interiore e la morte

L’amore da una parte, la morte dall’altra che sempre vince sulla prima e diventa il vero leitmotiv dell’arte di Munch. La tubercolosi gli porta via, ad uno ad uno, tutti i cari. La morte ha l’aspetto dei malati, con il volto scavato, un solco al posto del sorriso e lo sguardo vuoto.

Munch a Roma

 In casa, seduta o distesa su un letto grondante pittura nera, circondata dalla disperazione di tutti coloro che direttamente o indirettamente ne fanno esperienza: così è ritratta la morte. L’amore annientato dalla malattia diventa un fantasma avvolto in una foschia inquietante. Il dolore diventa l’unica sensazione recepibile nel mondo, il tutto trasfigurato nell’allucinazione del ricordo.

Così è in Lotta contro la morte, La morte nella stanza della malata, Sera. Malinconia e Disperazione. Quest’ultima opera è collocata al centro dell’ultima sala del primo piano dell’esposizione ed è uno dei prestiti di maggior pregio, nonché tra le tele più suggestive.

Munch a Roma: l’Urlo

La mostra Munch: il grido interiore include anche una litografia del 1895 dell’Urlo, l’opera più iconica dell’artista. La prospettiva è perturbante, l’accostamento di colori dissonante e le linee fluttuanti. Tutto concorre a rendere vivido un mondo modellato dalla psicologia interiore, una forza psichica incontenibile e distruttiva. Ogni elemento è essenziale per rendere visibile il grido interiore. Dissonante, come i colori, è anche la sensibilità del singolo di fronte all’assurdità della vita, all’incompiutezza della sua esperienza e alla brutalità del mondo. La prospettiva accompagna lo spettatore dall’universale del cielo che è sullo sfondo al particolare dell’uomo che è in primo piano. Fino a ricondurlo a se stesso, al dramma suo personale. Che poi è lo stesso per tutti.

Suggestiva, disturbante, imperdibile. Fino al 2 giugno a Palazzo Bonaparte.

Fonte immagini: archivio personale

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A proposito di Martina Santamaria

Laureata in Filologia, letterature e storia dell’antichità, ho la testa piena di film anni ’90, di fotografie e di libri usati. Ho conseguito un Master in Giornalismo ed editoria. Insegno italiano, latino e greco, scrivo quando ne ho bisogno e intervisto persone. Vivere mille vite possibili attraverso gli altri è la cosa che mi riesce meglio, perché mi solleva dalla pesantezza delle scelte.

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