Tra Mito e Sacro: l’arte contemporanea capitolina al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Roma

Tra Mito e Sacro

Tra Mito e Sacro – Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea è un progetto espositivo di arte contemporanea ideato in occasione dell’anno giubilare, e ospitato dal 17 aprile al 14 settembre 2025 negli spazi del Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma. La mostra, a cura di Antonia Rita Arconti, Claudio Crescentini e Ileana Pansino, è promossa da Roma Capitale, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali. 

In occasione dell’anno giubilare la Sovrintendenza Capitolina ha intrapreso un progetto di riscoperta, all’interno dei suoi ricchissimi depositi di arte contemporanea, di una serie di opere collegate tra loro da una profonda riflessione sul tema della spiritualità. Queste opere, provenienti da contesti differenti e realizzate tra il XX e il XXI secolo, sono giunte nelle collezioni di Roma Capitale nel corso degli anni attraverso numerose proposte di donazione o di acquisto. Caratterizzata da un allestimento immersivo e coinvolgente, Tra Mito e Sacro si pone l’obiettivo di indagare come l’arte contemporanea esprima il rapporto dell’uomo con la dimensione del sacro, della spiritualità e del mito.

Dipinti, sculture, fotografie e grandi installazioni: lavori eterogenei caratterizzati da linguaggi artistici variegati e originali, ma tutti accomunati da assonanze formali e poetiche che traggono ispirazione da un bagaglio di valori spirituali universalmente condivisi, come la nascita, il dolore, l’espiazione, la sublimazione, la morte, la resurrezione. Una corrispondenza che pone queste opere in continuità con la tradizione storico-artistica precedente, sebbene il rapporto tra gli artisti contemporanei e la religione si risolva spesso in una dimensione più filosofica e intellettualizzata rispetto al passato.

Rispetto a una consolidata tradizione in cui l’iconografia a tema mitologico o religioso è stata per secoli prevalente nell’attività degli artisti, producendo tra i maggiori capolavori di tutti i tempi, il tema del sacro sembra essere diventato meno consueto nel mondo contemporaneo. Le opere in mostra ci offrono invece una serie di spunti di riflessione su quanto la dimensione religiosa e spirituale pervada ancora l’arte, nonostante gli artisti vivano una condizione più contraddittoria: il loro atteggiamento nei confronti del sacro non coinvolge necessariamente o direttamente il proprio credo religioso, quanto piuttosto la componente spirituale, psicologica e morale, in senso più ampio. 

In occasione della conferenza stampa e della visita in anteprima della mostra, Federica Pirani, Direttrice della Direzione Patrimonio artistico delle Ville storiche della Sovrintendenza Capitolina, ha infatti affermato: «Il tema del sacro attraversa tutta l’arte contemporanea. A volte non ci pensiamo, perché pensiamo che le manifestazioni iconografiche più evidenti della pittura sacra, o della scultura, si abbiano dalle origini fino al Novecento. E che poi si sia un po’ persa questa tradizione dell’iconografia. In verità, il tema del sacro – inteso come tema verso questo anelito alla spiritualità, all’invisibile, a qualcosa che accompagna sempre tutti i passaggi della storia dell’uomo – è molto presente anche nell’arte d’avanguardia». 

Tra Mito e Sacro. L'angelo sotterraneo, Stefano Di Stasio9 (2000) - Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video
Tra Mito e Sacro. L’angelo sotterraneo, Stefano Di Stasio (2000) – Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video

Ed è proprio nell’ottica di un’indagine laica che la mostra unisce il mito al sacro, una continuità che ha abbracciato la storia spirituale dell’uomo dalle origini fino ai nostri giorni. In un costante rimando tra questi due poli viene sviluppato un itinerario in cui le opere, nella loro diversità di stili e tecniche, ci consentono di riflettere su alcuni rilevanti fili conduttori. Interessante è la presenza di una serie di moderne raffigurazioni del divino, che si muovono tra figurazione e astrazione, o di rappresentazioni di forme del mito rivisitate in iconografie contemporanee o rivissute in contesti psicologici.

Alcune opere ci permettono di indagare il valore della ritualità connessa a specifici momenti della vita degli uomini e delle donne, come la nascita, il matrimonio e la morte, caratterizzati in chiave moderna dal loro portato di desiderio e di dolore. Alcuni artisti, infine, propongono una riflessione sulla grandezza dell’edificio dedicato al Dio, il tempio o la cattedrale, attraverso il quale si struttura il dialogo con il divino. 

Tra Mito e Sacro: il percorso espositivo

Le cinque sezioni tematiche seguono un percorso concettuale ed estetico che abbraccia tutti i segni del sacro, dal mito classico all’iconografia della tradizione cristiana, dalla ritualità alle figure mistiche, trascendentali e divine. La prima, Dal mito al sacro, trae ispirazione dai miti classici e ne richiama i profondi significati metaforici. L’imponente trittico Orestiade di Paola Gandolfi (1998-99), celebrazione di uno dei momenti più alti della drammaturgia greca, è uno spazio pittorico irreale e visionario in cui sono sospesi i frammenti dei corpi di Oreste, Elettra e Clitennestra, dove centrale è l’indagine della psiche femminile. Tutta l’ambivalente sensualità di Venere si esprime nell’opera Goldfinger Miss di Mario Ceroli (1964), il cui titolo è mutuato da un episodio della serie cinematografica James Bond Agente 007. La silhouette della dea botticelliana, riprodotta serialmente su sette sagome di legno dorato e ridotta a puro contorno stereotipato, aggiunge una riflessione sui miti nella società contemporanea dominata dai mezzi di comunicazione di massa.

Al piano superiore, l’esposizione prosegue con il metafisico Orfeo (1973) di Giorgio de Chirico, meraviglioso cantore ispirato alle verità misteriche della dimensione divina, parte della collezione permanente del museo; con l’enigmatico dipinto Verso il tempio di Salvatore Pulvirenti (1999), ricerca introspettiva che si materializza in una sovrapposizione di differenti, indecifrabili piani di realtà e con L’angelo sotterraneo di Stefano Di Stasio, realizzato in occasione del Giubileo del 2000, che si staglia azzurro e alato nel buio di un edificio e che ricorda a sua volta l’ambientazione di un tempio.

La seconda sezione, Culto e ciclo della vita è caratterizzata da due grandi installazioni: la prima è il trittico Universal Keyboard di Alessandro Valeri (2016), tre moduli quadrati che richiamano la circolarità e continuità dell’esistenza nei quali si alternano scritte al neon con le parole chiave lifevita»), milklatte»), deadmorte») e Revo («Rivoluzione»). L’altra è la monumentale Cattedrale di Alessandra Tesi (2002), ricompresa nella White Room, uno spazio dell’allestimento totalmente dedicato: 750mila perle di vetro opalescente montate su 650 fili, una soglia vibrante che immerge nella sacralità di un vero e proprio spazio liturgico. Su questo eccezionale schermo, infatti, è riprodotto in loop un video girato nella cattedrale di Notre Dame, a Parigi – prima del disastroso incendio del 2019 – che, indugiando in particolare su alcuni dettagli, trasporta il visitatore in una dimensione fantastica. Nell’ambientazione di un luogo di culto ci proietta anche Our first port of call di Simon Roberts (2016), disorientante rielaborazione fotografica di cartoline e istantanee che ritraggono luoghi storici del paesaggio urbano.

Tra Mito e Sacro - Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video
Tra Mito e Sacro – Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video

Il dolore, la morte, la sublimazione è il titolo della terza sezione, che introduce ai grandi interrogativi universali. Densa di suggestioni simboliche, l’opera In piedi sul cielo di Bruno Ceccobelli (1998) è una struttura cruciforme composta da quattro pannelli rettangolari di legno su cui sono riprodotti un pesce, un uccello e una figura umana al centro. Alla devozione cristiana è ispirato anche il ritratto Anagramma di Maria di Andrea Fogli (1994), quattro stampe fotografiche su sfondo nero dove l’iconografia della Madonna, presentata sotto diverse angolazioni, produce un effetto evanescente e onirico. Dalla simbologia cristiana all’ideale perfezione della cultura classica, l’armonioso volto Trascendente di Carlo Maria Mariani (2010), attraversato da una pioggia di fiammelle, esprime tutta l’eleganza figurativa che ha scandito il lungo percorso artistico e spirituale dell’autore. Di tutt’altro stile la scultura bronzea Waiting for Godot di Marc Quinn (2006), scheletro umano realistico e a grandezza naturale ritratto in ginocchio e con le mani giunte in preghiera. Un linguaggio tetro e ironico, una vanitas moderna nel contrasto tra energia vitale e decadimento, che esibisce la condizione di eterna attesa e speranza in cui si trova l’umanità.

Esposte anche le figure del male, reali o metafisiche: dal Diavolo di Lionello Giorni Savioli (seconda metà del XX secolo) e la sua compagna, La morte, di Carlo Fontana (1950-56), che rappresentano due arcani maggiori dei tarocchi, alla Diavoleria di Ferruccio Ferrazzi (1947-48), visione notturna e apocalittica resa con prospettiva deformante, entro la quale è possibile riconoscere l’ospedale romano di San Giacomo, dove l’artista fu ricoverato. L’esperienza umana e universale della sofferenza e dell’angoscia è esemplificata nella Maschera del dolore (Autoritratto) di Adolf Wildt (1906), manifesto scultoreo del percorso dell’artista in un momento di profonda crisi personale e creativa.

La sezione si conclude con un messaggio di salvezza affidato a due opere che attingono all’iconografia cristiana: la Deposizione, bassorilievo in bronzo di Pericle Fazzini (1946), e la Resurrezione del maestro dell’aeropittura Tato (1955/60). Del resto, sarà proprio in seno al Futurismo che maturerà la riflessione moderna sul rinnovamento stilistico dell’arte religiosa, esemplificata dal Manifesto futurista dell’Arte Sacra del 1931.

La quarta sezione, Astrazione e rappresentazione del divino, accoglie i visitatori in un’atmosfera fortemente evocativa di stati d’animo e mondi spirituali in cui i principi religiosi si traducono in riflessioni più propriamente filosofiche. Vi si incontrano figure mistiche quali L’Angelo di Corrado Cagli (1958), la materia “assoluta”, incorporea e duttile che si offre alla manipolazione dell’artista, e il San Sebastiano nero di Leoncillo (1963), il cui taglio centrale trafigge l’argilla e richiama, anche cromaticamente, le ferite del santo martirizzato. Una riflessione sul tema del passaggio e sui tempi meditativi di percezione è suggerita dalla Soglia di Claudio Verna (1996), spazio pittorico bidimensionale e disomogeneo nei toni del rosa e dell’arancio. La Chiave di volta di Fiorella Rizzo (1996-97), selezione ragionata di sette pannelli dei dodici di cui si compone il progetto di installazione originario, è un richiamo al significato simbolico e cabalistico del numero 7.

Dall’astrazione alla concretezza della materia, La cera di Roma #4 di Alessandro Piangiamore (2012) è un pannello solido e compatto di cera fusa delle candele raccolte nelle chiese romane, autentico omaggio alla sacralità della città eterna.

Tra Mito e Sacro. Oh my god!, Benedetta Bonichi (2023) - Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video
Tra Mito e Sacro. Oh my god!, Benedetta Bonichi (2023) – Ufficio Stampa, Ph. Monkeys Video

Uno speciale approfondimento è dedicato a Sidival Fila, la cui produzione artistica si distingue per il recupero e il riutilizzo di materiali obsoleti e che invita a una riflessione critica sul tema del consumo, dello spreco e della sostenibilità. Esposta l’opera Stendardo antico (2021): uno stendardo araldico di fine Settecento, decostruito, ritagliato e ricucito insieme a frammenti specchiati, che rivela la tensione dell’uomo verso la natura divina attraverso l’esaltazione della propria storia famigliare.

Chiude il percorso della mostra la sezione Ritualità e idoli contemporanei, composta da due opere di Benedetta Bonichi, in cui tornano i temi del sacro, della cerimonia e della morte. L’installazione To see in the dark. Banchetto di nozze (2002) è la stampa di un’immagine a raggi X che ritrae una coppia di sposi e gli invitati attorno a una tavola imbandita con stoviglie e frutta vera. Il contrasto tra la tangibilità degli oggetti e le forme scheletriche dei personaggi rappresenta un invito, proposto in maniera del tutto inedita, a guardare oltre il sensibile. La figura dello scheletro, con la sua presenza conturbante, ritorna sottoforma di immagine su una banconota da un dollaro nell’opera Oh my god! del 2023, presa in prestito dalla collezione personale dell’artista, e ci comunica un monito a non cadere nell’adorazione degli idoli terreni.

INFO MOSTRA

Tra Mito e Sacro. Opere dalle collezioni capitoline di arte contemporanea

Dal 17 aprile al 14 settembre 2025

Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese

Via Fiorello La Guardia, 6 e viale dell’Aranciera, 4 – 00197 Roma

Orari: dal martedì al venerdì ore 10.00-16.00, sabato e domenica ore 10.00-19.00 (ultimo ingresso mezz’ora prima della chiusura). Chiuso il lunedì e il 1° maggio

Ingresso libero alla mostra e al Museo

Per maggiori informazioni: tel. 060608 (tutti i giorni ore 9.00-19.00)

www.museiincomuneroma.it / www.museocarlobilotti.it

Fonte immagine in evidenza articolo Tra Mito e Sacro: l’arte contemporanea capitolina al Museo Carlo Bilotti Aranciera di Roma: Ufficio Stampa

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