Undicesima estate per il festival più giovane di Roma. Dal 25 al 30 giugno il Teatro India ospita lo Youth Fest con rassegne teatrali, corti, spettacoli di danza ed esposizioni artistiche.
Chi l’ha detto che l’estate in città è afosa e noiosa? Chi l’ha detto che i quartieri si svuotano e non c’è niente da fare dopo il lavoro?
La Capitale, da giugno a settembre, è una piazza a cielo aperto e a colori accesi. Tra arene all’aperto che ripropongono film cult presentati da star italiane e internazionali, rassegne musicali nei più suggestivi siti archeologici e festival di varia ispirazione, c’è soltanto da scegliere.
Youth Fest: il festival multidisciplinare under 25
Tra gli appuntamenti più attesi dell’estate, torna il festival multidisciplinare Under 25 del Teatro India, in programma dal 25 al 30 giugno. Lo Youth Fest è alla sua undicesima edizione ed è parte di Dominio Pubblico, un più ampio progetto di community engagement che mira a educare i giovani under 25 al teatro, coinvolgendoli nella produzione, nella promozione e nella organizzazione di festival ed eventi.
Dal 2015 il progetto è riconosciuto e finanziato dal MiC-Ministero della Cultura; promosso da Roma Capitale – Assessorato alla Cultura, è vincitore dell’Avviso Pubblico biennale “Estate Romana 2023-2024”.
Danza, teatro, cinema, arte, arti digitali per un totale di oltre 30 eventi e più di 130 artisti coinvolti, il tutto coordinato dalla DAP, direzione artistica partecipata composta da under 25 affiancati da professionisti del settore; il titolo di quest’anno è Metamorfo, che rimanda al tema del cambiamento, della trasformazione, a un’urgenza interiore che ha a che fare con la gioventù e con l’arte in generale.
Il tema del Metamorfo
“METAMORFO è un universo in continua evoluzione, una spinta a dare forma alla propria arte, un invito a cambiare pelle. Uscire dal proprio schema, attraversare nuove forme, incontrarsi nelle emozioni di chi ci sta accanto e confluire in un “noi” che non ha confini. Togliersi la maschera per riconoscersi nell’altro. L’arte si trasforma in ponti e costruisce legami, artista e spettatore uniti in un’esperienza unica”. Così è stato presentato alla stampa.
Una location industrial ed estiva, all’ombra del Gazometro, con gli occhi di Pasolini (del murales all’ingresso) puntati addosso e tante maglie rosa con il logo della sirena metamorfica a coordinare i lavori
Musica e cocktail inaugurano l’undicesima edizione del Festival che apre il sipario con un opening party presso la sala Arena, un’occasione per presentare il programma e i membri della DAP-Direzione Artistica Partecipata. Sono state aperte al pubblico – e lo resteranno fino al 30 giugno – anche alcune delle attività e delle esposizioni che accompagneranno le sei giornate del festival.
Nello studio B ha trovato spazio Mindscapes-Visioni d’artista, percorso in cui Dario de Marco, Cora Gasparotti e Amirhossein Yaghoobi raccontano, con tre stili artistici differenti, la vulnerabilità e la meraviglia del cambiamento, la transitorietà della vita e la stretta connessione tra arte e individuo. L’esposizione è curata da Riccardo Galdenzi, ricercatore e consulente di realtà digitale e docente di Master di VR Design all’Istituto Pantheon di Roma, ed è raccontata dai versi del poeta barese Giuliano Logos, campione del mondo di Poetry Slam.
PUF! di Lynn Nottage
La rassegna teatrale dello Youth Fest, curata da Tiziano Panici e Cesare d’Arco rispettivamente responsabile del progetto Dominio Pubblico e presidente dell’impresa culturale Theatron 2.0, è stata inaugurata dallo spettacolo PUF! Scritto da Lynn Nottage, drammaturga afroamericana due volte vincitrice del premio Pulitzer per la drammaturgia con la sua pièce Ruined e con il dramma Sweat, Puf! è ambientato in uno spazio teatrale volutamente minimal; Nadia Kibout e Martina Sammarco interpretano il testo – un atto unico, conciso ma efficace – con una recitazione disinvolta ed eclettica, che ribalta la classica narrazione degli episodi di violenza domestica.
Di fronte all’ennesima violenza subita da parte del marito, la protagonista Lorraine, in un impeto di rabbia, si augura che il marito scompaia e puf! lui diventa polvere davanti ai suoi occhi, mentre cerca – per l’ultima volta – di puntarle il dito contro. Da presenza ingombrante, aggressiva e opprimente che era nella vita della moglie, l’unico personaggio maschile della pièce si riduce a un mucchietto di polvere con in cima un paio di occhiali da quattro soldi.
Sulla scena soltanto due donne, due amiche, solidali nel rivendicare il loro diritto alla libertà e consapevoli dell’eccessivo ingombro costituito, nella loro sfera privata, dalle figure maschili. Lorraine e Florence si fanno scudo a vicenda e cercano di razionalizzare di fronte alla scomparsa inverosimile dell’uomo. In questa concitata ricerca del senso di una morte fisica surreale, le due finiscono per rintracciare i mille modi in cui, giorno dopo giorno, gli uomini uccidono le donne, fino ad arrivare a una assoluzione che sono certe di meritare. Fino a non nascondere più l’euforia dietro al senso di colpa. Fino a spazzare le ceneri sotto al tappeto, sulle note di Feeling good.
Nel testo della Nottage, il teatro naturalista sconfina nel realismo magico, per dar voce a un femminismo privo di moralismo e di vittimismo. La scena viene volutamente sgomberata da ogni presenza maschile e riempita dall’ironia dissacrante e graffiante delle due interpreti che da sole si fanno voce di un testo corale scritto con straordinaria raffinatezza.
Non c’è rancore, non c’è rabbia, non ci sono tutte quelle parole con la R che un assassino dovrebbe provare; assassina poi perché? Lei ha soltanto pronunciato due parole e puf!, lui è scomparso.
“Ha alzato la sua mano tutta grinzosa per colpirmi e puf, è sparito. Ha sempre detto che se avessi alzato la voce sarebbe accaduto qualcosa di orribile e infatti è accaduto. Sono forse una strega? Un oggetto del demonio? Eppure io ho fatto la brava”.
E in queste parole c’è l’eco di tutto un retaggio culturale pesantissimo che portiamo sulle spalle e che è tutto tranne che comico. Ma non diciamolo ad alta voce, facciamo le brave. Tanto bastano poche battute e qualche sguardo di intesa per capirci tra di noi.
Fotografie: Riccardo Mischianti