Spagnolismi nella lingua napoletana: un po’ di storia
Tra le dominazioni succedutesi a Napoli, quella spagnola ha lasciato un’impronta indelebile nella città: a partire dagli edifici ai nomi delle strade, ma soprattutto per quanto riguarda gli usi e i costumi. Relativamente al linguaggio, sono molti, infatti, gli spagnolismi nella lingua napoletana.
Gli spagnoli davano molta importanza all’aspetto esteriore, o più in generale all’esteriorità e quindi a come apparivano agli altri. Per questo motivo, ancora oggi, per definire una persona con manie di grandezza, che compie gesti eclatanti per compiacere gli altri si dice «sta facenno o grande ‘e Spagna». Non è raro sentirlo dire quando qualcuno ostenta le sue ricchezze.
Un altro prestito, è l’assimilazione del termine “don” a precedere i nomi nella lingua napoletana.
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Anche abitudini quali: il gioco, il linguaggio volgare e la menzogna sono state importate dagli spagnoli, infatti i napoletani da sempre hanno utilizzato un linguaggio corretto e raramente ricorrevano al linguaggio scurrile, al torpiloquio e all’inganno, ma il popolo ben presto si adattò a queste maniere, tanto bene da superare gli stessi iniziatori.
Gli spagnolismi nella lingua napoletana, sono evidenti, a causa di oltre 300 anni di dominazione che hanno inciso sia nei costumi, che nella gastronomia, nella cultura e nella lingua del popolo napoletano.
Ecco alcune parole derivate dallo spagnolo: impanata deriva da empanada, o’ muorz’, che in napoletano vuol dire il boccone, trae le sue origini da almuerzo che sta ad indicare lo spuntino. Anche la parola mesale che indica la tovaglia da tavola deriva dallo spagnolo mesa, ossia tavolo. Le parole Ninna e Ninno, sono spagnolismi della lingua napoletana derivati da niño e niña. «Viene cummigo» e «viene cu ttigo» derivano da conmigo e contigo.
L’espressione «stai facenno nu papiello», utilizzata per indicare un discorso, un messaggio scritto o orale molto lungo, deriva da papel ovvero documento. Sguarrare che significa lacerare deriva dallo spagnolo desgarrar, il verbo napoletano cosere, cucire, è improntato dallo spagnolo coser.
Quando bisogna pagare l’affitto di casa, bisogna pagare O’ pesone, il pigione che deriva dallo spagnolo pisa che vuol dire appartamento.
La parola lazaro, vuol dire in spagnolo povero ed era utilizzata anche per riferirsi alla gente del popolo insorta a Napoli nel 1647. Lazzaro viene utilizzata oggi in napoletano per indicare una persona che non gode di estrema ricchezza.
Anche alcune strutture grammaticali sono spagnolismi nella lingua napoletana. Due esempi: l’utilizzo della preposizione “a” prima del complemento oggetto riferito ad una persona «Aggio visto a’ chella», oppure l’utilizzo del verbo tenere per espressioni come «tengo suonno» per dire «ho sonno».
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