“A che servono questi quattrini?” di Andrea Renzi al Teatro Acacia di Napoli tra filosofia e comicità discute del “dio- denaro” e delle sue molteplici contraddizioni. La recensione
La storia dell’opera
Da giovedì 2 febbraio a domenica 5 Febbraio sarà rappresentata “A che servono questi quattrini?” al Teatro Acacia di Napoli.
L’opera, composta dall’intellettuale e commediografo napoletano Armando Curcio, venne in origine proposta al Teatro Quirino di Roma, nel 1940, mentre, in seguito, essa fu trasposta nel linguaggio cinematografico divenendo in tal modo una pellicola diretta da Esodo Pratelli nel 1942 e interpretata da Adelina Carloni, Peppino De Filippo, Clelia Matania e Paolo Stoppa. Il film all’epoca riscosse un enorme successo di pubblico e concorse anche notevolmente a far aumentare, ancora di più e in maniera vertiginosa, la fama di Eduardo e Peppino De Filippo.
“A che servono questi quattrini?” di Andrea Renzi al Teatro Acacia di Napoli
Lo spettacolo odierno, prodotto dalla Pirandelliana, e proposto nei giorni scorsi al Teatro Acacia, invece, porta con sé la regia di Andrea Renzi, annoverando tra i suoi interpreti Nello Macia (nelle vesti del Marchese Parascandolo), Valerio Santoro (nei panni di Vincenzo Esposito), Salvatore Caruso (zia Carmela), Loredana Giordano (Rachelina), Fabrizio La Marca (Marchetiello), Ivano Schiavo (Ferdinando De Rosa), mentre la scenografia è di Luigi Ferrigno, i costumi sono firmati da Ortensia De Francesco e le luci sono dirette da Antonio Molinaro.
La trama di “A che servono questi quattrini?”, a metà tra filosofia e comicità ha come fulcro l’argomento del “dio- denaro”, con le sue innumerevoli incongruenze e molteplici contraddizioni.
Nello specifico, a barcamenarsi attorno all’uso dei “quattrini” troviamo Eduardo Parascandalo, nonché, il Marchese Parascandolo, soprannominato anche “il Professore”, il quale, per dare prova della veridicità delle proprie concezioni socratiche, stravaganti e anticonformiste, elabora un piano inverosimile e surreale, che, tuttavia, paradossalmente e incredibilmente, potrebbe proprio realizzarsi invece, a dispetto di ogni previsione, e, dimostrando così a tutti, finalmente e inequivocabilmente, la vacuità, la dannosità e persino la superfluità del possedere denaro.
L’Italia che fa da sfondo al testo è un Paese che si trova, purtroppo, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, e, oltre a ciò, è una nazione che sta anche per fare ingresso, suo malgrado, nei contorti, incoerenti e tristemente perversi meccanismi del consumismo e del capitalismo.
Il messaggio che si propone di trasmettere la pièce in questione va decisamente in una direzione opposta rispetto agli attuali dettami post-moderni: non solo il denaro, infatti, non dona la felicità ma, al contrario, esso è causa e ragione.
“A che servono questi quattrini?” di Andrea Renzi: belle le scene ed efficaci le scelte di regia
Le scene del maestro Luigi Ferrigno rivestono una funzione importante e “reggono, da sole, la scena”, con gli attori che le montano e le smontano, improvvisandosi ingegnandosi all’occorrenza, così come credibile e di effetto è la versione alternativa di “A che servono questi quattrini?”, di Andrea Renzi e del suo cast, bella anche la trovata che affida proprio al Professore, alias, Marchese Parascando, l’introduzione del pubblico all’opera nel momento iniziale, aprendo il sipario, e il suo congedo, nel momento finale, chiudendolo.