Acquisizione linguistica: quanto e come incide l’età

Acquisizione linguistica: quanto e come incide l'età

Nell’immaginario collettivo è diffusa l’idea che i bambini apprendono una lingua molto più velocemente degli adulti, poiché partendo da zero arrivano ad un livello avanzato in lingua materna. In realtà, ci sono motivazioni molto più profonde che portano all’acquisizione linguistica e va fatta un’ulteriore distinzione tra il fattore età nell’acquisizione della lingua materna e dell’apprendimento di una L2.

Scopriamo come il fattore età influisce nell’acquisizione linguistica della L1 a e nell’apprendimento di una lingua straniera

Innanzitutto, il concetto di età critica legato al fattore età compare per la prima volta nel 1967, negli studi di Eric Lenneberg, in particolare Biological Foundations of Language. Lo studioso spiega che, nell’acquisizione linguistica della propria lingua materna, ci possono essere diverse età critiche. Queste dipendono dall’età di lateralizzazione di alcune zone del cervello responsabili dei diversi aspetti della lingua. Per lateralizzazione si intende il completamento dello sviluppo della zona cerebrale in questione, che porta alla specializzazione di quell’area, che si irrigidisce. Alcuni esempi dell’importanza del fattore età nell’acquisizione linguistica possono essere i seguenti:

  • A 6 mesi si lateralizza la parte del cervello responsabile dell’identificazione di suoni: per questo, dopo quest’età, diventa difficile riconoscere suoni diversi dalla propria lingua materna;
  • A 1 anno si specializza la zona cerebrale che si occupa della pronuncia: è per questo che ci è più difficile acquisire un accento straniero nel corso della vita;
  • A 12 anni circa si lateralizza l’area della morfosintassi, mentre la parte responsabile del lessico non si irrigidisce mai, poiché esso è sempre in espansione.

Questa teoria è stata sostenuta anche dal linguista Noam Chomsky, secondo il quale nel nostro cervello sia attivo il LAD (Language Acquisition Device), che ci permette di conoscere i principi della grammatica universale, senza un apprendimento guidato. Tuttavia, anche il LAD smette di essere attivo dopo il periodo critico, per questo il fattore età è cruciale anche nell’acquisizione linguistica della propria lingua materna.

Il fattore età, in un quadro generale, ci aiuta anche a comprendere su cosa vertono le difficoltà degli apprendenti di una lingua straniera: passate le diverse età critiche si ha meno elasticità cerebrale per modificare e ampliare le proprie conoscenze, soprattutto sul piano fonetico/fonologico e prosodico. Inoltre, il bambino è esposto a più input di lingua materna rispetto ad un apprendente di L2, il che gli permette un’acquisizione linguistica più rapida: ci sono molte più occasioni per praticare la L1, ed è qui che risiede la grande differenza nelle competenze tra L1 ed L2; infatti, fino ai 6 anni di vita, un bambino è esposto a circa 14.000 ore di L1, mentre fino al 5º anno della scuola secondaria di secondo grado si è sottoposti a sole 1.400 ore di L2.

Volendo osservare il fenomeno dell’acquisizione linguistica più da vicino, possiamo notare che le abilità primarie (cioè quelle «naturali», che si manifestano, in condizioni di perfetta salute, senza il bisogno di un apprendimento guidato, come la letto-scrittura) di ascolto e parlato iniziano a svilupparsi già durante i primi giorni di vita (l’ascolto anche prima). 

In particolare, l’ascolto è la prima abilità che il feto è in grado di mettere in atto. A partire già dall’ultimo trimestre di gestazione, attraverso una serie di esperimenti, si è notato che il feto mostra interesse verso i suoni linguistici e si può evincere dall’aumento del battito cardiaco, quindi l’acquisizione linguistica inizia ancor prima della nascita. Successivamente, dopo i primi giorni di vita, si possono mettere in atto altri esperimenti, come quello della suzione non nutritiva: il neonato dimostra di riuscire ad elaborare il suono linguistico, velocizzando o intensificando la suzione. I neonati, nei primi mesi di vita, riescono a distinguere la propria L1 da lingue di diversa classe ritmica, mentre dai 5 mesi riescono a riconoscerla anche tra lingue della stessa classe ritmica.

La classe ritmica di una lingua dipende dall’alternanza di vocali e consonanti ed esistono tre gruppi di lingue, classificate secondo questo criterio: lingue isosillabiche, come l’italiano, dove le sillabe hanno una durata regolare, lingue isoaccentuali, come l’inglese, che presentano sillabe accentate di uguale durata, e lingue isomoraiche, dove il ritmo è simile alle isosillabiche ma l’unità di base è inferiore alla sillaba (la mora, appunto) e una di esse è il giapponeseProprio perché ai 6 mesi di vita avviene la lateralizzazione, dopo questa età i neonati non sono più in grado di percepire i suoni non appartenenti alla propria lingua materna.

Per quanto riguarda il fattore età nel parlato in lingua materna, possiamo distinguere delle tappe fondamentali nell’acquisizione linguistica e nella produzione in L1 di un bambino:

  • Fase prelinguistica: nei primissimi giorni di vita, il neonato comunica attraverso il pianto che, contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, presenta caratteristiche peculiari in ogni lingua. Come dimostrato dall’esperimento di Mampe su 2500 pianti nel 2009, la curva intonativa del pianto dei neonati è differente a seconda della lingua elaborata durante la gestazione. Per esempio, i neonati francesi hanno un pianto dalla curva intonativa più ascendente, mentre quelli tedeschi più discendente. Dai 2 mesi i neonati producono il cosiddetto cooing, ovvero prolungamenti delle vocali e dopo qualche mese emerge la lallazione, cioè la ripetizioni di sillabe (per questo le prime parole sono in genere «mamma» o «papà»);
  • Fase olofrastica: a partire dal primo anno, iniziano le prime produzioni in lingua materna, singole parole che spesso evocano gli oggetti o le persone della vita quotidiana del bambino e spesso i bambini riproducono le parole che sentono intorno a loro (ecolalia);
  • Fase bimembre: fino ai due anni di vita, i bambini arricchiscono le proprie produzioni linguistiche formando costruzioni con 2-3 parole;
  • Sviluppo morfosintattico: tra il secondo e il terzo anno di vita il bambino inizia a produrre frasi semplici e in generale aumenta l’autonomia;
  • Sviluppo della coordinazione e della subordinazione: dopo i 3 anni si arriva a costruire frasi via via più complesse, ampliando il lessico; infatti, già a 6 anni il bambino possiede intorno alle 5000 famiglie di parole (15.000 parole circa). 
  • Competenza paragonabile a quella adulta: verso i 10 anni, il bambino ha ormai una padronanza della sua lingua materna tale da eguagliare un adulto e il lessico è sempre in espansione. A 14 anni si completa la lateralizzazione del cervello, e quindi si superano tutte le età critiche.

Il fattore età, benché sia stato studiato approfonditamente nell’acquisizione linguistica della lingua materna, rimane una questione controversa nell’apprendimento delle lingue straniere, ma si ipotizzano diversi periodi critici legati a tutti i livelli della lingua, soprattutto per quanto riguarda la pronuncia, poiché si basa su una capacità articolatoria comandata da zone del cervello che si lateralizzano prima delle altre.

Fonte immagine in evidenza: Freepik

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