Akujo è il termine utilizzato per indicare quella tipologia di donne crudeli, dominanti, forti e indipendenti ma con una vena oscura. Termine particolarmente amato da Jun’ichirō Tanizaki, famosissimo scrittore giapponese, noto per la sua malsana ossessione nei riguardi di queste donne ed anche per i suoi forti ed un po’ assurdi feticismi.
Si tratta di uno scrittore nato già maturo, quando ha scritto le sue primissime opere queste apparivano già perfettamente realizzate. Dunque non si nota in lui una crescita particolare, però si nota ovviamente una varietà, un cambiamento di temi per lo più concernenti la sfera erotica, misteriosa e scandalosa.
Nasce in una famiglia abbastanza agiata, cresciuto insieme ai genitori e ai nonni anche se per quanto riguarda la figura portante della sua infanzia e del nucleo familiare in generale, la rilevanza è affibbiata in particolare al nonno. Il nonno era un imprenditore di successo che Tanizaki non conoscerà poiché muore quando lo scrittore aveva appena due anni. Pur non avendolo conosciuto, però, questa figura ha avuto comunque una certa importanza per vari motivi, intanto perché lui era un uomo che aveva la passione per le donne, quindi riteneva di aver forse ereditato questa passione/ossessione dal nonno. Però quest’ultimo era anche un uomo convertito alla religione cristiana ortodossa e aveva nella sua stanza un quadro, un’icona della Madonna.
Questo elemento ha un peso particolare in quanto nella visione di Tanizaki delle donne si alternano queste Akujo, dunque donne maligne, alle donne spesso associate alla figura materna che hanno qualcosa di aureolato che sembra diffondere un senso di santità.
Dopo la morte del nonno iniziano periodi molto complicati e particolari per la famiglia dello scrittore. Il padre non era essenzialmente dotato negli affari per cui Tanizaki si troverà spesso in situazioni di alti e bassi costanti. Passando così da una condizione economica abbastanza importante ad una condizione praticamente misera. Anche queste difficoltà saranno poi, a lungo andare, considerate decisive nella manifestazione dei suoi effettivi disagi. Infatti questa continua mancanza di stabilità sarà particolarmente marcata nelle sue relazioni coniugali.
Ebbe tre mogli, la prima fu la relazione che più fece emergere il suo lato sia tossico che introspettivo in quanto infelice del suo matrimonio. Più la relazione andava avanti e più Tanizaki prendeva coscienza della tipologia di donna che più poteva attirare la sua attenzione.
La sua prima moglie, infatti, era sostanzialmente l’opposto di una Akujo. Era una donna molto servizievole, conforme ai canoni confuciani imposti alle donne dell’epoca. Si trattava dunque di una persona rispettosa, silenziosa, amabile e gentile. Tanizaki non la trattava nel migliore dei modi, anzi, si può dire che spesso e volentieri non mancava di mostrarsi irrispettoso nei suoi riguardi. Questo primo matrimonio portò anche ad uno scandalo molto importante a causa dell’audacia dello scrittore.
Un suo amico si innamorò di sua moglie e la convinse a chiedere il divorzio, ma lo scrittore improvvisamente sviluppò un senso di gelosia e attaccamento così forte nei confronti della donna da portarlo a divulgare pubblicamente le informazioni relative alla causa del suddetto divorzio tramite una dichiarazione congiunta. Ciò, chiaramente, provocò uno scandalo essendo, a quei tempi, fin troppo raro che una persona si esponesse a tali livelli. In ogni caso, grazie a questa esperienza Tanizaki iniziò a comprendere meglio quali fossero le proprie preferenze, anche se malate, che trovano la loro culla in situazioni già pregresse.
A causa della mancanza di denaro, per studiare, trovò lavoro presso una casa di una famiglia molto facoltosa. Si innamorò lì platonicamente di una cameriera iniziando a sviluppare, anche se inconsciamente, i suoi primissimi feticismi. Infatti lo scrittore era particolarmente attratto della cameriere e in particolare dai piedi di quest’ultime. Un ossessione tale che lo portò persino a scriverne alcune opere. Ad esempio, basti pensare all’opera che scrisse a seguito di un periodo di cambiamento nei riguardi del mondo Occidentale successivamente al terremoto nel Kansai ed al suo trasferimento. L’opera in questione si intitola: Chijin no ai e la protagonista è proprio una cameriera, nonostante sia un opera di profonda critica.
Chiaramente, a causa dei temi trattati nelle sue opere, è stato diverse volte vittima di censura, in particolare nella sua opera Shonen che tratta di bambini e nella quale fa, in maniera anche esplicita, riferimenti a episodi ricollegabili a sadomaso e anche al masochismo. Tuttavia, l’opera che più riflette la sua ossessione incondizionata ed erotica nei riguardi delle Akujo è: Shinsei la cui traduzione italiana è Il tatuaggio. L’aspetto trasgressivo è in primo piano, si tratta di un racconto assolutamente perfetto, scritto dalla penna di un autore che si trova al massimo della sua carriera. Si svolge ad Edo e il protagonista è un tatuatore il quale un giorno vede passare un risciò con una giovane donna che non riesce a vedere in viso, ma nota di lei soltanto il piede. Il pallore della sua carnagione suscita in lui una fortissima emozione e quindi non desidera altro che poterla incontrare di nuovo. Però questo non accade finché un giorno, destino vuole, che questa donna bussa alla sua porta per fare una consegna. Lui la fa accomodare e decide diabolicamente di sottoporla ad un tatuaggio.
Le offre un sedativo per farla addormentare e le tatua sulla schiena un ragno che la ricoprirà interamente. Quando la ragazza si sveglia non è così sconvolta come si potrebbe immaginare e lui le mostra, così, delle pitture dove si vedono raffigurate delle rappresentazioni di donne crudeli, sostanzialmente delle Akujo. In particolare, tra i vari dipinti vi è uno raffigurante una donna posta su di una collina di cadaveri. Alla visione di queste opere la donna pare svegliarsi una seconda volta iniziando a provare particolare interesse in ciò che si trova davanti allo sguardo. Qui, dunque, il tatuatore si rende conto di essere riuscito a trasformarla in qualcosa che lei fino a quel momento non aveva saputo essere e cioè una donna crudele, sostanzialmente una Akujo.
Quest’opera non rappresenta solo la malata ossessione che Tanizaki alimenta nei riguardi di queste figure femminili, ma anche la sua visione quasi maschilista della donna stessa. Ciò si traduce quindi in un assurdo paradosso. Nonostante l’idea che venera sia relazionata a delle donne sostanzialmente potenti, nell’opera si carpisce comunque quest’idea dell’uomo in grado di trasformare e di plasmare una donna. Una donna che in questo caso, a seguito della malattia psicologica di un uomo, viene tramutata in un qualcosa che precedentemente non era, in una Akujo.
Questa mania di Tanizaki è così marcata da essere stata persino rappresentata in un manifesto intitolato : Tanizaki no Ashita Akujo ovvero Le donne crudeli di Tanizaki.
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