Alceo: biografia e poetica del lirico di Mitilene
Alceo, nome greco Alkaios e latinizzato Alcaeus, è stato un poeta greco, uno dei massimi esponenti della poesia lirica, nello specifico monodica, vissuto tra il VII e il VI secolo a.C. (all’incirca tra il 620 e il 560 a.C.) a Mitilene, sull’isola di Lesbo, nel Mar Egeo settentrionale. La sua vita, strettamente legata alle vicende politiche della sua città, ci è nota grazie ai suoi stessi versi e alle testimonianze di storici e studiosi, come Diogene Laerzio. La datazione della sua vita ci sembra molto verosimile, grazie ai suoi legami e a quelli della sua famiglia con i personaggi storici dell’epoca. La produzione poetica di Alceo, giunta fino a noi in modo frammentario, riflette le sue passioni, le sue lotte e il suo amore per il vino e per la patria. La sua figura è spesso associata a quella della poetessa Saffo, sua contemporanea, con la quale si ipotizza un legame sentimentale, ad oggi, ancora al centro di dibattiti.
Alceo: la vita e l’esilio a Mitilene
La vita di Alceo fu segnata dalle turbolente vicende politiche di Mitilene. La storiografia dell’epoca narra che i fratelli di Alceo (e probabilmente Alceo stesso, secondo Diogene Laerzio) presero parte all’uccisione del tiranno della città di Mitilene, Melancro.
Le lotte politiche a Mitilene: da Melancro a Mirsilo
L’assassinio di Melancro diede il via ad una lunga lotta per la successione, soprattutto tra aristocratici e il popolo. Successivamente, Mirsilo prese il potere e il giovane poeta fu costretto all’esilio, benché a pochi chilometri dalla natia Mitilene. Alceo visse questo periodo con grande sofferenza, lontano dalla sua amata città.
Alceo e Pittaco: amicizia e tradimento
Quando ritornò finalmente in patria, Alceo lo fece intonando un canto di giubilo: “Era ora! Bisogna prendere la sbornia, bisogna bere a viva forza ora che è morto Mirsilo”. Da questo verso, è facile capire che Alceo non era certo un personaggio accomodante nel sottile gioco di equilibri delle città greche. Pittaco, tra i migliori amici nonché commilitone di Alceo, divenne esimneta della città di Mitilene, una sorta di magistrato supremo con poteri eccezionali. Alceo sembrò non gradire particolarmente la sua nomina, così tanto da appellarlo in alcuni versi con epiteti decisamente poco carini: per il poeta, il suo amico Pittaco era “d’un ramo bastardo”, nonché “coi piedi spazzanti per terra” perché “aveva i piedi piatti e li spazzava per terra”.
L’esilio di Alceo e il ritorno in patria
Queste critiche al potere di Pittaco, unite al carattere fiero e combattivo di Alceo, portarono a un nuovo e lungo esilio del poeta in Tracia. Solo quando Pittaco, prima di lasciare la sua carica, decise di perdonare e di permettere il ritorno a tutti i suoi nemici, Alceo poté fare ritorno in patria.
Le opere di Alceo: frammenti di una poetica civile
La poesia di Alceo è giunta fino a noi in modo frammentario: si conservano circa 400 frammenti. Il poeta si dedicò con passione alla politica e alla vita civile, componendo numerosi versi dedicati alla patria. Alceo, attraverso i suoi scritti, ci appare come un uomo che combatte per i suoi principi: è un poeta civile, senza dimenticare l’amore per i giovani, sebbene non melenso, conformandosi alla durezza dei guerrieri. In vecchiaia, i suoi versi si uniformano verso “l’unico amico che non l’ha mai tradito”, il vino, grande passione di Alceo, spesso celebrato nei suoi canti.
Inni, Peani e Carmi della lotta civile
Le sue opere, scritte in dialetto eolico, sono state suddivise in varie raccolte: Inni, Peani, Carmi della lotta civile. I Carmi della lotta civile riflettono il suo impegno politico e le sue lotte contro i tiranni di Mitilene. Gli Inni e i Peani, invece, erano componimenti di carattere religioso, dedicati alle divinità.
I Canti conviviali e l’amore per il vino
Un’altra importante sezione della sua opera è costituita dai Canti Conviviali, destinati a essere recitati durante il simposio. In questi canti, Alceo celebra il vino come fonte di gioia e di conforto, capace di alleviare le fatiche e le preoccupazioni della vita. La metrica utilizzata da Alceo è prevalentemente quella della celebre strofa alcaica, che da lui prende il nome, ma si trovano anche esempi di strofe saffiche, utilizzate dalla sua conterranea Saffo.
Il rapporto tra Alceo e Saffo: amore o invenzione?
Alceo è sicuramente passato alla storia per la sua presunta passione nei riguardi della coeva poetessa Saffo, dell’isola di Lesbo. La poesia di Alceo nasce nell’ambito dell’eteria, un’associazione di aristocratici legati da vincoli di lealtà e di solidarietà, un mondo prevalentemente maschile e guerresco fatto di intrighi, guerre ed esili.
Alceo, Saffo e l’eteria: due mondi a confronto
Il corrispettivo dell’eteria, per Saffo, è il tiaso: un ambiente popolato dal sesso femminile, dove si insegnano le arti che occorrono prima del matrimonio oltre che il culto della dea Afrodite. In ambienti del genere – sia nell’eteria che nel tiaso – erano frequenti gli interessi di natura omosessuale, del tutto usuali all’epoca. Sono molti i frammenti nei quali Saffo rende pubblica la sua passione per alcune delle abitanti del tiaso, ed anche di come sia triste pensare alla propria partenza, cioè al matrimonio.
La testimonianza di Aristotele e le ipotesi degli studiosi
Alcuni studiosi contemporanei, tra i quali il filologo classico Luciano Canfora, dicono che la vicenda amorosa tra Alceo e Saffo fu certamente romanzata. Di certo, abbiamo l’attestazione di alcuni versi di stampo amoroso di Alceo per Saffo. La prima supposizione di questo amore fu data da Efestione, grammatico del II secolo, studioso di metrica. Testualmente, “Crine di viola, eletta, dolceridente Saffo“. Per un fenomeno di autoschediasma, cioè a causa di una deduzione approssimativa e non verificata, si iniziò a fantasticare su tale rapporto. Tra le attestazioni più valide, troviamo un passaggio della Retorica di Aristotele, dove si dice il filosofo mette sulla bocca dei due poeti queste parole: “Vorrei parlare, ma mi trattiene il pudore’, rispose: ‘Se tu avessi desiderio di cose nobili o belle, e se la lingua non si muovesse a dire qualcosa di cattivo, la vergogna non ti coprirebbe gli occhi, ma parleresti intorno a una cosa che fosse giusta”. Gli studiosi contemporanei tendono a reputare questo scambio, inventato, certamente possibile, ma postulato dopo per rinforzare tale teoria.
Insomma, anche se storiografi posteriori non hanno messo in dubbio questo amore non corrisposto (anche perché Saffo sposò un altro uomo) non ne abbiamo la certezza. Sicuramente, anche per ragioni geografiche e di potere, le due famiglie si conobbero. Il resto si perde tra i meandri della storia, nella vastità della letteratura greca arcaica: poi, c’è da dire che alcuni rifiuti amorosi passano nei secoli più di altri.
[Fonte dell’immagine: Alceo e Saffo su vaso Rosso, Wikipedia.org]