Alchimia nel Medioevo: il legame tra chimica e filosofia

Alchimia nel Medioevo: il legame tra chimica e filosofia

Il termine alchimia deriva dall’arabo, al-khīmiyya, in cui al è articolo determinativo e khīmiyya lo si può tradurre come chimica, esiste anche una correlazione di questo termine con il greco in cui la parola khymeia significa fondere. La storia di questa disciplina è molto lunga, ma in questo articolo porremo l’accento sull’alchimia nel Medioevo.

L’alchimia è una disciplina che si può collocare tra la scienza empirica e la filosofia esoterica e ha diversi obiettivi: il principale che evidenziamo è la trasmutazione dei metalli che si riconduce alla ricerca della pietra filosofale, ma vi sono anche quello della ricerca dell’elisir di lunga vita oppure l’acquisizione della conoscenza assoluta.

Un cenno storico sull’origine dell’alchimia

Essa affonda le sue radici in pratiche arabe antiche che si intersecano con alcuni esempi di credenze egizie e greche; cominciano ad essere istituiti degli scritti al riguardo a partire dall’VIII secolo in cui vengono descritte delle pratiche affini: lo scopo primo era quello di riuscire a ricavare tramite tanti stadi di purificazione della materia prima la pietra filosofale, parliamo di una sostanza che posta a contatto con dei metalli comuni avrebbe dato origine ai metalli del sole (oro) e della luna (argento). Oltre a ciò, tale sostanza avrebbe anche potuto dar vita a tipi di farmaci universali.

Alchimia nel Medioevo

All’inizio della sua diffusione, l’alchimia venne ben presto abbandonata in Europa poiché era associata ad un concetto di paganesimo. Questa però ebbe modo di svilupparsi grazie a degli studiosi arabi che la preservarono e la tramandarono agli spagnoli durante il periodo di Reconquista.

Nell’XI secolo, l’alchimia veniva denigrata e coloro che la praticavano erano temuti e considerati quasi come degli stregoni: gli alchimisti, infatti, conoscevano tante piante curative e minerali che aiutavano i malati; nonostante questa funzione benefica, la scarsa (se non assente) conoscenza verso ciò che praticavano faceva sì che l’alchimia e le sue pratiche venissero allontanate e talvolta limitate. Tra le cause troviamo anche l’utilizzo di manuali ricchi di linguaggio simbolico e complicato che accostava questo nuovo mondo a quello della stregoneria.

Volgendo uno sguardo più concreto all’alchimia nel Medioevo però si comprende facilmente che le pratiche attuate dagli alchimisti del tempo erano delle pure e semplici reazioni chimiche che permettevano loro di condurre vari tipi di esperimenti; nonostante la componente all’apparenza scientifica che dimostrano questi esempi, è bene sapere che ad ogni metallo con cui si era a contatto e si lavorava si associava un elemento naturale con valore filosofico, il tutto senza adagiarsi su una solida base scientifica. Inoltre, ai risultati ottenuti dai vari esperimenti si cercava di dare delle spiegazioni efficaci, ma esse erano legate all’astrologia e alla filosofia e per la mancanza del metodo scientifico non erano empiricamente dimostrabili.

Il mondo dell’alchimia iniziò a cambiare dal XV secolo circa, con la Rivoluzione Scientifica in cui si misero in discussione le teorie della fisica di Aristotele e con la teoria eliocentrica di Copernico, le quali andarono a smantellare i pilastri portanti dell’alchimia, così essa col tempo cominciò a decadere.

Fonte immagine in evidenza: Pixabay

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