Alice nel Paese delle Meraviglie è uno dei più immediati collegamenti che la nostra mente riesce a elaborare (anche senza una precedente infarinatura riguardo il dialogo tra opere appartenenti a codici, linguaggi e culture diverse) quando ci si imbatte per la prima volta nella lettura di 霧のむこうのふしぎな町 (Kiri no mukō no fushigi na machi – Il Meraviglioso Paese oltre la Nebbia) della scrittrice nipponica Kashiwaba Sachiko.
Il romanzo del 1987 è famoso per aver ispirato il due volte premio Oscar (nel 2003 come miglior film d’animazione e nel 2015 come Oscar onorario alla carriera) Miyazaki Hayao, cofondatore, assieme al suo mentore e poi rivale Takahata Isao, del più famoso studio d’animazione giapponese al mondo, lo Studio Ghibli, a creare il film che lo ha portato ad essere il primo direttore di pellicole animate giapponese a vincere un Oscar: 千と千尋の神隠し (“Sen to Chihiro no kamikakushi” – letteralmente La sparizione causata dai Kami di Sen e Chihiro), conosciuto nel Bel Paese come La Città Incantata.
Come in Alice nel Paese delle Meraviglia, ci viene presentata una giovane eroina catapultata all’interno di un mondo fantastico pieno di tranelli e insidie che la metteranno a dura prova e la spingeranno a iniziare un percorso di analisi di se stessa, costringendola a scavare nel suo passato per cercare delle risposte a quesiti irrisolti e sopiti nelle profondità del suo animo.
Alice, a causa delle noiosissime lezioni di sua sorella maggiore, desidera scappare dal mondo in cui vive, sognando la splendida Wonderland, “un paese tutto mio dove nulla avrebbe senso”, come dice alla sua gatta Dinah prima di seguire un coniglietto bianco fino alla sua tana e cadervi, venendo inaspettatamente proiettata in un universo fantastico.
La sua controparte nipponica, chiamata Uesugi Rina nel romanzo della Kashiwaba e Chihiro nell’adattamento cinematografico di Miyazaki, a differenza della protagonista ideata da Carroll, viene trasportata contro la sua volontà in uno sconosciuto paese fantastico dai suoi genitori che, incuriositi dalle grandi quantità di cibo presenti all’interno di chioschi e locande apparentemente vuote, finiscono per essere tramutati in maiali a causa dell’ingordigia con cui lo consumano, lasciando la povera Chihiro sola e spaventata. L’incipit della storia funge da specchio della realtà, dato che la ragazzina sta per trasferirsi in una nuova città, abbandonando i suoi amici, la sua scuola, la sua vecchia vita e tutti i suoi ricordi d’infanzia.
Il tema del viaggio, in questo caso onirico, è un espediente con due finalità apparentemente diverse in un’opera e nell’altra, ma in realtà molto simili: l’accettazione.
Entrambe le giovani ragazze, in seguito all’incontro con personaggi che agiscono come trigger di una serie di importanti riflessioni sulla loro esistenza, arrivano a capire che il mondo in cui vivono e le persone con le quali condividono le proprie vite, sono più preziose di quanto credessero in precedenza.
In Alice nel Paese delle Meraviglie, quindi, la giovane protagonista si ricrede sulla sua tediosa esistenza, ha una maggiore consapevolezza di se stessa, come vediamo nel sequel al primo romanzo “Oltre lo specchio e quel che Alice vi trovò” (1871), ambientato a sei mesi dagli eventi del Paese delle Meraviglie; mentre Chihiro comprende il valore della famiglia e accetta a cuor leggero l’idea di trasferirsi in una nuova città, avendo scoperto di essere in grado di far fronte a mondi inesplorati e sfide inattese.
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