Nata nell’Illinois nel 1921, l’attivista statunitense Betty Friedan portò avanti uno studio nel 1957 sulla vita di un gruppo di sue ex compagne di college, analizzando la loro soddisfazione/insoddisfazione personale quindici anni dopo il conseguimento della laurea.
Da questo studio si ampliarono le sue tesi sul distorto ruolo della donna nella società, relegata al ristretto compito di casalinga-madre e sulla possibilità di superare questo modello imposto con la nascita di una nuova identità femminile, in sintonia con i rapidi cambiamenti culturali, sociali ed economici del tempo.
Nacque l’oramai celebre libro, pubblicato nel 1963, nel pieno dei tumulti relativi ai diritti civili. Dopo la pubblicazione de “La mistica della femminilità”, Betty Friedan ricevette migliaia di lettere di donne che si erano riconosciute in quella deludente descrizione di una vita intrappolata nella “mistica della femminilità”, espressione che va ad indicare il modello marito-figli-casa imposto dalla società statunitense senza tener conto delle reali aspirazioni a una vita lavorativa e sociale diversa e paritaria.
Con la fine della seconda guerra mondiale, l’occupazione femminile nel mondo del lavoro non era crollata ma ne era mutato il concetto. Erano soprattutto le donne sposate che sceglievano di lavorare, non per il perseguimento di una carriera, né per necessità economica o soddisfazione personale, bensì per fare in modo che tale reddito aggiuntivo consentisse alla famiglia standard americana il mantenimento di quello che era definito il “pacchetto standard del comunismo”: casa, televisore, automobile.
I suburbs americani
Come spiega nel suo libro Betty Friedan, “casa”, “consumi”, “figli” sono i concetti che indicano la situazione della donna nella società statunitense all’indomani della guerra; il boom delle nascite che caratterizzò il periodo favorì la spesa in beni di consumo e la villetta monofamiliare, nei suburbs che stavano proliferando, era simbolo della nuova società dell’abbondanza e della nuova libertà americana, laddove il concetto di libertà si intendeva come “il più ampio ventaglio di scelta possibile per il consumatore quando spende i suoi dollari”.
E quindi la casa, simbolo della libertà americana, diventava anche il luogo dove andava ad esplicitarsi la libertà delle donne, dove si riaffermava la domesticità e dove la donna come custode della casa era vista anche come elemento centrale di stabilizzazione sociale. Infatti, la separazione rigida dei ruoli (padre che esce di casa per andare al lavoro e rientra la sera e madre che si occupa della casa e dei figli) fu anche il risultato di un processo di costruzione ideologica che vedeva la famiglia come una delle armi della guerra fredda.
Non a caso, il fatto che le donne restassero relegate all’interno della sfera domestica, nel loro ruolo di protettrici del focolare, era visto come uno degli aspetti positivi che segnavano la differenza dal mondo comunista, dove un’alta percentuale di donne lavorava, modello di donna estremamente criticato dalla società statunitense in quanto ritenuto sia aggressivo che poco rassicurante in termini di femminilità sia destabilizzante rispetto al gioco di ruoli ed alla teoria delle sfere separate che vede l’uomo appartenente alla sfera pubblica e la donna a quella domestica, all’interno di una casa che diviene simbolicamente rifugio dalle ansie e dalle insicurezze sociali. Simbolo quindi della stabilità e della superiorità del sistema politico, sociale ed economico americano.
Studi recenti hanno però dimostrato che, già negli anni ’50, era presente una buona percentuale di donne poco incline a questa retorica della domesticità e che aveva una posizione lavorativa che riteneva soddisfacente a livello personale; anche il livello di istruzione femminile era in crescita, compresa quella universitaria. Queste donne, inoltre, risultarono essere attive e furono protagoniste in diversi contesti: a partire dai movimenti di riforma sociale ai movimenti per la pace e per i diritti civili.
Molte delle stesse donne dei suburbs, seppur in una sorta di domesticità allargata, costituirono in molti casi la struttura portante delle organizzazioni di partito a livello locale, assumendo anche il ruolo di vere e proprie “costruttrici di comunità”.
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