Boccaccio a Napoli: gli anni giovanili e le prime opere
Giovanni Boccaccio è universalmente conosciuto per il suo capolavoro, il Decameron, e per la sua profonda amicizia con Francesco Petrarca. Pochi sanno che il nome del Certaldese, oltre ad essere legato alla cultura toscana del XIV secolo, è vicinissimo alla cultura partenopea. Infatti, Boccaccio a Napoli trascorse un periodo fondamentale della sua giovinezza e della sua formazione letteraria, un periodo che influenzò profondamente la sua produzione artistica. Il soggiorno di Boccaccio a Napoli, durato circa dal 1327 al 1341, coincise con gli anni del regno di Roberto d’Angiò, un sovrano colto e mecenate delle arti. La corte angioina era un ambiente stimolante e raffinato, un crocevia di culture e di idee, e il giovane Boccaccio ne assorbì gli influssi, nutrendo la sua già fervida immaginazione. Il periodo napoletano fu per Boccaccio un vero e proprio “noviziato” letterario, durante il quale scrisse alcune delle sue prime opere, come la Caccia di Diana, il Filocolo, il Filostrato e il Teseida delle nozze d’Emilia.
Boccaccio a Napoli: l’influenza della città sulla sua formazione
Nei primi decenni del 1300, Giovanni Boccaccio era nel pieno di quello che viene definito il suo noviziato letterario. A questo periodo risale, infatti, la sua permanenza a Napoli. Significativa è la cosiddetta “epistola napoletana”, nella quale l’autore mette in scena un “gioco” di rifrazioni plurime e multiformi livelli: il gusto per la quotidianità e per le maschere *alter ego* dell’autore e onnipresenti – tanto in maniera latente quanto in maniera patente – nella sua produzione letteraria è evidente fin da questa primissima attestazione letteraria. Boccaccio a Napoli fu immerso nella vita della corte, frequentò la biblioteca reale e conobbe importanti personalità dell’epoca. Si pensa che abbia incontrato, proprio a Napoli, la donna amata e cantata nelle sue opere sotto lo pseudonimo di Fiammetta, forse Maria d’Aquino, figlia illegittima del re. Sebbene l’identificazione di Fiammetta con Maria d’Aquino sia incerta e non ci siano prove, è innegabile l’importanza di questa figura femminile, probabilmente di estrazione nobile, nella vita e nell’opera di Boccaccio.
Le prime opere di Boccaccio a Napoli: un’analisi
A questo periodo risalgono anche opere più lunghe e complesse: la Caccia di Diana, il Filocolo, il Filostrato e il Teseida delle nozze d’Emilia. La datazione, e di conseguenza l’ordine cronologico di composizione delle opere, resta al momento piuttosto incerta: molte le ipotesi, ma pare inesistente, almeno per lo stato attuale delle ricerche, una prova certa e “risolutiva”. Fra rimandi, indizi e ricerche filologiche pare più accreditata l’ipotesi per cui, su una linea cronologica le opere succitate possano situarsi in tal modo: Caccia di Diana, Filocolo, Filostrato, Teseida delle nozze d’Emilia, con un andamento non lineare dato che probabilmente il Filostrato fu redatto in più stesure e durante le pause di lavorazione del Teseida delle nozze d’Emilia. Le opere del periodo napoletano di Boccaccio costituiscono una sorta di trittico in cui l’analisi di ogni singolo testo risulta imprescindibile dal contemporaneo vaglio delle altre due opere.
Caccia di Diana: la celebrazione delle donne napoletane
Nella Caccia di Diana la trama descrive l’effetto benefico delle amorose donne sugli uomini – con il tramutarsi di questi da animali ad essere umani. Si tratta di un poemetto in terzine che celebra le più belle donne napoletane dell’epoca, trasfigurate in ninfe devote alla dea Diana.
Filocolo: l’amore coniugale e la peregrinatio amoris
Nel Filocolo, Boccaccio presenta una situazione ribaltata rispetto alla Caccia di Diana: qui il protagonista, Florio, messo a dura prova dagli allettamenti della passione, riesce a salvarsi e a proseguire la sua peregrinatio amoris – che è altresì peregrinatio animi – diretto al raggiungimento dell’unione coniugale con la sua innamorata, Biancifiore. Il Filocolo, allora, è scritto tutto intorno all’amore pietoso e casto, tutto intorno all’amore coniugale, e mostra come invidie, gelosie, preconcetti possano ostacolare le felici e pie unioni. Con questo romanzo, Boccaccio mette su, per il suo protagonista, una sorta di percorso di formazione, un *iter* che, come si diceva, da peregrinatio amoris matura in peregrinatio animi sbocciante in fortitudo animi. In tal senso diventa suggestiva l’immagine per cui i due innamorati, finalmente riuniti, possono vivere con la giusta consapevolezza il loro amore.
Filostrato: la passione amorosa e la sua forza distruttiva
Nel Filostrato la trama segue vie contrarie a quelle del Filocolo: in esso né arti venatorie né catalogo di bellezze napoletane, bensì il campo di battaglia fra greci e troiani e gli effetti nefasti del “maledetto foco”. Col Filostrato, Boccaccio, insomma, mostra quali tremendi effetti può provocare un amore insano – vi sono chiari rimandi alla vicenda virgiliana di Enea e Mercurio (relativamente alla storia con Didone) rintracciabili anche all’interno delle Genealogia Deorum Gentilium – retto dalla passione. Boccaccio mette in luce, fra le sue pagine, anche la debolezza dell’uomo che non riesce – ottenebrato dalla lingua infuocata della passione – a ritrovare la luce della ragione.
Teseida delle nozze d’Emilia: l’epica cavalleresca
Se nel Filocolo il sacrificio del protagonista era “metaforico” (la rinuncia delle gioie di fanciullo per l’acquisizione delle “faticose” consapevolezze della maturità), nel Teseida delle nozze d’Emilia si assiste ad un sacrificio umano: Arcita e Palemone, due valorosi cavalieri, duellano per l’amore di Emilia e solo dopo uno scontro in nome dei vessilli di Venere e Marte, l’unione potrà realizzarsi secondo i dettami epici. Questo poema in ottave, infatti, si ispira ai grandi modelli della letteratura medievale, in particolare al ciclo bretone e al ciclo carolingio, e celebra i valori della cavalleria e dell’amor cortese.
Il Decameron: echi napoletani nell’opera matura di Boccaccio
Come si è potuto evincere dalla riflessione qui proposta, le opere boccacciane del cosiddetto “periodo napoletano” sono strettamente correlate fra loro in armonici disegni di simmetria. Data la complessità della materia e dell’ingegno boccacciano, si comprende allora come la dicitura “noviziato” possa apparire più che altro una “convenzione” per distinguere questo periodo da quello più maturo e avanzato raggiunto con la stesura definitiva del Decameron. Se nel Filocolo l’autore trapunta le sue pagine di un amore pio, nel Filostrato ci restituisce tutte le tinte fosche di una irragionevole passione; se nel Filostrato l’amore non è stato “conquistato con fatica” ma raggiunto tramite l’intervento di un medium amoris, nel Filocolo traspare tutta la consapevolezza della fatica della conquista amorosa. E ancora, se nella Caccia di Diana, primissima opera “napoletana”, la donna è capace di “umanizzare” l’animo maschile, nel Filostrato la gelosia è cagione d’atti d’estrema disumanità; mentre nel Teseida delle nozze d’Emilia, il duello cavalleresco è innalzato verso i grandi sospiri dell’epos e dei più valorosi ed eroici codici cavallereschi. Anche nel Decameron, l’opera più famosa di Boccaccio, scritta dopo il suo ritorno a Firenze, sono presenti ambientazioni e personaggi che rimandano al Regno di Napoli. Il Decameron, infatti, è un ritratto vivissimo della casistica umana – commedia umana, fra l’altro definito il testo boccacciano, in una chiarissima corrispondenza con la dantesca commedia “divina” – e ricordato per le sue vicende legate all’amico Francesco Petrarca, varie novelle sono ambientate nel Regno di Napoli, come si ricorda, sono affrescate vicende ambientate nel Regno di Napoli, a testimonianza del legame profondo tra lo scrittore di Certaldo e la città partenopea.
L’eredità di Boccaccio a Napoli: un legame indissolubile
Considerare, allora, queste opere come slegate fra loro, non facenti parte di un qualche disegno d’autore ben preciso nella mente creativa di Giovanni Boccaccio, è sicuramente banalizzazione. L’esperienza di Boccaccio a Napoli fu determinante per la sua maturazione artistica e umana. La città partenopea, con la sua vivacità culturale, la sua bellezza paesaggistica e la sua complessa realtà sociale, offrì al giovane scrittore un’inesauribile fonte di ispirazione. Il legame tra Boccaccio e Napoli è un legame indissolubile, che si riflette nelle sue opere e che contribuisce a rendere la sua figura una delle più importanti e affascinanti della letteratura italiana.
Fonte immagine in evidenza per l’articolo su Boccaccio a Napoli: https://it.wikipedia.org/wiki/Decameron#/media/File:Waterhouse_decameron.jpg