La vita del Buddha è senza dubbio uno degli aspetti più affascinanti della religione buddista. Questo testo si concentra in modo particolare sulla fase della giovinezza di Siddharta Gautama, prima che diventasse il Buddha.
È importante sottolineare che le numerose versioni esistenti della vita del Buddha furono composte svariati secoli dopo la sua morte e nessuna di esse può essere considerata completamente storica. Sono, piuttosto, racconti che combinano elementi storici, leggendari e simbolici, volti a trasmettere gli insegnamenti fondamentali del buddismo.
La nascita e la profezia del Buddha: i primi segni di Siddharta
Secondo la tradizione buddista, gli Shakya erano gli antenati del Buddha, appartenenti ad una classe nobile di guerrieri a capo della città di Kapilavastu (situata nell’odierno Nepal). Il Buddha storico, Siddharta Gautama, fu concepito quando sua madre, Māyā, sognò di essere penetrata nel fianco da un elefante bianco, simbolo di forza e saggezza. Questo sogno fu interpretato come un segno premonitore. In seguito alla sua nascita, avvenuta a Lumbini, i saggi affermarono che il bambino sarebbe diventato un grande re (un chakravartin, un monarca universale) se fosse rimasto nel palazzo, oppure un Buddha, un essere illuminato, se avesse lasciato la vita mondana.
Māyā diede alla luce il bambino in posizione eretta, un evento considerato miracoloso. Il neonato, immediatamente dopo la nascita, si alzò, fece sette passi e dichiarò che quella sarebbe stata la sua ultima rinascita, ponendo fine al ciclo del Samsara. Fu chiamato Siddhārta, che significa “colui che ha raggiunto la meta ultima”. Sul suo corpo erano visibili i Laksana, 32 segni fisici distintivi che, secondo la tradizione, indicavano la sua futura grandezza spirituale.
La giovinezza del Buddha: la vita nel palazzo e le quattro uscite
Siddhārta passò buona parte della sua giovinezza segregato nel palazzo di famiglia, per volere del padre, Suddhodana, che desiderava per lui un futuro da monarca e cercava di proteggerlo da ogni forma di sofferenza. Il padre cercò di intrattenere Siddharta con ogni tipo di piacere e lo fece anche sposare con la principessa Yasodhara.
Questi piaceri, però, non bastarono a soddisfare la curiosità del futuro Buddha, che desiderava vedere il mondo esterno. A ventinove anni, Siddharta uscì per la prima volta dal palazzo reale, accompagnato dal suo auriga Channa. Durante queste uscite, note come le “quattro uscite“, acquisì la consapevolezza della crudeltà e della sofferenza insite nella vita.
La prima uscita: l’incontro con la vecchiaia
Durante la prima uscita, Siddharta incontrò un uomo anziano, debole e curvo. Chiese spiegazioni a Channa, il quale gli rivelò che la vecchiaia è il destino inevitabile di tutti gli esseri umani.
La seconda uscita: la scoperta della malattia
Durante la seconda uscita, vide un uomo malato, sofferente e debilitato. Channa gli spiegò che la malattia è una condizione che può colpire chiunque, in qualsiasi momento. Siddharta rifletté sulla precarietà della salute e sulla follia dell’uomo nel cercare piaceri effimeri, ignorando la costante minaccia della malattia.
La terza uscita: la consapevolezza della morte
Nel terzo episodio, Siddharta si imbatté in un corteo funebre. Vide un cadavere e comprese che la morte è la fine inevitabile di ogni vita. Questa visione lo scosse profondamente, facendogli realizzare l’illusorietà dell’attaccamento alla vita e ai piaceri mondani.
La quarta uscita: La compassione e il dolore.
Infine, egli vide dei contadini che aravano la terra, e degli animali sofferenti, quindi provò compassione e dolore per le sofferenze umane, ma anche per il dolore degli animali.
Il Buddha, dopo queste esperienze, giunse alla conclusione che la sofferenza (Dukkha) accomuna tutti gli esseri senzienti e che essa è causata dall’attaccamento alla vita, ai piaceri, all’ego e all’ignoranza della vera natura della realtà.
La grande rinuncia del Buddha: l’inizio del cammino spirituale
Dopo aver visto un mendicante religioso (un asceta), che appariva sereno e distaccato dalle sofferenze del mondo, Siddharta prese una decisione radicale: abbandonare la vita familiare e agiata del palazzo per dedicarsi alla ricerca della liberazione dalla sofferenza. Questa decisione è nota come la “Grande Rinuncia“. Si spogliò dei suoi ornamenti, si tagliò i capelli (simbolo di rinuncia alla vanità) e lasciò il palazzo, il padre, la moglie e il figlio appena nato, Rahula, per iniziare la sua nuova vita ascetica.
La vita ascetica del Buddha e la via di mezzo
In seguito, Siddharta si recò da alcuni maestri asceti, imparando diverse tecniche di meditazione e di controllo del corpo e della mente. Scelse il cammino dell’austerità, un percorso di rinuncia estrema e di mortificazione del corpo, credendo che questa fosse la via per raggiungere l’illuminazione. Le sue giornate erano caratterizzate da una meditazione intensa e da una quasi totale privazione del cibo, insieme ad alcuni suoi discepoli.
Dopo sei anni di pratica ascetica estrema, Siddharta, ridotto pelle e ossa, capì che la mortificazione del corpo non era la soluzione. Comprese che la vera via per l’illuminazione non risiedeva né nell’eccesso dei piaceri mondani, né nell’estrema privazione. Proclamò così la “via di mezzo”, un sentiero di equilibrio tra gli estremi, che prevede la cura del corpo e della mente attraverso una pratica moderata e consapevole. I suoi discepoli, che vedevano nell’ascetismo estremo l’unica via, lo abbandonarono, considerandolo un traditore.
Tutti questi eventi fanno da presupposto al raggiungimento dell’Illuminazione da parte del Buddha, a Bodh Gaya, e ci danno spunti interessanti per comprendere meglio i principi fondamentali della religione Buddista.
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