Cenosillicafobia e Nictofobia: reali patologie?
Ebbene al mondo esistono svariate tipologie di fobie: si pensi alla più comune claustrofobia, ossia la paura degli spazi chiusi, o all’aracnofobia, la paura dei ragni. Esiste addirittura la filofobia, che si identifica con la paura di innamorarsi e/o instaurare una relazione importante e duratura, ciò per il timore dell’ignoto e di perdere il controllo di se stessi, esasperando così il bisogno di indipendenza. C’è ancora chi soffre di agorafobia, la paura degli spazi aperti, chi ha paura dei clown e chi rabbrividisce alla sola vista degli insetti.
Ma cos’è propriamente una fobia? Cosa sono, infine, cenosillicafobia e nictofobia?
Cenosillicafobia e Nictofobia: cos’è la fobia
Il termine fobia (dal greco “phóbos”, panico, paura) indica la paura irrazionale ed eccessiva manifestantesi in determinate situazioni o in presenza di persone/oggetti senza che sussista un reale pericolo. La fobia, per le sue caratteristiche, costituisce una vera e propria limitazione del quotidiano, dal momento che comporta l’evitamento della situazione temuta o l’eccessiva reazione (ansia, attacchi di panico…) di paura nell’impossibilità dell’evitamento.
Al di là delle più note fobie, ne esistono di inimmaginabili, poco conosciute eppure molto diffuse. Tra queste si annovera senza dubbio la cenosillicafobia.
Cenosillicafobia: cos’è e come combatterla
La cenosillicafobia è certamente una tra le fobie più strane ed insolite esistenti e si identifica con la paura di restare col bicchiere di birra vuoto. Sì, proprio così!
La birra, una delle bevande più antiche, ha origine durante il V millennio in Mesopotamia, dove paradossalmente oggi c’è l’Iran che proibisce l’importazione, il consumo e il commercio di bevande alcoliche. In Occidente tuttavia la birra è la bevanda più bevuta ed amata e c’è appunto chi soffre di attacchi di panico rendendosi conto che il proprio boccale di birra si esaurisce fino a svuotarsi. La fobia insorge prendendo atto dello svuotamento di oltre la metà del bicchiere. A tal proposito diviene insostenibile per un cenosillicafobico la vista di un bicchiere di birra rimasto vuoto. Non bisogna confondere tali fobici con ubriaconi ed alcolisti, in quanto si tratta di una vera e propria fobia, e chi ne soffre va incontro ad autentici attacchi di panico, ma anche a comportamenti aggressivi.
Secondo studi di ricercatori del Missouri, soffrirebbe tale fobia il 5% della popolazione negli USA, e tale insorge molto presto, già in età adolescenziale.
Tuttavia un vero rimedio per combattere la cenosillicafobia non esiste. È possibile affrontare qualche seduta di psicoterapia se non si vuole che la situazione degeneri irrimediabilmente, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe comportare alla salute e alla vita stessa.
Esiste un’altra fobia, più comune della cenosillicafobia, diffusa particolarmente, ma non solo, in età infantile: la nictofobia.
Nictofobia: cos’è e come esorcizzarla
La nictofobia (o acluofobia) è la paura del buio, accompagnata da sensazioni di angoscia e disagio, percepite ritrovandosi in ambienti oscuri. È questo un disturbo fobico abbastanza diffuso tra i bambini, meno negli adulti. Di solito la nictofobia non risiede nella paura dell’oscurità fine a se stessa, bensì nel timore relativo a pericoli (reali o immaginari) che potrebbero essere nascosti nelle tenebre. La nictofobia ha anche carattere temporaneo, insorgendo in soggetti spaventati da episodi del vissuto (presente o passato), pensieri negativi ed esperienze traumatiche (aggressioni, separazioni, delusioni…). Tale fobia comporta sintomi fisiologico-somatici (aumento del battito cardiaco, della respirazione e della sudorazione) e psicologici (ansia, paranoia, panico, angoscia).
Alcuni ricercatori, e psicanalisti come Sigmund Freud, considerano la nictofobia quale manifestazione del disturbo d’ansia di separazione. Infatti tale fobia si presenta solitamente durante l’infanzia, nel periodo in cui bambini cominciano ad acquisire indipendenza dai genitori.
Negli adulti, la nictofobia dipende da molteplici fattori, tra cui episodi traumatici, ma può anche insorgere in periodi stressanti e di difficile gestione. Le persone nictofobiche manifestano ansia insostenibile anche al semplice pensiero di situazione d’oscurità. Tale sensazione si traduce nell’impossibilità di dormire con le luci spente e nel timore di restare soli. Per arginare tale fobia, le persone mettono in atto strategie di evitamento, magari ritardando l’ora di andare a dormire, cercando di non esporsi a tale condizione di disagio, o controllando che le porte siano chiuse e che non ci sia nessuno sotto il letto.
Spesso la nictofobia rappresenta un fenomeno passeggero, destinato a scomparire spontaneamente. Nel caso in cui però la paura del buio persista diventando estrema e cronica, scatenando intensi attacchi di panico e pensieri ossessivi, diviene utile e consigliabile intraprendere un percorso psicoterapeutico o di terapia comportamentale, adottando diverse strategie atte a superare tale fobia.
Un primo passo per esorcizzare la nictofobia consiste nell’esercizio di presa coscienza dell’irrazionalità di tale fobia. In tal senso potrebbe essere opportuno fare una lista delle motivazioni che contrastano la paura: chiedersi se effettivamente l’oscurità possa causare danno e rappresentare una reale minaccia.
Alla consapevolezza subentra la ricerca di persone vicine che possano aiutare nel medesimo esercizio, rafforzando la volontà di superare l’irrazionalità.
Occorre poi predisporre il corpo al riposo: le persone nictofobiche necessitano di addormentarsi con le luci accese, per evitare appunto la situazione di terrore e disagio. Ma in questo modo il corpo risente della stanchezza, in quanto un sonno privo di debita oscurità risulta anche meno riposante e rigenerante. È possibile pertanto introdurre nella camera da letto un tipo di luce che consenta di regolarne l’intensità, in modo da ridurla man mano ed abituarsi così gradualmente all’oscurità.
Il successivo step opportuno consisterà nell’esporsi al buio, ma con la sola immaginazione. L’ansia comparirà senza dubbio, ma al contempo l’esercizio iniziale di autocontrollo e consapevolezza aiuterà a gestire il disagio.
All’immaginazione seguirà l’esposizione autentica all’oscurità: sarà opportuno scegliere un luogo noto e sicuro, come una stanza nella propria casa. Non resta che spegnere le luci e cercare di rimanere in tale situazione il più a lungo possibile. Ovviamente l’ansia inizierà a manifestarsi, ma l’io dovrà puntare all’autocontrollo, magari aiutandosi con parole ripetute a se stessi che infondano tranquillità: “non c’è una reale minaccia”, “anche se c’è buio non succederà nulla” …
D’altronde, essendo l’ansia il principale sintomo della fobia, è fondamentale adoperare tecniche di rilassamento, da eseguire tutti i giorni e soprattutto prima dell’esposizione al buio. Tra gli esercizi consigliati: respirare profondamente con il diaframma, ad ogni inspirazione ripetere una parola o frase che trasmetta tranquillità, immaginare un paesaggio che infonda serenità, avviare in sottofondo qualche brano musicale che rilassi. Infine è opportuno cercare e rifugiarsi in emozioni positive, sempre ascoltando musica, guardando il film preferito, parlare con un amico. L’obiettivo è in definitiva distogliere l’attenzione dall’ansia e dalla paura dell’oscurità, concentrandosi su stimoli che trasmettano positività e tranquillità.
Foto di: viviendoconestilo.com