La ceramica giapponese è da sempre un tratto caratteristico della cultura del Giappone, molti laboratori creati anticamente sono attivi ancora oggi e rendono il patrimonio artistico sempre più sofisticato e unico.
Uno sguardo nel passato
I primi esempi di lavorazione della ceramica giapponese risalgono al neolitico, prodotti con terra cruda. Durante il periodo Jōmon (10000 – 300 a.C.), le ceramiche presentavano una forma a spirale con dei motivi a corda; successivamente, verso la fine del periodo, i manufatti venivano cotti all’aperto col fuoco, ma solo verso il III e il IV secolo vennero edificate fornaci scavate nei pendii delle colline. Contemporaneamente, dalla Corea, venivano importate le prime ruote da vasaio. Uno dei primi artigiani che apprese le tecniche di lavorazione della ceramica fu Kato Shirozaemon, che nel XIII secolo viaggiò in Cina e tornato in Giappone, creò una fornace a Seto. L’arte della ceramica giapponese ben presto conobbe l’influenza del Buddhismo Zen, che incrementò la produzione in ceramica di oggetti legati alle cerimonie, soprattutto alla cerimonia del tè (dal XVI secolo). Nello stesso periodo, cominciarono ad essere sempre più diffusi importanti laboratori d’artigianato: un esempio, che tutt’oggi è ancora in attività è quello di Arita creato nel 1598 dal coreano Lee Sam Pyong. Nel periodo Edo – Tokugawa (1615 – 1868), grazie ai daimyo locali che contribuirono allo sviluppo di attività commerciali e manifatturiere, la lavorazione della ceramica giapponese si diffuse su larga scala nelle zone meridionali.
4 tipi di ceramica giapponese
- Raku – È il genere più popolare, diffusosi a partire dal XVI secolo. L’artista iniziatore è Raku Chojiro e l’oggetto che viene realizzato con questa tipologia è il chawa: si tratta di ciotole in ceramica tradizionale, utilizzate per il tè (di solito il macha);
- Seto – Originaria della città omonima, nel Giappone centrale, viene prodotta con argilla che si trova sulla superficie delle colline circostanti il centro urbano, da cui si producono porcellane e terrecotte. L’esponente principale di questo genere è Tamikichi Kato: si recò ad Arita e apprese la tecnologia del forno e tecniche di preparazione dell’argilla. Lo si considera come il fondatore dell’industria di porcellana di Seto;
- Kutani – Questa tipologia di ceramica giapponese viene decorata con pittura a sovrapposizione e prevede una tecnica di lavorazione un po’ diversa. Infatti, l’argilla che utilizzata viene essiccata prima della cottura, viene poi applicato uno smalto particolare per la creazione di ornamenti pittorici. La ceramica Kutani risale al 1655 circa, quando viene creata la fornace di Kaga, ed è stata uno dei primi esempi esportati dal paese. Può, inoltre, essere classificata in base all’età dei modelli presi in considerazione: abbiamo quelli di epoca Ko-kutani, che sono molto rari da trovare, e quelli dell’epoca Saiko-kutani, elaborati dal XIX secolo, la cui particolarità risiede nell’utilizzo di pigmenti in stile occidentale;
- Imari – I primi esempi di questo genere traevano ispirazione dalla porcellana cinese blu del sud. Quando nel XVII secolo cominciarono le esportazioni di queste opere d’arte, alcuni vasai inglesi presero spunto da questo stile di ceramica giapponese e la rivisitarono. Ad Arita vennero prodotte per la prima volta, utilizzando decorazioni sui toni del blu: ad ispirarne la produzione fu un vasaio coreano, Risampei. Qui le ceramiche sentirono dell’influenza sia cinese che coreana. I soggetti rappresentati ritraevano paesaggi tipici della Cina, successivamente vennero raffigurati invece soggetti più astratti.
La ceramica giapponese, che ancora oggi ci affascina con le sue decorazioni uniche, è un tratto essenziale della cultura nipponica. Per avvicinarci ad essa è fondamentale ammirare e studiare gli esempi giunti fino a noi.
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