Una delle maggiori poetesse in lingua russa del XX secolo, Anna Achmatova ci ha lasciato molti tra i grandi capolavori della letteratura russa.
Cenni biografici
Il suo nome era Anna Andreevna Gorenko, una delle personalità più importanti della poesia russa del XX secolo. Nacque a Odessa nel 1889 e crebbe in una famiglia di nobili origini a Carskoe Selo, non lontano da San Pietroburgo che, al tempo, era sede di un’élite sofisticata di cui anche Anna Achmatova era parte. Anna a cinque anni già parlava fluentemente il francese, mentre ad undici scrisse la sua prima poesia.
Achmatova era lo pseudonimo che il poeta (era al maschile che preferiva farsi chiamare) si era attribuita: decise di chiamarsi come una sua antenata, una principessa che sposò il discendente di Gengis Khan, il Khan Akhmat. La ragione di questa scelta fu dovuta ad un divieto espresso da suo padre, ovvero quello di non infangare il suo nome con le sue poesie.
A San Pietroburgo cominciò a frequentare corsi di letteratura e nel 1903 conobbe quello che sarà suo marito, Nikolaj Stepanovič Gumilëv, anch’egli un importantissimo poeta, figura di spicco del movimento acmeista, del quale anche Anna Achmatova prese parte. Dalla loro, seppur breve, unione nacque il figlio Lev, che sarà un noto storico e antropologo sovietico.
Le vicende personali di Anna Achmatova furono intense e tragiche: nel 1921 i bolscevichi fucilarono il marito, accusandolo di svolgere attività controrivoluzionarie, mentre suo figlio Lev Gumilëv, tra il 1935 e il 1940 fu vittima del grande Terrore staliniano, imprigionato nel Gulag nel periodo delle grandi purghe.
Le opere di Anna Achmatova
La sua poetica fu particolarmente influenzata dalla lettura di Dante Alighieri, ma le sue poesie non erano ben viste nel regime staliniano: nel 1946 Anna Achmatova fu espulsa dall’Unione degli Scrittori Sovietici a causa dei contenuti delle sue opere. Andrej Ždanov, che ebbe un ruolo importante nella vita culturale del Partito dell’Unione Sovietica e nello sviluppo del principio del realismo socialista attraverso la sua dottrina chiamata Ždanovščina, attaccò l’Achmatova definendo le sue opere prive di alcun fine politico; opere aristocratiche che richiamavano la vecchia Russia zarista prerivoluzionaria.
Questa accusa ebbe importanti ripercussioni: l’autrice fu privata delle tessere annonarie, vale a dire quei documenti che stabilivano le razioni di cibo che spettavano alle famiglie. Tuttavia, non fu mai arrestata e, a differenza di tanti altri autori, come ad esempio Marina Cvetaeva, non lasciò mai il Paese.
Tra le sue opere più importanti ritroviamo sicuramente Requiem, un ciclo di poesie composto tra il 1939 e il 1940, proprio negli anni in cui suo figlio Lev era imprigionato. Dedicato a lui, il ciclo fu pubblicato in URSS soltanto nel 1987 a causa della censura. All’interno di questo componimento, Anna Achmatova assume il punto di vista del popolo, disperato e sofferente per i tormenti costretti a subire dal regime; il punto di vista di tutte quelle famiglie che attendevano, pazienti, sotto al gelo o all’afa, di poter donare un pacco di viveri ai propri cari imprigionati ma, soprattutto, di sapere se fossero vivi o morti.
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