Chi sono le Moire / Parche, le tre dee tessitrici del destino

Le Moire, dee tessitrici del destino

Le Moire: le tre divinità del destino nella mitologia greca

Dal greco αἱ Μοῖραι, le Moire, variante greca delle Parche romane, erano le tre divinità da cui dipendeva il destino degli uomini, le tessitrici. Simbolo dell’ineluttabilità del fato, queste tre figure tengono le fila della vita di ogni essere umano, decretandone la durata e le gioie e i dolori che la costelleranno. Figure potenti e temute, le Moire rappresentano un elemento cardine della mitologia greca, incarnando la forza a cui perfino gli dei dovevano sottostare. Figlie di Zeus e di Temi, secondo una versione, e della Notte (Nyx) ed Erebo, secondo un’altra, vivevano nell’Ade, il regno dei morti, ed erano guidate dalla forza suprema del Fato, Ananke, che garantiva ordine e stabilità nel mondo, assegnando a ciascun uomo la sua porzione di vita.

Chi erano le Moire / Parche?

In Omero, la Moira era una sola, una sorta di personificazione del destino individuale, ma già in Esiodo diventano tre: Cloto, la filatrice della vita; Lachesi, la fissatrice della sorte, stabiliva quanto filo spettasse a ogni uomo e decideva le sorti della vita che stava filando, usando lo stame bianco misto ai fili d’oro per indicare i giorni felici e lo stame nero per indicare i giorni di sventura; infine, Atropo, la irremovibile fatalità della morte, quella che con lucide cesoie recideva di netto il filo della vita. Queste sono, di conseguenza, la rappresentazione dei tre momenti culminanti della vita umana: la nascita, la crescita e la morte. Le Moire, o Parche per i romani, erano quindi le divinità che tessevano il destino di ogni uomo, determinandone la sorte dalla nascita alla morte.

Le Moire tra mito e iconografia

Le Moire, chiamate anche Filatrici o Tessitrici del destino, erano figure centrali nella mitologia greca. La loro iconografia, ovvero il modo in cui venivano rappresentate, variava a seconda delle epoche e degli artisti. Le Moire erano già raffigurate in epoca arcaica, sulla celebre arca di Cipselo, ad esempio, o nel puteale neoattico di Madrid e nella copia della lastra di Tegel ma, soprattutto, nella gigantomachia, la battaglia tra dei e giganti, nel fregio dell’altare di Pergamo, dove appaiono in diverse scene sui sarcofagi romani. Le tre erano rappresentate da alcuni come delle vecchie tessitrici e da altri, invece, come giovani donne dall’aspetto severo, con indosso dei lunghi pepli bianchi trapuntati di stelle. A differenza di ciò che molti pensano, le Moire non avevano un solo occhio in comune, che è una caratteristica delle Graie.

Il compito delle Moire: Cloto, Lachesi e Atropo

Cloto, la “filatrice”, dava inizio al filo della vita, simboleggiando la nascita. Lachesi, la “misuratrice”, assegnava a ogni uomo la sua parte di filo, stabilendone la lunghezza e, quindi, la durata della vita e gli eventi, lieti o tristi, che l’avrebbero caratterizzata. Atropo, l'”inevitabile”, recideva il filo con le sue cesoie, decretando la morte. Il compito delle Moire era quello di garantire che ogni essere vivente, mortale o divino, vivesse secondo il proprio destino assegnato.

Il significato dei tre fili: bianco, nero e oro

I fili delle Moire sono di tre colori: bianco, nero e oro. I fili bianchi rappresentano i giorni in cui l’uomo vivrà in letizia e gioia, i fili neri sono i giorni bui e infelici mentre i fili dorati rappresentano il successo e la vita eterna. La combinazione di questi tre colori simboleggia la complessità e la varietà dell’esistenza umana, fatta di momenti felici, tristi e gloriosi. La presenza del filo d’oro, in particolare, indica la possibilità di raggiungere una forma di immortalità, attraverso le proprie azioni o il ricordo che si lascia dopo la morte.

Il potere delle Moire: il destino di Zeus e degli dei

Le Moire hanno tessuto anche il destino di Zeus, decidendo che sarebbe stato colui che avrebbe spodestato Crono. Il filo della vita di Zeus, ad esempio, è interamente d’oro e nessuno, neanche le Moire, può spezzarlo. Tuttavia, alle decisioni delle Moire non potevano opporsi neanche gli dèi; perfino Zeus, la divinità suprema, doveva sottostare al loro volere, così come Era, Atena, Ade, Hermes e Dioniso. L’ineluttabilità cieca delle Moire, infatti, era vista come una forza che frenava il potere degli dèi. La loro autorità si estendeva su tutto il cosmo, garantendo l’ordine cosmico. Esse rappresentavano una forza superiore e imparziale, che non poteva essere influenzata da preghiere, sacrifici o minacce. Nessuno poteva sfuggire al proprio destino, stabilito dalle Moire. Tuttavia, successivamente, soprattutto con il diffondersi di religioni misteriche e dell’orfismo, i Greci iniziarono a guardare al destino come a una forza placabile per mezzo dell’espiazione, introducendo l’idea di provvidenza e di libero arbitrio. Un aspetto interessante è che le Moire sono donne perché i Greci credevano che, essendo la vita un dono materno, anche la morte dovesse dipendere da un’entità femminile.

Le Moire e i tentativi di ingannarle: Apollo e Altea

Le Moire erano immortali, impossibili da uccidere ed è per questo che andavano rispettate e tenute a bada. Tuttavia, c’è chi ha provato a imbrogliarle per tentare di cambiare il destino delle persone care.

Admeto e il suo destino

Tra tutti Apollo, ad esempio, fece ubriacare le Moire per salvare il suo amico Admeto, guardiano delle sue greggi, destinato a morire perché mortale. Le tre divinità concessero ad Admeto del tempo in più a patto che trovasse qualcuno che morisse per lui ma quando il ragazzo si recò dai suoi vecchi genitori implorandoli di morire al suo posto i due rifiutarono dicendo che la loro vita era ancora lunga e felice così Admeto si rassegnò al suo destino.

Meleagro e il tizzone ardente

Tuttavia, anche Altea, sposa del re Eno e madre di Meleagro tentò di intralciare il volere delle Moire; queste ultime, infatti, sette giorni dopo la nascita di Meleagro le fecero visita e una di loro, indicando un tizzone ardente nel camino, disse ad Altea che appena il tizzone si fosse consumato, sarebbe cessata anche la vita del figlio. Così, quando le Moire andarono via, Altea prese il tizzone di legno dal fuoco, lo spense e lo nascose così Meleagro visse ma c’era un prezzo da pagare: il ragazzo, infatti, diventò arrogante, cattivo e viziato così, ad un certo punto Altea decise di riprendere quel pezzo di legno e di accenderlo e, proprio come avevano annunciato le Moire, non appena l’ultimo pezzo del tizzone fu ridotto in cenere, la vita di Meleagro si spense. Tutto ciò sta a indicare che la decisione delle Moire è insindacabile: nessuno può cambiare il proprio destino.

Il culto delle Moire nell’antica Grecia

Le Moire ebbero culto ovunque, non avevano templi ma altarini nei fitti boschi di querce, esposti alle intemperie per indicare che il tempo e gli imprevisti sono parte dell’energia dell’universo. Le Moire venivano venerate specialmente per aggraziarsi la loro benevolenza, spesso in vista di una nuova nascita. Durante i riti per le divinità, le persone si adornavano il capo con ghirlande di fiori perché questi ultimi rappresentano la nascita, la vita e la morte a causa della loro breve durata. Alle Moire si offriva acqua limpida, miele e fiori, cercando di placare la loro inflessibilità.

Le Moire nell’arte: dall’arca di Cipselo a Hercules della Disney

L’immagine delle Moire è stata perpetuata anche dai cartoni, come il film d’animazione Disney Hercules dove le tre, raffigurate con un solo occhio malandato che si passavano a vicenda, nell’intento di togliere la vita ad Ercole notano che il suo filo è completamente d’oro e capiscono che il ragazzo è in realtà un dio, impossibile da uccidere. Attraverso i secoli, le Moire hanno continuato a essere fonte di ispirazione per artisti e scrittori, diventando un simbolo universale del destino e della condizione umana.

Le Parche: il culto delle Moire nell’antica Roma

Nell’antica Roma, le Moire greche venivano identificate con le Parche, divinità che presiedevano al destino umano, in modo analogo alle loro controparti greche. Anche le Parche erano tre: Nona, Decima e Morta. I loro nomi riflettevano le loro funzioni: Nona filava il filo della vita, Decima lo misurava e Morta lo tagliava, determinando la nascita, la durata e la fine dell’esistenza di ogni individuo.

Il culto delle Parche era diffuso in tutto l’Impero Romano, e ad esse venivano dedicati altari e santuari. Erano considerate divinità potenti e inesorabili, il cui volere era irrevocabile anche per gli dei. Venivano invocate in momenti importanti della vita, come la nascita e il matrimonio, e si credeva che potessero influenzare il corso degli eventi. A differenza della rappresentazione greca, dove a volte apparivano come fanciulle, le Parche erano solitamente raffigurate come donne anziane, severe e austere, a sottolineare la loro inflessibilità e il loro potere sul destino.

Le Parche, a differenza delle Moire, non sembra avessero un mito specifico di origine, erano più che altro un’astrazione personificata. Le si pregava durante i parti e, proprio per questo motivo, avevano un culto piuttosto diffuso.

Fonte immagine: Wikipedia

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A proposito di Di Costanzo Mariachiara

Mariachiara Di Costanzo, classe 2000. Prossimamente laureata in Lingue e Culture Comparate all'Università degli Studi di Napoli L'Orientale. Appassionata di moda, musica e poesia, il suo più grande sogno è diventare redattrice di Vogue.

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