Chimney, il dolce ungherese più amato al mondo

Quando si pensa alla cucina ungherese qual è il piatto per eccellenza che viene subito in mente? Il gulasch naturalmente, ovvero la celebre zuppa a base di carne bovina condita con spezie e verdure. Ma anche per quanto riguarda i dolci questa cultura culinaria sa difendersi bene: dalla Dobos, la torta preferita dalla principessa Sissi, alle crêpes magiare dette Palacinta, senza dimenticare una delle specialità più apprezzate sia dai turisti che visitano ogni anno Budapest e città limitrofe che dai residenti stessi: il Chimney.

Chimney: le origini del dolce

Sembra che il Chimney affondi le proprie origini nel Medioevo, dove un primo abbozzo di ricetta si trova trascritto all’interno di un manoscritto del 1450 conservato nella biblioteca di Heidelberg in cui l’autore parla di un cilindro di pasta sfoglia cotto su di uno spiedo e spazzolato con tuorlo d’uovo prima della cottura.

Bisogna però attendere il 1784 quando in Transilvania, regione della confinante Romania, emigrò un gruppo di ungheresi. Lì nella terra del conte Dracula viveva una contessa di nome Mária Mikes de Zabola che all’interno di un suo libro di ricette annotò quella del Chimney, senza tuttavia descrivere un processo particolare per prepararlo. In un altro ricettario di inizio ‘800 si legge che sulla superficie del cilindro venivano aggiunte noci tritate e uno strato di zucchero dopo la cottura. Il nome dato a questa ricetta è in lingua ungherese Kürtóskalács, ovvero “camino dolce” proprio perché la sua forma lunga e cilindrica ricorda quella della cappa di un camino.

Un dolce ideale per l’inverno

La ricetta del Chimney si diffonde in seguito lungo tutta l’Ungheria e raggiunge una popolarità tale da essere esportata in altri paesi dell’est Europa quali Repubblica Ceca, Slovacchia e Polonia. Dato l’aumento del numero di palati che lo apprezzano (e anche per facilitare la vita a chi l’ungherese non lo parla) il dolce iniziò ad essere chiamato, appunto, con il termine inglese Chimney o “Sweet Chimney” e viene venduto sia nelle pasticcerie e sia nelle grandi piazze delle città dai venditori durante fiere e mercatini dove possiamo assistere alla sua preparazione. Un cono di pasta sfoglia, ottenuto mescolando lievito, burro, latte, uova, sale e zucchero, viene fatto cuocere attorno a uno spiedo. Durante la cottura il Chimney viene spennellato con dello zucchero che per via del calore si trasforma in una crosta leggermente scura e lucida. Per finire, il dolce viene delicatamente tirato fuori e la superficie viene ricoperta a scelta di cioccolato, cannella, mandorle, cacao, noci o papavero per poi essere servito.

Se avete in mente di programmare un viaggio a Budapest, non dimenticate di assaggiare questa prelibatezza tanto semplice quanto gustosa. Se poi andate in inverno, per la precisione durante il periodo dei mercatini natalizi in cui le temperature raggiungono lo zero, un dolce e gustoso Chimney da spezzettare e inzuppare in un bel bicchiere di cioccolata calda vi farà raggiungere il nirvana dell’orgasmo gastronomico.

Non potete permettervi un viaggio a Budapest? Nessun problema. Se abitate a Napoli c’è SweetChimney, una pasticceria aperta l’anno scorso nei pressi di Frattamaggiore che è specializzata nella preparazione di questo dolce ungherese proponendolo sia nella sua ricetta classica che in tante varianti. Insomma, non avete scuse per non provarlo!

Ciro Gianluigi Barbato

Fonte immagine copertina: Di Vszhuba – http://kurtos.eu/index2.php?o=4, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32328885

Volete una ricetta del Chimney fatta in casa? Vi proponiamo quella di CakeGardenProject

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A proposito di Ciro Gianluigi Barbato

Classe 1991, diploma di liceo classico, laurea triennale in lettere moderne e magistrale in filologia moderna. Ha scritto per "Il Ritaglio" e "La Cooltura" e da cinque anni scrive per "Eroica". Ama la letteratura, il cinema, l'arte, la musica, il teatro, i fumetti e le serie tv in ogni loro forma, accademica e nerd/pop. Si dice che preferisca dire ciò che pensa con la scrittura in luogo della voce, ma non si hanno prove a riguardo.

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