Conto navale pisano: la lingua italiana nella storia

Conto navale pisano

Il Conto navale pisano: alle origini del volgare toscano

Vi siete mai chiesti qual è il più antico testo toscano ad oggi noto? Se la risposta è sì, ecco tutte le informazioni che vi servono riguardo al famoso Conto navale pisano! Un documento di straordinaria importanza per la storia della lingua italiana, che testimonia l’emergere del volgare toscano come lingua scritta in un’epoca in cui il latino dominava ancora la produzione documentaria.

Storia e ritrovamento del Conto navale pisano: un documento da Philadelphia

Il Conto navale pisano, o Carta Piasana, è un riepilogo delle spese sostenute per l’allestimento di una flotta navale (una galea), risalente all’XI-XII secolo. Fu prodotto a Pisa, che era all’epoca il principale porto della Toscana e una delle più importanti repubbliche marinare, ma fu trovato da Ignazio Baldelli in un codice della Free Library di Philadelphia. Oggi è conservato nella biblioteca pubblica di Philadelphia, negli Stati Uniti, per cui è detto anche Carta di Philadelphia. Si tratta di un documento redatto in un volgare molto vicino al pisano dell’epoca, con alcuni elementi che testimoniano l’influenza di altre parlate toscane.

Contenuto del Conto navale pisano: le spese per l’allestimento di una galea

Come suggerisce il nome, il Conto navale pisano è un registro di spese relative alla costruzione e all’equipaggiamento di una galea, una tipica nave da guerra e da commercio dell’epoca. Il documento elenca in dettaglio i costi sostenuti per l’acquisto di materiali (legname, chiodi, corde, ecc.) e per il pagamento di artigiani e operai specializzati (falegnami, fabbri, calafati, ecc.). Questo tipo di documento, apparentemente arido e tecnico, ci offre in realtà una preziosa finestra sulla vita quotidiana, sull’economia e sulla tecnologia navale della Pisa medievale.

Analisi linguistica del Conto navale pisano: un volgare toscano in formazione

Il Conto navale pisano risulta essere il più antico testo scritto in volgare toscano, che testimonia una forte convergenza linguistica tra le varie parlate toscane, causata dai frequenti scambi economici tra la città di Pisa (importante porto ben collegato con la viabilità continentale attraverso la Via Francigena e l’Arno) e le altre città italiane. Nell’XI-XII secolo la Toscana vive un momento di grande fervore economico, politico e culturale che ha come sua conseguenza la crescente unificazione linguistica, che porterà alla fioritura della letteratura. Il volgare in questo periodo nasce e si diffonde principalmente attraverso le scritture pratiche prodotte dai mercanti che si formavano nelle scuole di abaco, dove imparavano a far di conto. Le scritture pratiche sono testi di vita quotidiana, e il Conto navale pisano ne è un esempio. Il documento è scritto in un volgare toscano ancora in fase di formazione, in cui si mescolano elementi latini e tratti tipici del parlato locale. La lingua del Conto navale pisano, pur essendo ancora lontana dal toscano letterario che si affermerà nei secoli successivi, mostra già alcune caratteristiche tipiche del volgare di area pisana e, più in generale, toscana.

Trascrizione e traduzione di un frammento del Conto navale pisano

Per dare un’idea concreta della lingua del Conto navale pisano, riportiamo di seguito la trascrizione di un breve frammento e la sua traduzione in italiano corrente:

Trascrizione: In nomine Domini, amen. A restaiolo lis. vi […] In remora col filio Orselli sol. xxx. Alo ispornaio sol. xxxx […] A Ramondino filio Orsi sol. xv e dr. viii di subielli […] Pisone di boteghe dr. xxxxi […] Inn aguti ispannali dr. Xii […] A Pilotto sol. iii e dr. v serratura e dela pianeta dr. xviiii […] A Martino testore dr. v […] A manoale dr. vi.

Traduzione Conto navale pisano: Nel nome del Signore, Amen. A colui che produce le reti, 6 libre. Riguardo ai remi col figlio di Orsello, 30 soldi. A colui che costruisce gli speroni, 40 soldi. A Raimondo, figlio di Orso, 15 soldi e 8 dracme del cavicchio di ferro (subiello) per tenere le funi. Pigione di botteghe, 41 dracme. Per i chiodi alti una spanna (aguti ispannali), 12 dracme. A Pilotto 3 soldi e 5 dracme, segatura e pialla 19 dracme. A Martino tessitore 5 dracme. Al manovale 6 dracme.

Lessico e sintassi: tracce di latino e volgare

La libbra (Lis significa libras) si divideva in 20 soldi (sol) e il soldo in 12 denari; le dracme (dr) erano le monete usate all’epoca. Oltre all’invocazione di apertura (In nomine Domini, amen), nel Conto navale pisano anche le indicazioni monetarie sono in latino. In Orselli e Orsi, la “i” indica l’antico genitivo latino, che indicava l’appartenenza ad un capofamiglia, quindi era una sorta di patronimico. Chi ha scritto il Conto navale pisano probabilmente aveva a malapena fatto le scuole di abaco, però dà bene l’idea di come si passi da un volgare latino ad un volgare fiorentino. Le parentesi quadre indicano che c’era scritto altro. Il lessico del documento presenta numerosi latinismi, come “lis” (libre), “sol” (soldi), “dr” (dracme), ma anche termini di origine volgare, come “restaiolo” (colui che produce le reti), “ispornaio” (colui che costruisce gli speroni, ovvero le punte metalliche a prua delle galee) e “aguti ispannali” (chiodi lunghi una spanna). La sintassi è ancora semplice e paratattica, con frasi brevi e coordinate tra loro. Si noti l’uso del genitivo di specificazione di tipo latino (“filio Orsi”) e la presenza di termini tecnici legati alla costruzione navale (“subielli”, sorta di cavicchi di ferro).

L’importanza del Conto navale pisano per la storia della lingua italiana

Il Conto navale pisano è un documento di eccezionale importanza per la storia della lingua italiana. Esso dimostra come già nell’XI-XII secolo il volgare toscano fosse utilizzato non solo nella comunicazione orale, ma anche nella redazione di documenti scritti di carattere pratico. La sua lingua, pur essendo ancora lontana dallo standard letterario che si affermerà nei secoli successivi, mostra già una certa omogeneità e presenta tratti linguistici che saranno poi tipici del toscano e dell’italiano. Inoltre, il documento testimonia l’importanza di Pisa come centro di scambi commerciali e culturali, ruolo favorito anche dalla sua posizione strategica lungo la Via Francigena e il fiume Arno. Grazie a questa fitta rete di contatti, il volgare pisano dell’epoca poté assorbire e diffondere elementi linguistici provenienti da diverse aree della Toscana, contribuendo così al processo di unificazione linguistica della regione. In conclusione, il Conto navale pisano rappresenta una preziosa testimonianza delle origini della lingua italiana e un documento fondamentale per comprendere la storia sociale, economica e linguistica dell’Italia medievale.

Fonte immagine: Pixabay

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2 Comments on “Conto navale pisano: la lingua italiana nella storia”

  1. Tutto giusto tranne il finale: si passa dal latino all’italiano tramite il pisano. Il fiorentino non c’entra nulla.

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