Delocalizzazione: cos’è, vantaggi e svantaggi
La delocalizzazione è, come afferma Oxford Languages, «lo spostamento in altri Paesi di processi produttivi o fasi di lavorazione al fine di guadagnare competitività». Un fenomeno complesso, strettamente legato alla globalizzazione e all’apertura dei mercati globali, che da sempre ha suscitato opinioni contrastanti, dovute dalle considerazioni che si pongono su cos’è la delocalizzazione e ciò che ne comporta. Questo fenomeno, infatti, si inserisce in un contesto economico sempre più interconnesso, dove le aziende cercano di ottimizzare i propri processi produttivi e di espandere la propria presenza a livello internazionale. Ma, di fatto, in che cosa consiste realmente la delocalizzazione? Si tratta di una strategia aziendale che prevede il trasferimento di intere filiere produttive, o di singole fasi di lavorazione, in paesi esteri, solitamente paesi in via di sviluppo, dove il costo del lavoro e, in generale, i costi di produzione sono inferiori. Questo spostamento, definito anche outsourcing o offshoring, può riguardare sia la produzione di beni materiali, come nel caso dell’industria tessile o automobilistica, sia la fornitura di servizi, come i call center o lo sviluppo di software.
Cos’è la delocalizzazione: una definizione
Con l’avvento della globalizzazione e del continuo espandersi dei mercati ha portato a dei forti cambiamenti dovuti dalle esigenze aziendali, come appunto la delocalizzazione. Si tratta del trasferimento di attività produttive, o di parti di esse, in paesi diversi da quello di origine dell’azienda. Questo fenomeno, che rientra nelle dinamiche del mercato globale, ha subito una forte accelerazione negli ultimi decenni, grazie anche allo sviluppo delle tecnologie di comunicazione e trasporto.
I vantaggi della delocalizzazione: perché le aziende la scelgono
Naturalmente il vantaggio che ne riceve l’azienda, oltre ad essere il forte incremento che una piccola filiale in un nuovo paese potrebbe provocare, è l’acquisizione di nuovi acquirenti in nuove località del mondo. La delocalizzazione, infatti, permette alle multinazionali di accedere a nuovi mercati in modo più diretto ed efficace, adattando i propri prodotti alle esigenze specifiche dei consumatori locali.
Nuovi mercati e nuovi clienti
Uno dei principali vantaggi della delocalizzazione è proprio l’accesso facilitato a nuovi mercati. Spostando la produzione o una parte di essa in un determinato paese, un’azienda può più facilmente conquistare la clientela locale, aumentando le proprie quote di mercato e, di conseguenza, i propri profitti.
Riduzione dei costi di produzione
Naturalmente un ulteriore vantaggio che queste “piccole aziende” portano alla multinazionale è il costo inferiore. Decisamente i fattori produttivi influenzano il costo della riuscita del progetto. Oltre al facile accesso ai mercati, si ha che con la delocalizzazione della produzione le aziende hanno accesso anche a nuovo personale, il quale, provenendo da altri paesi, ha metodologie differenti e tecniche da poter implementare nella conoscenza del contesto e delle preferenze della clientela. Il minor costo del lavoro, la presenza di incentivi fiscali, la minore pressione normativa in materia di ambiente e sicurezza sul lavoro sono tutti fattori che contribuiscono a rendere la delocalizzazione una scelta economicamente vantaggiosa per molte imprese. Grazie alla riduzione dei costi, le aziende possono ottenere economie di scala e aumentare la propria competitività sui mercati internazionali.
Accesso a nuove competenze
La delocalizzazione, inoltre, può offrire alle aziende la possibilità di accedere a competenze e professionalità specifiche, magari non presenti o difficili da reperire nel paese di origine. Questo può tradursi in un miglioramento della qualità dei prodotti o dei servizi offerti.
Gli svantaggi della delocalizzazione: l’impatto su economia e ambiente
Gli svantaggi sono dovuti spesso al fattore economico della grande azienda, oltre all’ingente numero di lavoratori che assume si ha una continua ricerca di mercato.
La questione occupazionale e la ricerca di mercato
La ricerca di mercato dovuta alla delocalizzazione, naturalmente, comporta allo stesso modo un trasferimento in nuove filiali per diminuire i costi di produzione e nuove domande di mercato. La delocalizzazione, infatti, può avere un impatto negativo sull’occupazione nel paese di origine dell’azienda, causando la perdita di posti di lavoro, soprattutto nei settori manifatturieri, e alimentando il dibattito sul reshoring, cioè il rientro in patria delle attività produttive, e sul nearshoring, ovvero lo spostamento della produzione in paesi vicini.
Il rischio di sfruttamento e gli scandali aziendali
Inoltre sono numerosi gli scandali nei quali differenti aziende hanno riscontrato l’accusa di sfruttamento di lavoratori o ambientale. Un chiaro esempio è la Shell nei territori nigeriani, con violazione del diritto internazionale. Dato che l’azienda ha una forte supervisione del mercato e allo stesso modo della clientela, questo intacca la reputazione aziendale, o brand reputation. Il mercato e le varie strategie di marketing possono danneggiare la reputazione dell’azienda e cambia allo stesso modo la percezione che si ha di essa. La delocalizzazione, infatti, può esporre le aziende al rischio di essere coinvolte in pratiche di sfruttamento del lavoro minorile o di violazione dei diritti umani e ambientali nei paesi ospitanti, soprattutto se questi ultimi non dispongono di una legislazione adeguata in materia di tutela del lavoro e dell’ambiente.
Le difficoltà di comunicazione e le differenze culturali
Senza dubbio un nuovo territorio, dei nuovi lavoratori implicano anche un forte distanza culturale e linguistica, non deve essere scontato il contrasto che si può avere con una cultura differente sull’ impatto aziendale. La gestione di una filiera produttiva delocalizzata può essere complessa e richiedere un notevole sforzo organizzativo, soprattutto per quanto riguarda il coordinamento delle attività, il controllo della qualità e la gestione della logistica.
Delocalizzazione e responsabilità sociale d’impresa: il caso Nestlé e H&M
Inevitabilmente la questione viene posta sul piano dell’azienda e dei paesi ospitanti. È effettivamente una situazione di subalternità? Alcuni esempi celebri sono la Nestlé nel periodo in cui la clientela era preoccupata a causa dell’utilizzo di olio di palma, oltre allo sfruttamento territoriale anche il consumo ha subito delle conseguenze negative. La Nestlé non ha mai fornito delle risposte, cancellava i commenti negativi dei consumatori sulle varie piattaforme social. La delocalizzazione, infatti, solleva importanti questioni di etica aziendale e di responsabilità sociale d’impresa. Le aziende che delocalizzano devono prestare attenzione a rispettare i diritti dei lavoratori, a tutelare l’ambiente e a contribuire allo sviluppo sostenibile dei paesi in cui operano. Un comportamento denotato dai consumatori, i quali man mano hanno articolato delle accuse come “Green Washing” di cui sono state accusate numerose aziende, la prima è H&M che ha presentato la linea conscious con il motto «rispettosa dell’ambiente». Successivamente si è evidenziata l’ipocrisia di tale scelta aziendale, partita proprio da una delle più grandi catene di produttori di fast-fashion.
Delocalizzazione: un fenomeno complesso
La delocalizzazione ha avuto i suoi forti effetti positivi sull’economia e sul capitale aziendale, allo stesso modo ha comportato numerosi svantaggi a chi ne usufruisce, innescando dei processi economici che non sono del tutto positivi all’interno della società e che spesso sono associati a fenomeni come il dumping sociale e ambientale. Si tratta di un fenomeno complesso, che deve essere valutato attentamente, tenendo conto non solo dei vantaggi economici per le aziende, ma anche delle conseguenze sociali, ambientali ed etiche. Promuovere un modello di sviluppo sostenibile, basato sul commercio equo e solidale, sul rispetto dei diritti del lavoro e sulla tutela dell’ambiente, è una sfida importante per il futuro del mercato globale.
Fonte immagine per l’articolo Cos’è la delocalizzazione: tra opportunità e sfruttamento: Freepik.com