È divenuto di uso comune l’accezione dell’inganno del cavallo di Troia, oltre ad essere spesso ricorrente in letteratura come un dei tranelli più famosi della storia, simboleggia allo stesso modo lo stratagemma colmo di furbizia che ha portato alla conquista della città di Troia.
Ma di cosa si tratta in particolare? In principio l’inganno del cavallo di Troia viene citato nelle vicende dell’Odissea, poema epico greco di Omero il quale narra i viaggi di Ulisse nella speranza di poter tornare ad Itaca.
L’inganno viene accennato parlando non appunto della sanguinosa battaglia che vede le milizie Greche e quelle Troiane scontrarsi per anni.
Successivamente la vicenda viene approfondita nell’Eneide. Tale poema epico, posto per ultimo per il completamento del ciclo di guerra di Troia e delle imprese dei suoi eroi; narra la storia di Enea, soldato Troiano che dopo la distruzione della sua città è costretto a navigare a lungo in cerca di un nuovo territorio dove potersi stanziare, in seguito ad un susseguirsi di viaggi, amori, battaglie e scoperte si ritrova sulle coste italiane.
Dunque le prime pagine dell’Eneide si aprono proprio sul cavallo di Troia e come l’astuto inganno viene azionato. Dopo una serie di battaglie tra Greci e Troiani, i soldati Troiani notano una mattina come non ci sia più l’accampamento dei Greci assieme alle navi lungo le coste; ma è presente una grande figura in legno di un cavallo. Si riteneva che il cavallo fosse un’offerta che i Greci avevano donato alla dea Minerva per poter compiere un sereno ritorno a casa e allo stesso tempo fu interpretato come dichiarazione di sconfitta verso i Troiani.
Inseguito ai lunghi festeggiamenti sulla vittoria della guerra decennale, non appena i banchetti e la festa finirono, la città sembrava totalmente calma, i greci nascosti nella grande struttura in legno si apprestano ad appiccare la città in fiamme, costringendo l’intera città di Troia alla fuga.
Di conseguenza si scoprì che i greci si erano nascosti nella pancia del cavallo in modo da trarre in inganno e sgattaiolare sotto il naso delle sentinelle di guardia alle mura della città.
Oltre ad essere un mito epico, l’inganno del cavallo di Troia è tutt’ora attinente, poiché la storia a cui Virgilio accenna è riconoscibile con gran facilità nel circondario italiano, a causa dei paesaggi, le coste oltre all’incanto dell’avvenuta racchiuso in essa. Allo stesso tempo rappresenta uno degli stratagemmi più famosi che in modo subdolo rende la conquista e l’infiltrazione di forze nemiche durante la battaglia. Al giorno d’ oggi è ancora evocativa dati i continui rimandi che si hanno a tale storia e all’intrinseco inganno dovuto da un elemento tanto grande quanto il mito che si cela in seguito con la creazione della città di Roma.
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