Cos’è l’inganno del cavallo di Troia: mito e spiegazione

inganno del cavallo di troia: storia

È divenuto di uso comune l’accezione dell’inganno del cavallo di Troia. Oltre ad essere spesso ricorrente in letteratura come uno dei tranelli più famosi della storia, simboleggia lo stratagemma colmo di furbizia che ha portato alla conquista della città di Troia. Ma di cosa si tratta in particolare? Il cavallo di Troia è uno stratagemma ideato dagli Achei, in particolare da Odisseo (o Ulisse), per espugnare la città di Troia durante la celebre guerra di Troia, che secondo la leggenda è durata dieci anni. La storia di questo inganno è narrata in diversi poemi epici, in particolare nell’Odissea di Omero e nell’Eneide di Virgilio, ma le sue origini si perdono nel mito. Si narra, infatti, che la guerra di Troia sia scoppiata a causa del rapimento di Elena, moglie di Menelao, re di Sparta, da parte di Paride, principe troiano. Agamennone, fratello di Menelao e re di Micene, radunò un grande esercito di Achei per vendicare l’offesa e riportare Elena a Sparta. Dopo dieci anni di assedio, i Greci, guidati dall’ingegno di Ulisse, escogitano un piano astuto per penetrare nelle mura di Troia: la costruzione di un enorme cavallo di legno, apparentemente lasciato come dono per la dea Atena (o Minerva per i Romani), in realtà è una trappola mortale.

Cos’è il cavallo di Troia: l’inganno più famoso della storia

In principio l’inganno del cavallo di Troia viene citato nelle vicende dell’Odissea, poema epico greco di Omero, il quale narra i viaggi di Ulisse nella speranza di poter tornare ad Itaca. L’inganno viene accennato parlando, appunto, della sanguinosa battaglia che vede le milizie greche e quelle troiane scontrarsi per anni. Il cavallo di Troia, quindi, è un enorme cavallo di legno costruito dagli Achei, su suggerimento di Ulisse, durante l’assedio della città di Troia. La leggenda narra che i Greci, dopo dieci anni di guerra, finsero di ritirarsi, lasciando sulla spiaggia, di fronte alle mura di Troia, un gigantesco cavallo di legno come offerta alla dea Atena, per propiziare un sereno ritorno in patria.

Il cavallo di Troia nell’Odissea: il racconto di Omero

Nell’Odissea, Omero racconta l’antefatto e le conseguenze dell’inganno del cavallo di Troia, ma non descrive dettagliatamente l’episodio. Si apprende che Ulisse, re di Itaca e famoso per la sua astuzia, fu l’ideatore del piano. Omero accenna al cavallo di Troia quando narra del ritorno di Ulisse in patria e delle sue peripezie, e racconta di come l’inganno del cavallo sia stato determinante per la vittoria degli Achei.

Il cavallo di Troia nell’Eneide: il racconto di Virgilio

Successivamente la vicenda viene approfondita nell’Eneide. Tale poema epico, posto per ultimo per il completamento del ciclo di guerra di Troia e delle imprese dei suoi eroi, narra la storia di Enea, soldato troiano che dopo la distruzione della sua città è costretto a navigare a lungo in cerca di un nuovo territorio dove potersi stanziare. In seguito ad un susseguirsi di viaggi, amori, battaglie e scoperte si ritrova sulle coste italiane. Dunque le prime pagine dell’Eneide si aprono proprio sul cavallo di Troia e su come l’astuto inganno viene azionato. È proprio nell’Eneide che troviamo la descrizione più dettagliata dell’episodio del cavallo di Troia. Virgilio racconta che i Troiani, vedendo la spiaggia deserta e il gigantesco cavallo, credettero che i Greci si fossero arresi e fossero finalmente ripartiti. Nonostante gli avvertimenti di Cassandra e Laocoonte, che sospettavano un tranello, i Troiani decisero di introdurre il cavallo all’interno delle mura della città, considerandolo un dono votivo.

Come fu usato il cavallo di Troia: lo stratagemma

Dopo una serie di battaglie tra Greci e Troiani, i soldati Troiani notano una mattina come non ci sia più l’accampamento dei Greci assieme alle navi lungo le coste, sulle coste della Turchia, in Asia Minore; al suo posto è presente una grande figura in legno di un cavallo. Si riteneva che il cavallo fosse un’offerta che i Greci avevano donato alla dea Minerva per poter compiere un sereno ritorno a casa e allo stesso tempo fu interpretato come dichiarazione di sconfitta verso i Troiani. Il piano di Ulisse, quindi, prevedeva che un gruppo scelto di guerrieri greci, tra cui lo stesso Ulisse e Menelao, si nascondesse all’interno del cavallo di legno. Un soldato greco, Sinone, si finse disertore e convinse i Troiani, con un abile discorso, che il cavallo era un dono sacro e che, se fosse stato portato dentro le mura, avrebbe reso la città di Troia inespugnabile.

La caduta di Troia

In seguito ai lunghi festeggiamenti sulla vittoria della guerra decennale, non appena i banchetti e la festa finirono, la città sembrava totalmente calma. I greci nascosti nella grande struttura in legno, nella pancia del cavallo, di notte uscirono dal loro nascondiglio e aprirono le porte della città all’esercito greco, che nel frattempo era tornato di nascosto. I Greci appiccano la città in fiamme, costringendo l’intera città di Troia alla fuga, saccheggiarono e distrussero Troia, compiendo una terribile strage. Così, grazie all’inganno del cavallo di Troia, i Greci riuscirono a vincere la guerra e a radere al suolo la città nemica.

Il cavallo di Troia: mito e realtà

Oltre ad essere un mito epico, l’inganno del cavallo di Troia è rilevante ancora oggi, poiché la storia a cui Virgilio accenna è riconoscibile con gran facilità nel circondario italiano, a causa dei paesaggi, le coste oltre all’incanto dell’avvenuta racchiuso in essa. La città di Troia è stata a lungo considerata solo una leggenda, ma alla fine dell’Ottocento l’archeologo tedesco Heinrich Schliemann scoprì i resti di una città antica sulla collina di Hissarlik, in Turchia, che molti studiosi identificano con la Troia omerica. Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce le mura di Troia, resti di palazzi e di templi, e hanno confermato che la città fu distrutta da un incendio intorno al XII secolo a.C., data che coincide con quella tradizionalmente attribuita alla guerra di Troia. Sebbene non ci sia alcuna prova archeologica dell’esistenza del cavallo di Troia, la scoperta del sito archeologico di Troia ha dato maggiore concretezza al mito.

La sua eredità: un simbolo di astuzia

Allo stesso tempo il cavallo di Troia rappresenta uno degli stratagemmi più famosi che in modo subdolo rende la conquista e l’infiltrazione di forze nemiche durante la battaglia. Al giorno d’ oggi è ancora evocativa dati i continui rimandi che si hanno a tale storia e all’intrinseco inganno dovuto da un elemento tanto grande quanto il mito che si cela in seguito con la creazione della città di Roma. Il cavallo di Troia è divenuto un simbolo di astuzia, di inganno e di tradimento. La sua storia continua ad essere raccontata e reinterpretata in libri, film e opere teatrali, a dimostrazione della sua perdurante forza evocativa. L’espressione “cavallo di Troia” è entrata nel linguaggio comune per indicare un inganno o una minaccia nascosta, un pericolo che si cela dietro un’apparenza innocua.

Fonte immagine di copertina: Wikipedia

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