Cromofobia di David Batchelor, artista e scrittore scozzese, vissuto intorno al 1955, analizza la storia e i motivi della cromofobia, dai suoi inizi, attraverso gli esempi letterari del XIX secolo, all’architettura e la filmografia del XX secolo, la Pop art, il minimalismo, l’arte e l’architettura dei nostri giorni. Lui spiega come la paura della contaminazione attraverso il colore sia una costante all’interno della storia dell’Occidente. Si cerca di eliminare il colore da ogni tipo di raffigurazione artistica, rimpiazzandolo con il bianco.
Cromofobia: il predominio del bianco
Questo bianco era bianco in maniera aggressiva. Imponeva la sua influenza su tutto quello che gli era attorno, e niente gli sfuggiva. Il bianco puro di cui era impossibile per l’Occidente liberarsene, in molti testi prevale solo ed esclusivamente il bianco; Cuore di tenebra è colorato quasi esclusivamente di neri e bianchi. Una contrapposizione, questa, che non coincide con l’altra grande contrapposizione su cui è costruito il racconto, quella fra tenebra e luce, ma che vuole accentuare elementi di bianchezza che diventano lo snodo fondamentale del racconto. dalla “grande balena bianca” di Melville al “Viaggio verso est” di Le Corbusier, agli esperimenti con la mescalina di Huxley, ai viaggi di Dorothy nel Regno di Oz; il tutto “in connessione agli esperimenti di artisti contemporanei con i materiali e le vernici industriali e che riflettono l’uso del bianco da parte dell’Occidente”.
Il bianco come elemento aggressivo e totalizzante
Il bianco descritto da Batchelor non è un semplice colore, ma un’entità che impone la sua influenza in modo aggressivo e totalizzante. Questa visione riflette una cromofobia radicata nella cultura occidentale, dove il bianco è spesso associato a purezza e controllo.
Esempi letterari e artistici dell’uso del bianco
Da “Moby Dick” di Melville al “Viaggio verso est” di Le Corbusier, passando per gli esperimenti di Huxley e le avventure di Dorothy nel Regno di Oz, il bianco emerge come un elemento ricorrente nelle espressioni artistiche e letterarie. Questi esempi illustrano come la paura del colore si manifesti attraverso un’ossessione per il bianco.
Manifestazioni della cromofobia: respingere il colore
La cromofobia si manifesta nei tanti e vari tentativi di respingere il colore dalla cultura, di svalutare il colore, di diminuirne la rilevanza, di negarne la complessità. Più specificamente: questa liberazione dal colore è di solito realizzata in due modi. Nella prima, il colore viene considerato come proprietà di un qualche corpo “estraneo”: di solito il femminile, l’orientale, il primitivo, l’infantile, il volgare, il bizzarro o il patologico. Nella seconda, il colore viene relegato al regno del superficiale, del supplementare, dell’inessenziale o del cosmetico. Nell’una, il colore è guardato come alieno e perciò pericoloso; nell’altra, è percepito soltanto come una qualità secondaria dell’esperienza, e quindi non meritevole di seria considerazione. Il colore è pericoloso, è banale. “In entrambi i casi, comunque, il colore è di solito escluso dalle più elevate occupazioni della Mente. È altro rispetto ai più alti valori della cultura occidentale. O forse è la cultura che è altro rispetto ai più alti valori del colore. O il colore è la corruzione della cultura”.
Il colore come proprietà “estranea”
Una delle manifestazioni della cromofobia è la sua associazione a categorie considerate “estranee” o inferiori, come il femminile, l’orientale, il primitivo, l’infantile, il volgare, il bizzarro o il patologico. In questo modo, il colore viene percepito come una minaccia all’ordine e alla purezza della cultura occidentale.
Il colore relegato al superficiale
Un’altra forma di cromofobia consiste nel relegare il colore al regno del superficiale, del supplementare, dell’inessenziale o del cosmetico. In questo modo, il colore viene svalutato e considerato non degno di seria considerazione, in contrasto con le “più elevate occupazioni della Mente”.