Troppo spesso accade che il Sud d’Italia venga menzionato per la narrazione di vicende politicamente spiacevoli o a causa della sua presunta arretratezza rispetto al resto della Penisola, ma per fortuna fonti documentarie attendibili, anche di popolare devozione in Calabria, da ricondurre a un passato più o meno recente, intervengono a nostro supporto per smentire tale brutta convinzione. Basti pensare ai sostrati che compongono la storia linguistica siciliana: greco, latino e arabo. Inoltre la regione Calabria ha pure svolto una funzione determinante nello sviluppo culturale occidentale per la minuziosa attività amanuense di conservazione delle opere di Platone e Aristotele negli scriptoria di Cassiodoro e la divulgazione del pensiero di personalità di spicco come San Francesco da Paola o Tommaso Campanella. E proprio su quest’ultima regione intendiamo noi ora soffermarci.
Storia della scultura calabrese
La Calabria è la culla della Magna Grecia, origine testimoniata dal Parco Archeologico di Capo Colonna a Crotone, dalla fortunatamente sopravvissuta Cattolica di Stilo nei pressi dell’antica Rhegion (oggi Reggio Calabria); senza dimenticare i resti monumentali di Locri Epizefiri (oggi Locri), Metauros (Gioia Tauro), Hipponion (Vibo Valentia), l’antica Kaulon (Monasterace Marina).
La regione fu poi presieduta in epoca moderna da un variegato ventaglio di nobili famiglie che ne padroneggiavano i possedimenti feudali, ma tra queste una delle più rinomate è forse quella dei Ruffo, tra le sette maggiori casate provenienti dal Regno di Napoli. Con un interessante gioco di commissioni ai coevi artisti più richiesti questi blasonati padroni promossero tra l’altro la circolazione di sculture realizzate in loco o importate dai più grandi centri di produzione (Napoli, la Sicilia) per poi collocarle in apposite cappelle o edicole votive create per l’occasione dagli stessi committenti a scopo devozionale. Dunque l’arte figurativa (che poteva pure servire, oltre che per diffonderne la devozione in Calabria, anche come propaganda del prestigio politico dei possessori, mossi dal desiderio di eternarsi nel ricordo dei posteri), e in particolare la scultura sacra calabrese di epoca rinascimentale, può costituire un’allettante matrice di informazioni utili ai fini della valorizzazione di un territorio a lungo abbandonato a se stesso o meglio, sottovalutato.
Più ci si allontana dai maggiori centri della regione più aumenta la quantità di opere ancora poco investigate, ma di pregevole e innegabile bellezza e di cui chiarire notizie quali: la datazione esatta dei manufatti, il nome dell’artista, la menzione del committente, la destinazione delle opere stesse e gli eventuali spostamenti avvenuti nel tempo. Il massiccio montuoso dell’Appennino calabro noto con il comune appellativo di “Aspromonte” pullula di questi resti marmorei. Ricordiamo tra i tanti esempi di sacra devozione in Calabria: L’Annunciazione in marmo di Antonello Gagini della chiesa di San Teodoro Martire di Bagaladi, il San Sebastiano del Museo diocesano di Oppido Mamertina (RC) e la Santa Caterina d’Alessandria a Terranova Sappo Minulio (RC) entrambi ricondotti a Benedetto da Maiano, una Madonna del Pilerio di Antonello Gagini (figlio del più noto Domenico Gagini), realizzata nel 1508 e attualmente ubicata nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Sinopoli Superiore, una Madonna delle Grazie di Domenico Vanello a Sinopoli Inferiore e una Madonna della Grazia di Giuseppe Bottone realizzata nel 1568 per la chiesa della Madonna delle Grazie a Sant’Eufemia d’Aspromonte.
Dunque, come in Sicilia, anche in Calabria l’attività è stata evidentemente fiorente e ancora molto c’è da riportare alla luce. La fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna hanno maturato a livello generale un profondo cambiamento delle matrici culturali sviluppando l’idea dell’Umanesimo con il rinato interesse per gli studi classici. Da centri propulsori attivi a livello nazionale come Venezia, Firenze, Milano, Ferrara, Roma, Mantova e Rimini si passa all’attività europea nelle Fiandre del XV secolo grazie al contributo, in ambito artistico, dei fiamminghi con interessanti scambi per l’approfondimento di tecniche nuove (la pittura ad olio, ad esempio). In questa prospettiva allargata compito degli studiosi è dunque non dimenticare il Meridione e il suo entroterra, attore attivo ma a lungo indebitamente oggetto di stigmatizzazione; difficile da raggiungere per la peculiare morfologia geologica dello stesso entroterra calabrese e insulare, ma non per questo trascurabile.
Rivitalizzazione e della scultura tramite la devozione in Calabria
Nostro malgrado in epoca contemporanea la passione per l’arte in generale e non solo di devozione in Calabria è sensibilmente diminuita o rimasta circoscritta agli esperti del settore, ma comunque rimane presso i saggi la convinzione per cui sarà proprio la bellezza a salvare il mondo dalle sue inevitabili brutture che ciclicamente tornano; una bellezza che si traduca in cultura diffusa e consapevolmente acquisita dai più, elasticità e libertà di pensiero contro l’oppressione dei padroni dalle tendenze uniformanti, riscoperta della capacità del mondo antico tramite pure l’apprezzamento dell’estetica artistica di sollecitare nei cuori sensibili nobili sentimenti. A questo proposito, oltre all’impegno collettivo di conservazione del più noto patrimonio artistico dei grandi centri produttivi, nel tempo diviso tra musei, palazzi o rimasto nella sua collocazione originaria (pensiamo alle chiese), sulla scia delle iniziative degli antichi di cui sopra, ci chiediamo: la promozione della ricercata bellezza a cui quasi oramai utopicamente si ambisce e in particolare di oggetti sacri a utilità di devozione in Calabria promossa da istituti pubblici o su richiesta di privati sussiste ancora oggi (al centro e in periferia), o si è affievolita a tal punto da rischiare di scomparire del tutto? Siamo lieti di conferire all’interrogativo dibattuto una risposta positiva e portarne di seguito alcuni esempi.
Va in primis però ricordato che la Calabria nell’aprile del 2022 ha disposto di oltre 32 milioni di euro destinati alla regione dai fondi PNRR per sostenere progetti di valorizzazione del patrimonio paesaggistico e architettonico di proprietà di devozione in Calabria di soggetti privati, pubblici e del terzo settore tra edicole votive, cappelle rurali e Calvari. Tutte queste strutture in origine usate da viandanti o braccianti agricoli per orientarsi nello spazio, ma volte principalmente alla sacralizzazione del luogo in cui venivano ubicate. Ricordiamo dunque: un’edicola dedicata alla Madonna dei poveri a Seminara (RC), una cappella rurale a Spilinga (VV), la cappella rurale di Minasi-Oppido (RC), un Calvario a Terranova (RC). Il santuario della Madonna della Montagna di Polsi (San Luca, Aspromonte, RC) destinazione di nutriti pellegrinaggi ogni anno in occasione della festa.
L’imponente statua stanziata all’interno del santuario, oggi sempre più venerata, realizzata in pietra siracusana proveniente dunque dalla Sicilia, fu secondo la tradizione recata sul posto nel 1560, ma la prima incoronazione ufficiale della Vergine risale all’Ottocento; il Calvario di Triparni (VV). E per iniziativa di privati sempre nei pressi del massiccio montuoso aspromontano ricordiamo la costruzione di una cappella per la venerazione di San Domenico in Aspromonte a devozione di Cardone Domenico. L’effige fu realizzata dallo scultore eufemiese Graziadei Tripodi nel 1989. Poi, il Cristo Redentore di Montalto (RC) all’interno del Parco Nazionale d’Aspromonte. Si tratta nell’ultimo caso di una maestosa opera in bronzo dello scultore F. Ierace realizzata a Roma e trasportata in pezzi a dorso di mulo da Delianuova a Montalto e qui posizionata il 23 settembre del 1901. Ricordiamo ancora tra gli esempi di strutture di devozione in Calabria la chiesa di Santa Maria della Pietà e i resti di Palazzo Stranges (KR), pure citato in Gente d’Aspromonte di Corrado Alvaro.
Il percorso che abbiamo tracciato attraverso i secoli dal Rinascimento all’età contemporanea ha dunque come denominatore comune lo strumento artistico, declinato nelle sue più variegate sfaccettature, per la capacità di conservare nel tempo il bello del passato ormai trascorso. Nostro obiettivo è quindi salvare ciò che di prezioso gli antenati ci hanno consegnato con la promessa, in cambio, di far meglio delle generazioni che ci hanno preceduto e non cedere alla tentazione dell’emigrazione obbligata in cerca di condizioni lavorative e di vita più allettanti ma impegnandoci a sfruttare l’oro di cui siamo spesso inconsapevolmente circondati e che in realtà va solo disseppellito e adeguatamente usato.
Fonte immagine in evidenza: archivio personale