La scuola cinica, di cui Diogene di Sinope fu il principale esponente, fu fondata da Antistene di Atene, circa nel V- IV secolo a.C., il quale fu discepolo di Gorgia e poi di Socrate. La scuola si chiamò così forse perché aveva sede nel ginnasio in cui egli insegnava, a Cinosarge, che in greco si traduce ‘’cane agile’’, da qui la credenza che i cinici conducessero una vita da cani, in quanto portavano avanti la necessità di condurre un’esistenza molto austera e ascetica.
Secondo Antistene lo scopo della vita filosofica è la ricerca della felicità. Questa è perseguibile attraverso l’austerità e la virtù. Per i cinici il vizio è male, la virtù è bene; al di fuori di questa dicotomia tutto il resto è indifferente. Tramite la virtù si raggiunge la felicità, la virtù consiste nella forza di carattere che ci guida a evitare tutte le cose inutili ossia: le ricchezze, gli onori, le preoccupazioni e il pensiero della morte.
Secondo alcuni studiosi del Gesù storico e non Divino, il contatto con gli ideali ellenistici, che si diffusero largamente nel I secolo d.C. in Galilea, spiegherebbero la figura di Gesù come un saggio cinico e quindi i punti di contatto tra il primo cristianesimo e il cinismo: la povertà, l’austerità e le pratiche ascetiche.
Liberandosi dai desideri, riducendo al minimo i bisogni e astraendo dalle convenzioni sociali si diventa virtuosi. In questa anarchia sociale l’unica a dettare legge è la natura, secondo la quale tutti gli uomini nascono eguali e dunque fratelli.
Diogene è il filosofo cinico per eccellenza, è spesso rappresentato in una botte (come si vede nella foto), infatti, secondo la leggenda, è proprio lì ch’egli viveva, come un cane, arrivando a rifiutare persino la ciotola per nutrirsi, sostenendo che era possibile farlo attraverso l’incavo delle mani. Fu allievo di Antistene, portando a livelli estremi la sua filosofia, conducendo una vita al limite: con i suoi comportamenti scandalosi voleva dimostrare l’inutilità delle convenzioni sociali.
Secondo Diogene, il segreto per la felicità risiedeva nel vivere secondo natura, quest’ultima difatti non è l’artefice dei dettami sociali, che sono frutto della cultura, stabiliti convenzionalmente. Le convenzioni ostacolano la felicità perché mascherano i bisogni e ne impediscono la soddisfazione, la natura, invece, non prescrive un tempo e un luogo per mangiare, per dormire, per compiere atti sessuali.
Un altro evento leggendario della vita del filosofo è il suo incontro con Alessandro Magno. Si narra che quando quest’ultimo giunse a Corinto, incontrò Diogene, fuori dalla sua botte, intento a prendere il sole e chiese lui se avesse bisogno di qualcosa. A questa domanda egli rispose: “Che tu smetta di farmi ombra”. Al ritorno da questa vicenda, molte fonti citano che Alessandro disse “Se non fossi Alessandro vorrei essere Diogene”.
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